*** post scritto con Simona Rossitto
Il Codice rosso sulla violenza contro le donne, come approvato alla Camera, passa l’esame di magistrati e avvocati che ne riconoscono all’unisono soprattutto l’alto valore simbolico. Tuttavia resta qualche distinguo, soprattutto riguardo all’obbligo dei pm di sentire la vittima entro tre giorni, e qualche rimpianto per non aver scelto la strada di una legge onnicomprensiva su una piaga che miete un femminicidio ogni 72 ore. Alley Oop-Il Sole 24 Ore ha intervistato due magistrati e due avvocate, da sempre impegnati nella lotta alla violenza contro le donne, i giudici Fabio Roia e Paola Di Nicola, e le avvocate Alessia Sorgato e Elena Biaggioni. Il loro giudizio sul provvedimento è in sostanza positivo, ma ora l’attenzione si sposta su quanto avverrà al Senato. “Non vorrei – avverte Roia, presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano, tra i maggiori esperti in tema di violenza contro le donne – che ci fosse un ripensamento su questo impianto che è un buon impianto, auspicabilmente si può intervenire migliorandolo”.
Il valore simbolico
“C’è ancora qualche lacuna da colmare, ma il giudizio complessivo sul Codice Rosso è buono, è un intervento sufficientemente organico. Sono stati fatti interventi importanti, anche se potevano esserne aggiunti anche altri”, chiosa Roia che, in una scala da 1 a 10, assegna un voto pari a 8 al provvedimento in questione. Loda, tra l’altro, “l’importante valore simbolico” dell’introduzione dell’obbligo per gli uffici di procura, di trattare in via prioritaria le denunce in materia di violenza, e l’inserimento “fondamentale” di un raccordo tra processo civile e penale quando è in ballo un caso di violenza domestica in concomitanza con un giudizio di separazione civile.
Complessivamente positivo anche il giudizio di Paola Di Nicola, giudice penale e autrice de “La mia parola contro la tua”: “Sono strumenti ulteriori di cui abbiamo bisogno, io avrei preferito un codice onnicomprensivo su violenza contro le donne esteso a tutti gli ambiti. Detto questo, sono norme che ci possono aiutare, sia dal punto di vista simbolico sia concreto. In particolare l’innalzamento delle pene consentirà di avere periodi più lunghi di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari durante l’attività di indagine, ciò a tutela delle persone offese”.
In generale, afferma Elena Biaggioni, avvocata penalista e coordinatrice del gruppo tecnico avvocate di D.i.Re-Donne in rete contro la violenza, “prendiamo atto che il Codice Rosso è una novità positiva. Ad esempio le norme sul Revenge porn e sul matrimonio forzato colmano due buchi legislativi. Bene anche l’obbligo di comunicazione da giudice penale e civile”, un coordinamento che nel nostro ordinamento mancava. Per l’avvocata penalista Alessia Sorgato, che da 20 anni si occupa delle vittime di violenza, nel provvedimento non ci sono particolari aspetti negativi anche se, avverte, “molto resta da fare”.
Le occasioni perse
Tra le occasioni mancate di questo provvedimento, Roia enumera, in ragione della clausola di invariabilità finanziaria, la carenza di un trattamento effettivo per gli uomini maltrattanti. “Con un trattamento serio degli autori di violenza – spiega – si abbatterebbero i casi di recidiva” ma per fare questo ci vogliono “risorse ad hoc”. Un’altra lacuna non colmata è la previsione dell’arresto in flagranza differita, contenuta in un altro disegno di legge in materia, alla stregua dei reati commessi nelle manifestazioni sportive. Con questo istituto si potrebbe evitare che la donna, dopo la denuncia, per non incappare nella vendetta dell’uomo maltrattante, sia costretta ad andare in una casa rifugio.
Critiche sull’obbligo del pm di sentire la vittima entro 3 giorni
Giudici e avvocati sono concordi nell’esprimere dubbi e perplessità sull’obbligo del pm di sentire la vittima entro tre giorni. “ Non sempre – afferma Roia – è necessario risentirla dopo tre giorni, questo potrebbe perpetrare una forma di ulteriore violenza nei suoi confronti. A tal proposito va anche considerata la ‘direttiva vittime’ del 2012 che dice di evitare di sentire più volte i soggetti connotati da particolare vulnerabilità”. Roia invita allora ad applicare, quando è il caso, la clausola prevista dallo stesso Codice Rosso: il termine di tre giorni entro i quali sentire la donna può essere infatti prorogato, ‘in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa’. “Credo – afferma – che questa clausola d’uscita debba essere sempre applicata quando l’audizione della donna non sia necessaria per l’approfondimento dei fatti, ma sia invece controproducente per la tutela della sua salute emozionale”.
