Ragazze, studiate ingegneria. E (forse) farete carriera

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Molte in azienda. Poche in carriera. Certo, resistono il tetto di cristallo e l’istinto maschile di “fare branco”. Ma c’è un requisito che paga (e troppo spesso manca) nei curricula delle ragazze: ovvero, la laurea Stem. “Ragazze, studiate matematica, informatica, fisica o ingegneria” sembra sottolineare l’ultimo studio di The Boston Consulting Group e Valore D “Women at the Top” realizzato sulla base di 2.500 interviste, tra cui i principali direttori e responsabili delle risorse umane di aziende italiane e di multinazionali con sedi in Italia.

Se in Italia solo il 22% dei manager è donna, a fronte di una media europea del 29%, il gap parte spesso da lontano, dai banchi di scuola, dove l’orientamento gioca ancora un ruolo centrale. Le ragazze, infatti, continuano a essere più orientate a percorsi più umanistici, dove l’occupazione – ad un anno dalla laurea – si ferma al 40%. La percentuale di donne che trova occupazione al termine degli studi di ingegneria balza invece al 79%, sempre in un arco di 12 mesi dalla laurea. Una volta entrate in azienda, le donne si focalizzano maggiormente in aree di staff, rivestendo più raramente incarichi tecnici, che offrono tuttavia maggiori opportunità di sviluppo. Perchè poi, a rallentare la corsa verso la crescita manageriale dei profili femminili ci si mette la “cultura aziendale”. Ne è convinto il 48% del campione interpellato. Le altre ragioni sono da ricercare nella “scarsa chiarezza dei percorsi di carriera” (26%), e quindi negli “impegni familiari” (23 per cento).

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La ricerca di Boston Consulting evidenzia, inoltre, come il 30% delle donne con un ruolo executive abbia avuto entro i 30 anni il primo figlio, rispetto al 16% delle altre dirigenti e al 22% della media delle altre donne. Una considerazione che mette in discussione l’opinione, molto diffusa, secondo cui oggi, in Italia, famiglia e carriera in funzione apicale per il genere femminile siano difficilmente compatibili. Per Laura Alice Villani, partner e managing director di Boston Consulting Group “Nel proprio percorso verso la managerialità, le donne italiane soffrono visibilmente un tema di formazione non corrispondente alle richieste del mercato e un posizionamento all’interno di funzioni aziendali che non facilitano l’accesso ai vertici. Se guardiamo ai differenti settori, il gender gap è particolarmente forte in quelli più tecnici e industriali. Due sono le ragioni che emergono dalla nostra analisi: un tema di cultura, che ha sempre attribuito agli uomini certi ruoli, e uno di formazione. Solo una donna su cinque oggi sceglie di studiare Ingegneria, mentre gli uomini sono più del doppio”.

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E’ anche nell’interesse delle aziende valorizzare al meglio tutte le donne che lavorano nella propria struttura. Come spiega Sandra Mori, presidente di Valore D, “Questa ricerca fotografa con chiarezza che più dei due terzi delle donne ritiene che i principali ostacoli alla carriera siano culturali. programmi di work-life balance che riducono il gender gap sono certamente un aspetto importante. Ma bisogna anche incoraggiare la formazione tecnica delle donne in azienda, cercando di rimuovere i pregiudizi (anche inconsapevoli)”.

  • Alessandro |

    Una branca della fisica è incentrata sullo studio dei sistemi complessi. Non riesco a capire come si possano risolvere problemi, caratterizzati da grandi quantità di dati, attraverso un approccio umanistico. Forse non capisco cosa intende per “gestire la complessità”.

  • vito gioia |

    se è vero che le donne preferiscono studi umanistici è anche vero che alla lunga vinceranno loro, perchè servirà sempre piú un approccio umanistico per gestire la complessità

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