Le aziende? Di fronte alle differenze salariali uomo-donna si girano dall’altra parte

f1bd560b-a84a-4b1d-8ee5-fef6c300a381

Per l’8 di marzo, quante relazioni abbiamo letto sulla differenza di stipendio tra uomo e donna? Le cifre si rincorrono, ognuno ha le sue: c’è chi dice che il gradino medio è del 7%, chi invece si spinge su cifre più allarmistiche, sopra quota 20%. Ma non c’è stato studio, in questi giorni, che non abbia sancito nero su bianco una sproporzione sempre a carico delle donne. Anche Mercer, come ogni anno, ha fatto i suoi calcoli. E fra poco vi dirò anche quale è secondo loro la cifra giusta. Ma parlando con Mariagrazia Galliani, che di Mercer è la responsabile per le analisi legate alle retribuzioni, un fatto mi ha colpito, soprattutto. Che le aziende, di fronte alla differenza di retribuzione tra i loro uomini e le loro donne, continuano a girare la testa dall’altra parte e a fare orecchie da mercante.

Mariagrazia Galliani è da qualche anno, ormai, che si occupa del tema: «Quando i manager vengono da me e mi chiedono di fare l’analisi delle retribuzioni all’interno della loro azienda, sempre più spesso mi chiedono di inserire tra i criteri di valutazione anche il divario uomo-donna. E questo lo considero un buon segnale. Poi però, una volta appresa l’esistenza del gap, non agiscono». Il tema insomma interessa dal punto di vista scientifico, ma non è una priorità per le imprese. Come mai? «Più che il perché, mi chiedo come si possa fare per risolvere questo problema – dice Galliani – e la risposta credo che sia aumentare il numero delle donne ai vertici delle aziende: chi meglio delle donne potrà mettere questo tema in agenda?».

Già, le donne ai vertici. Ce ne sono poche, si sa. E quanto guadagnano, secondo Mercer? «In media – dice Galliani – le direttrici prendono 158mila euro lorde all’anno, mentre i loro colleghi maschi il 14% in più». Il divario salariale scende man mano che scendono le qualifiche: i dirigenti maschi prendono solo l’11% in più delle colleghe, gli impiegati solo il 6% in più delle impiegate. «I bonus, invece, sono parecchio più paritari – ricorda Galliani – persino tra i dirigenti: una donna direttrice ha una parte variabile pari al 25% della sua busta paga, un uomo ce l’ha del 28%».