Giorgia Sottana: “Sono nata con il pallone in mano, ma ho imparato che non sono invincibile”

card-evento_sottana

«Sono nata con il pallone in mano. Almeno così mi hanno sempre raccontato i miei genitori. Nessuno mi ha obbligato, ma è quello che ho sempre fatto. Ho iniziato appena ho cominciato a camminare: giravo per casa con il pallone». Giorgia Sottana, capitana della Nazionale femminile di basket e guardia nel Flammes Carolo a Charleville-Mézières, ha una predisposizione naturale per il basket e si vede da come tiene il pallone in mano anche fuori dal campo. Ma sa perfettamente di «non essere quel pallone», di essere molto di più. La sua non è solo la storia di una carriera sportiva, ma anche quella di una crescita personale e di consapevolezza di se stessi e degli altri.

Sul fronte sportivo parlano i titoli: 5 scudetti, 3 Supercoppa italiana, 6 Coppa Italia, a cui si aggiunge lo scudetto vinto in Turchia la scorsa stagione con il Fenerbahçe Spor Kulübü. «Ho iniziato perché mio fratello e mio papà sono nel giro del basket. La mamma ci sballottava in tutte le palestre del mondo. Ero più in palestra che a casa mia» ricorda Giorgia, che prosegue: «Ho fatto gli anni delle giovanili a Treviso perché era l’unica squadra femminile della zona. Dalla C alla B alla serie A2 in pochi anni. Poi sono approdata a Venezia nella serie A1 appena compiuti i 16 anni, mentre studiavo da geometra. Erano giornate pesanti: mi svegliavo al mattino presto e mi portavano a scuola i miei genitori per farmi risparmiare l’autobus. Dalle 8 alle 14 sui banchi e poi andavo a Venezia ad allenarmi accompagnata da mia mamma che si è macinata una marea di chilometri. Quando finivo gli allenamenti a Venezia, andavo ad allenarmi a Treviso con la mia squadra giovanile perché c’era la possibilità del doppio tesseramento». Un’adolescenza segnata dall’impegno, dalla dedizione, dalla costanza e dalla concentrazione sugli obiettivi, comune a tante campionesse. E ancora una volta sono i genitori la chiave del futuro: «Mi hanno sempre lasciato libera di scegliere anche perché ero brava a organizzarmi con la scuola».

Accanto all’allenamento fisico e tecnico, c’è stato, prima inconsapevole e poi sempre più consapevolmente, l’allenamento mentale: «A Treviso ho imparato il rispetto verso quello che si faceva e verso i nostri impegni: non saltavamo mai un allenamento e i genitori ci sostenevano. Oggi, purtroppo, invece capita che i genitori tendano a far passare lo sport in secondo piano quando i figli hanno impegni scolastici, invece potrebbero imparare a fare entrambe le cose». Dall’adolescenza fatta di compagne e di scuola, a Venezia dove l’ambiente era più “adulto”. «Venezia è stato il mio lancio in serie A ma ho anche dovuto superare due infortuni gravi. La squadra e la dirigenza, però, hanno sempre creduto in me e questa è una cosa che ti porti dentro. Lì ho imparato ad andare oltre le difficoltà». Difficoltà non da poco: il primo infortunio nel 2016, «quando ho imparato che non sono invincibile e che i sogni non dipendono solo da me. Mi è svoltata la vita perché ho capito che non esiste solo il basket, ma ho imparato che esistono molte cose importanti anche dentro il basket». Il secondo nel 2009 a 20 anni, quando sapeva già a cosa sarebbe andata incontro e ha semplicemente detto «operiamoci e ricominciamo». Ad aiutarla il fatto di essere stata «testata alle difficoltà fin da piccola e ho sviluppato una capacità di affrontarle. Noi sportivi siamo sottoposti a diverse avversità, devi rimetterti a nuovo e presentarti in palestra con la stessa faccia di sempre. Se non sai farlo, impari».


L’intera intervista a Giorgia Sottana, capitana della Nazionale femminile di basket, è contenuta nell’ebook Donne di Sport, scaricabile gratuitamente cliccando sulla copertina qui di seguito.

Sport_19_def