Jennifer Aniston ha scritto un pezzo sull’Huffington Post per smentire le voci di una sua gravidanza, e con l’occasione si è lanciata in una riflessione appassionata sulla libertà di non essere madre e su una società che, invece, sembra considerarla una mancanza. Il tema morde ancora oggi, nel terzo millennio. Negli Stati Uniti il 47% delle donne tra i 15 e i 44 anni non hanno figli, eppure scegliere di non “fare la mamma” sembra essere ancora un tabù: qualcosa da giustificare.
Il progetto, che ho creato, si chiama “maam – la maternità è un master”, e qualche volta – meno spesso di quanto mi sarei aspettata – mi viene chiesto se il nome del progetto significa che “le mamme sono migliori delle non mamme”. La risposta è ovviamente no. Proprio le neuroscienze e la biologia che sono alla base della teoria di maam confermano, infatti, che la maternità è in tutte le donne. Il nostro cervello viene in parte modificato dalle attività della nostra vita, ma le sue strutture essenziali sono state scolpite dalla storia di milioni di donne vissute prima di noi.
E le donne, tutte, hanno l’istinto della cura. Da sempre, infatti, reagiscono allo stress non, come avviene per gli uomini, con “l’attacco o la fuga”, ma con “la cura e le alleanze”. Un istinto primordiale: piuttosto ovvio se immaginiamo che ci viene da quell’età della pietra in cui saremmo state troppo deboli per attaccare, e scappare avrebbe voluto dire lasciare indietro i cuccioli. Meglio prepararsi prima alla difesa, attraverso le alleanze, meglio proteggere la prole con la cura. Incredibile a dirsi, per noi donne che oggi veniamo accusate di “non saper fare squadra”. Guarda caso, questo è vero solo sul lavoro, dove seguiamo regole che non sono le nostre.
La maternità, poi, non solo non è riservata alle madri: non è nemmeno prerogativa delle donne: studi recenti rivelano, infatti, che la cura dei figli può provocare nei padri – quelli veramente presenti, i cosiddetti “caregiver primari” – lo stesso tipo di beneficio cerebrale di cui le donne godono per trasmissione genetica: una migliore attivazione del solco temporale superiore, che li rende più capaci di cogliere i segnali sociali nell’ambiente.
Tutti gli effetti benefici, biologici e comportamentali, che si ottengono se si ha cura dei figli – al punto da poter considerare questa esperienza un vero e proprio master – si possono quindi ottenere con la cura di chiunque: basta l’amore, intenso e quotidiano (e rivolto a chi vogliamo!), ad allenare le nostre competenze e a renderci più forti.