Il Codice Rosso alla prova dei tribunali, tra rischi e tutele

judge-1587300_1920Sono passati più di tre mesi dall’entrata in vigore del Codice Rosso, la legge contro la violenza di genere che dal 9 agosto ha innescato un boom di denunce in tutta Italia, con procure in tilt e centri antiviolenza sovraccarichi. Al momento, il numero di segnalazioni resta alto, le procure si sono attrezzate con direttive e linee guida, le forze dell’ordine e i magistrati cercano di reagire in maniera tempestiva nei casi di maltrattamenti in famiglia e violenza, con provvedimenti in tempi brevi. Ma il problema resta “il dopo” e riguarda la tutela delle donne, anche nei tribunali.

Senza una formazione seria di magistrati e forze dell’ordine la parola delle donne viene ridimensionata anche in fase processuale, con pene più basse e attenuanti generiche. Tutto rientra in un contesto di violenza familiare, mitigata da gelosia o problemi psichiatrici”, ci spiega Paola Di Nicola, giudice presso il Tribunale Penale di Roma. “Nonostante il Codice rosso, continuiamo a utilizzare l’errato alibi per cui le donne denunciano per avere utilità in sede di separazione e divorzio per l’affidamento dei figli: non ci sono dati oggettivi, non esistono sentenze di condanna per calunnia. Per questo serve una formazione che tolga stereotipi e pregiudizi” aggiunge. “

Fare un bilancio sulla nuova legge è prematuro. La situazione però per le madri che denunciano nei tribunali peggiora sempre di più”, ribadisce Lella Palladino, presidente DI.Re – Donne in rete contro la violenza. “Nei centri antiviolenza e nelle case rifugio la situazione rispetto all’estate è migliorata, restano le criticità di sempre con i pochi posti letto e le emergenze continue. Nelle festività natalizie come sempre avremo il picco di richieste di accoglienza”, sottolinea Palladino.

In ogni caso il Codice Rosso è un primo passo: con l’aumento delle pene, nuove fattispecie di reato e la trattazione prioritaria dei casi di maltrattamenti in famiglia e violenza, rappresenta un segnale importante sul fatto che la violenza contro le donne è una priorità, spiegano pm e forze dell’ordine. “Dopo il picco di settembre con 50 segnalazioni al giorno, ora siamo intorno a quota 30-40 denunce, ma riusciamo a gestirle”, racconta Letizia Mannella, procuratrice aggiunta al Tribunale di Milano e coordinatrice del dipartimento vittime vulnerabili.

Dal 9 agosto al 14 novembre sono stati aperti 1610 fascicoli per violenza sessuale generica, di cui 138 per violenza sessuale e 254 per stalking. “Quello che abbiamo registrato negli ultimi mesi è un aumento sensibile delle violenze sessuali di strada, tra cui aggressioni e stupri – continua Mannella – Anche grazie alla nuova legge, le vittime sono più motivate a denunciare, sanno che la denuncia non resta in un cassetto e sono tante le segnalazioni da vicini di casa o estranei. Vi è però ancora un forte sommerso”. E la situazione è simile anche al Centro e Sud Italia.

“Dopo una prima fase problematica per sovraffollamento di attività, gli uffici si sono organizzati e tutto procede in maniera spedita. Il Codice Rosso ha inserito altri reati per i quali occorre intervenire con tempestività”, ci spiega Antonio Caricato, dirigente divisione anticrimine della Questura di Foggia. “Importanti le direttive della procura che ha dedicato dei pm ad hoc ed emanato linee guida, dall’acquisizione all’espletamento della denuncia. Sicuramente le segnalazioni sono aumentate – prosegue Caricato – e sono aumentati i provvedimenti adottati, tra cui divieto di avvicinamento, arresti domiciliari e detenzione in carcere”. La settimana scorsa la procura di Foggia ha firmato con Procura della Repubblica, forze di polizia, arcivescovado, università, Asl il protocollo Vìola per segnalare alle autorità i casi sospetti di violenze e abusi . Provvedimento che si aggiunge al protocollo Eva, in vigore dal 2017, per il primo intervento degli operatori di polizia nei casi di violenza di genere. Perché l’importante è fare rete, nelle città e nei centri più piccoli.

A Gallarate, paese di 53mila abitanti in provincia di Varese, da 2 anni nel comando della polizia locale esiste uno sportello antiviolenza, gestito da Eva Onlus. “Negli ultimi mesi le denunce sono aumentate: da inizio anno abbiamo avuto quasi 60 accessi, di cui 25 bambini vittime di violenza assistita. Ci sono stati 4 arresti e 6 inserimenti in case rifugio”, sottolinea Francesca Caruso, vice sindaco con delega alla sicurezza. “Con il Codice rosso le donne si sentono più sicure”, commenta la vicesindaco, che ricorda “l’importanza della formazione anche nelle scuole: tanti ragazzi si avvicinano e ci raccontano episodi di violenza e maltrattamenti”.

La formazione è decisiva dunque a tutti i livelli. “Le faccio un esempio – conclude la giudice Paola di Nicola – se una donna entra in un commissariato e dice di essere stata picchiata dal marito all’interno di una lite perché è uscita con le amiche, la traduzione della denuncia, se il personale non è adeguatamene formato, è la seguente: Tizia dichiara di aver litigato col marito perché e geloso. La vicenda assume così un rilievo familiare e non si ritiene di particolare rilievo e urgenza”. “Una denuncia di violenza deve essere tratta come una qualsiasi denuncia, non come un litigio familiare”.

Degli strumenti di tutela per le donne vittime di violenza, di fondi, norme e  azioni concrete nella lotta a un fenomeno radicato nella società si parlerà al convegno nella sede milanese del Sole 24 Ore, organizzato da Alley Oop-Il Sole 24 Ore dal titolo  #NONSEISOLA – #SEMPRE25NOVEMBRE

L’evento è gratuito, con registrazione obbligatoria. Clicca sulla foto per riservare il tuo posto in sala.

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