Ogni anno quasi 35mila bambini nascono prematuri

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“…Allora, mi raccontò, doveva fare uno sforzo su se stessa per non arrabbiarsi con quelle mamme che, come è forse normale che sia, pretendevano un bambino perfetto e, proprio come me quando era nato neanche immaginavo il mondo incompiuto, doloroso e duro che scorreva silenzioso a pochi passi da loro. Mamme baciate dalla fortuna, appagate ma forse non abbastanza consapevoli del miracolo che veniva concesso…”.

Questa è la storia di Giuliana, e di tutte le madri che vivono l’esperienza di un parto prematuro. Esperienza che per alcune, come nel caso di Giuliana, significa partorire un figlio di 26 settimane e due giorni.  Questa è una storia – quella raccontata da Giuliana in Il nido di vetro –  che deve essere letta e conosciuta per comprendere in profondità il dono straordinario della genitorialità. Per capire cos’è il coraggio, quella forza irrazionale che spinge un genitore a superare ogni dolore per sostenere la tenacia con cui la vita si aggrappa alla vita. Questa è una storia sull’accettazione: perché spesso non vi è alcuna spiegazione o ragione che possa chiarire perché a volte il destino resiste e, a volte, invece si spegne. Cosa determina la sopravvivenza quando la vita comincia nel medesimo modo, nelle medesime condizioni? L’allarme di una incubatrice che si spegne perché il respiro riparte o, al contrario, il medesimo allarme che si spegne perché quel respiro non è più respiro.

Giuliana è una giovane donna, è innamorata del marito Luca, ha un figlio, Tommaso. E’ serena, avrebbe voluto lavorare all’università ma “non ero mai riuscita a districarmi tra baroni e giochi di potere per me incomprensibili e così, alla fine, aiutata anche da Luca …mi ero risolta a lasciare per cercare la mia strada altrove…”. Alcune consulenza e poi il suo blog che cresce in poco tempo e la gratifica.  Ha genitori amorevoli, un fratello, zii, una famiglia insomma e poi gli amici. Desidera un secondo figlio e presto resta incinta. “Un uomo e una donna – scrive – come me e Luca, quella che si definisce ‘una bella coppia’, si incontrano, si sposano, fanno dei figli bellissimi e sani. Quando li avevamo desiderati, li avevamo concepiti, immediatamente. Ma questo non mi faceva sentire in alcun modo una privilegiata, perché tutto allora mi sembrava semplice: ero ancora giovane, ero spensierata, certa che la vita non potesse tradirmi”.

Poi di colpo tutto scivola “verso direzioni inimmaginabili”. Una macchiolina è l’inizio dell’irreversibile. Una visita e il viso terreo. Giuliana passa dalla condizione di donna felice a quella di una donna a cui prospettano la concreta possibilità di perdere il bambino.

Da un lato, fu quello il giorno in cui mi resi conto fino in fondo del significato della parola ‘famiglia’ , di cosa vuol dire avere delle persone che in una qualunque giornata di luglio convergono a Milano per fronteggiare un imprevisto terribile, di quelli che si crede capitino sempre agli altri. D’altro, però, la solitudine di quella notte passata sul lettino in attesa di vedere il mio bambino morto mi mangia ancora l’anima. Era vera solitudine perché, di fronte a quel parto, ero completamente, assolutamente sola. Sola in mezzo a tante mamme che partorivano, davano alla luce bambini vivi. Era mia e soltanto mia quella pancia che ora mi pesava come una sacca infetta, malata, inutile, e che presto sarebbe stata vuota…”.

Matteo invece resiste e, con lui, Giuliana. Passano i giorni e progressivamente la possibilità di un aborto diventa quella di un parto prematuro e della terapia intensiva.  Giuliana entra in ospedale in luglio, ne uscirà con il suo bambino alla vigilia di Natale. In mezzo un parto traumatico, l’angoscia della terapia intensiva, il dolore di un intervento chirurgico, l’apprensione della terapia pre-intensiva, il sollievo e lo spaesamento del “reparto immaturi”. In mezzo la dedizione dei medici, la solidarietà, la capacità di una coppia di mantenersi salda, il dolore certo ed anche la delusione,  ma soprattutto la scoperta – e il racconto – di quei legami che in profondità uniscono gli individui.
Oggi Matteo è un bambino di quattro anni, felice.

Secondo la società italiana di neonatologia nel mondo 1 bambino su 10 nasce prematuro, cioè prima della 37ª settimana di gestazione, quasi 100 al giorno. In Italia sono circa 35.000 all’anno. Il 17 novembre ricorre la Giornata Mondiale della Prematurità.


Il nido di vetro di Giuliana Arena – edizioni San Paolo, 15 euro, pp. 171