Anche Di Nicola è critica sul tema dei tre giorni, pur sottolineandone altri aspetti: “per i mezzi che abbiamo e il personale ridotto non sarà possibile in concreto poterlo fare. Sul tavolo di ogni pm quotidianamente arrivano decine di queste denunce: una corretta e seria gestione dell’ascolto delle vittime richiede competenza, professionalità e conoscenza del fenomeno. Noi faremo il possibile per attuare questa norma ma temo che se non ci verranno date delle risorse rimarrà inattuata”. Dal fronte degli avvocati le posizioni non sono molto diverse da quelle dei magistrati. Per Biaggioni “è un aspetto che abbiamo criticato, lo riteniamo inutile e pericoloso. Frutto di una visione sbagliata dell’ iter di uscita dalla violenza. Non serve creare automatismi, le donne hanno bisogno di essere ascoltate bene nei tempi necessari . I tre giorni possono servire solo nei casi super emergenziali, ma è violenza anche tutto il resto”. Molte volte, cioè, la donna ha bisogno dei suoi tempi per trovare il coraggio di andare avanti, di non ritrattare. “Inoltre – prosegue l’avvocata – nelle piccole procure , dove il personale è’ più ridotto, imporre i tre giorni vuol dire in tanti casi perdere la specializzazione del pm”. Meno negativa l’avvocata Sorgato che sottolinea: “Questa – come altre nel Codice Rosso – è una mera norma programmatica, ossia non è assistita da alcuna sanzione di nullità, decadenza o inutilizzabilità se viene violata. Credo – dice Sorgato – che il miglior uso che se ne possa fare sia, come sempre, richiamare il buon senso e quindi, per esempio, non duplicare l’ascolto di una persona che già in querela o denuncia abbia potuto fornire quanti più dettagli della vicenda ricorda”.
Bene la formazione per le forze dell’ordine, ma capire come e chi la farà
La previsione della formazione specifica per le forze dell’ordine è un aspetto del Codice Rosso lodato da tutti. Tuttavia, nota Di Nicola, “ci sarà il problema di capire chi e come farà la formazione. La questione non è solo giuridica ma culturale: nelle aule di giustizia alle donne non sempre si crede, la loro parola viene sminuita e ridimensionata, le denunce sono prese in considerazione ridotta”. Il tema di come avvenga nei fatti la formazione preoccupa anche l’avvocata Sorgato:”La formazione per le Forze dell’Ordine, per essere efficace, dovrà presentarsi multidisciplinare perché il tema della violenza domestica non è solo investigativo o processuale, ma più profondamente culturale. Servirebbero 3 step: una lezione sugli aspetti penalistici del tema e processualpenalistici; una lezione di psicologia sulle caratteristiche del ciclo della violenza e sulla diversa fenomenologia criminologica dello stalker; una lezione di mediazione culturale. Per fare un esempio, un’araba non racconterà mai a un uomo le violenze patite, soprattutto sessuali. Bisognerà prevedere che a sentirla sia una donna. Ci vorrebbe anche una formazione di lingue straniere, basterebbe insegnare dieci frasi in spagnolo, arabo, francese e inglese e già la persona sentita si sentirebbe a proprio agio”.
Nuovi reati pure in tema di violenza assistita. Su revenge porn aspetti da migliorare
Tra le altre carenze del nostro ordinamento colmate codice Rosso, Roia enumera tra gli altri aspetti l’introduzione del reato di porno vendetta, “un fenomeno in grande espansione con esiti drammatici” e del reato di ‘Deformazione dell’aspetto della persona tramite lesioni permanenti al viso’. In materia di tutela dei minori, è importante il fatto di aver riportato a reato autonomo la violenza assistita: “In pratica ciò significa che l’uomo che picchia la moglie davanti al figlio compie due reati, uno diretto e uno indiretto nei confronti dei figli esposti alla violenza”. Che, non va dimenticato, subiscono un grave danno psicologico tanto che da grandi sono esposti al rischio di diventare loro stessi vittime o autori di violenza. Riguardo all’introduzione del reato di revenge porn, Sorgato sottolinea invece un aspetto da migliorare: “per come è scritto ora non considera l’ipotesi in cui venga falsamente attribuito a una persona il contenuto erotico realizzato informaticamente e punisce chi divulga le foto, o il video, al fine di produrre un nocumento alla persona ritratta. Il che comporta che possa essere assolto chiunque dimostri di averle inoltrate, per esempio, per curiosità o divertimento senza alcuno scopo diffamatorio”.