“Quando sono diventato padre ero molto “lanciato” professionalmente. Poi dalla notte in cui, al fianco di mia moglie operata d’urgenza, con mio figlio tra le braccia, ho deciso di prendere un congedo parentale per stare vicino a loro… la mia vita ha preso sostanza, e un ritmo folle e danzereccio. Ho imparato tanto, innanzitutto su me stesso e mia moglie” ci ha scritto un papà.
Per qualche giorno si è temuto che la Legge di Stabilità cancellasse i due giorni di congedo di paternità obbligatorio perché “non usati”. Per fortuna invece sono stati confermati: sempre (solo) due e sempre obbligatori, anche se spesso i padri non sanno di averli, non sanno come prenderli, e se non li prendono non succede niente. Eppure le più recenti ricerche dimostrano che mandare i papà in congedo per almeno qualche settimana sarebbe il rimedio di molti dei nostri mali nazionali. Per almeno cinque ottimi motivi.
- 1: Condividere le attività di cura fa aumentare la tanto sospirata natalità: per esempio, uno studio comparativo tra famiglie ungheresi e svedesi ha concluso che, nonostante il contesto culturale sia completamente diverso, c’è una correlazione valida per entrambi i paesi tra una distribuzione più paritaria dei lavori domestici e la probabilità di avere un secondo e addirittura terzo figlio.
- 2: Col congedo di paternità, stanno meglio sia i padri che i figli: una recente ricerca OCSE rivela che i padri che prendono il congedo di paternità tendono poi a farsi coinvolgere di più nella vita dei figli anche per tutti gli anni successivi. Di questo maggiore coinvolgimento beneficiano i figli, a livello di risultati cognitivi ed emotivi e di salute fisica, e i padri stessi, che manifestano una maggiore soddisfazione rispetto alla loro vita e una migliore salute fisica e mentale.
- 3: La condivisione dei carichi di cura diminuisce il gender gap, sia in termini di occupazione che di retribuzione e di possibilità di carriera delle donne: in Svezia, uno studio ha rivelato che il reddito futuro delle madri aumenta del 7% per ogni mese di congedo preso dai padri.
- 4: Secondo un paper pubblicato dal think tank Volta, la pratica quotidiana e costante della genitorialità sviluppa competenze soft e di leadership che oggi le aziende ricercano moltissimo nei propri collaboratori: perché negare ai padri la possibilità di prendere “un master”?
- 5: Infine, alcuni studi dimostrano che la condivisione di pappe e pannolini aumenta il coinvolgimento dei padri anche in tutte le altre attività domestiche, migliorando il rapporto al punto che le coppie più paritarie sembrano fare persino più sesso.
Ma… sempre il papà di cui sopra ci scrive anche: “Da quel momento, come dicono alcuni colleghi, “la sto ancora pagando”, mi è stato con durezza rinfacciata la mia scelta di assentarmi per un mese (in realtà andavo comunque in ufficio tutti i venerdì e via telefono e mail c’ero sempre ad esclusione dei momenti importanti: pappa, cambio, sonno, gioco; dopo i quali contattavo chi mi aveva cercato), e mi sono state sottratte delle mansioni”.
Come fare, allora, a cogliere tutte queste opportunità senza che gli uomini cadano nelle stesse discriminazioni che vedono subire alle loro compagne? I paesi del Nord Europa, che credono nel congedo di paternità al punto da dire che si tratta di “un esperimento di social engineering da cui sta emergendo una nuova definizione di mascolinità”, hanno misurato che la quota di utilizzo del congedo parentale da parte dei padri aumenta se:
- il congedo è utilizzabile in modo flessibile: part time o per blocchi di tempo;
- ci sono degli incentivi all’utilizzo per i padri: bonus in termini di tempo o di denaro;
- il congedo è almeno in parte individuale e non trasferibile: la cosiddetta “quota papà”, che se non si usa viene persa;
- si prevede un contributo al reddito almeno all’80%: se la perdita di reddito è troppo alta, gli uomini che tradizionalmente sono la fonte primaria del reddito familiare non possono permetterselo.