Un percorso lungo ancora 113 anni: è questo il tempo necessario, ai ritmi attuali, perché le donne e i bambini dei 157 Paesi considerati siano testimoni della piena attuazione dei diritti monitorati dal ChildFund Alliance World Index. Nel 2023, infatti, un bambino e bambina su tre e più di una donna su quattro vivono in Paesi in cui l’implementazione dei diritti umani è limitata o minima.
Il ChildFund Alliance World Index è ‘erede’ del WeWorld Index pubblicato da WeWorld, membro italiano della rete globale ChildFund Alliance che raggruppa 11 organizzazioni umanitarie, raggiungendo 30 milioni di persone in 70 Paesi). L’Indice è il risultato della aggregazione di tre sotto-indici (contesto, bambini/e, donne) ognuno dei quali prevede ulteriori livelli per un totale di 30 indicatori.
Nel rapporto che riporta la situazione al 2023, presentato lo scorso 13 novembre alle Nazioni Unite, c’è una mappa che ‘colora’ con 6 gradazioni i Paesi, andando da un livello di implementazione ‘avanzata’ ad uno in cui è ‘minima’: nei primi tre posti si trovano Svezia, Islanda e Norvegia mentre chiudono Niger, Repubblica Centrafricana e Ciad.
Italia in miglioramento per i diritti dei bambini
In questa ‘classifica’, l’Italia si trova al 34mo posto nella fascia in cui è stata accertata una implementazione ‘forte’ (la seconda). Naturalmente si tratta di un livello Paese complessivo, che non tiene conto di eventuali differenze territoriali. L’Italia si posiziona nella stessa fascia, al 32mo posto, se si guarda il sotto-indice ‘contesto’ che tiene conto dei fattori: ambiente, casa, conflitti e guerre, democrazia e sicurezza e accesso all’informazione. Un miglioramento più marcato si registra, rispetto al 2015, per quanto riguarda il sotto-indice relativo alle condizioni di bambini e bambine con la presenza nella fascia più alta (25mo posto, soprattutto grazie a un progresso significativo della salute mentre sono meno marcati i passi avanti nei settori del capitale umano e del capitale economico.
Per le donne italiane non si riscontrano progressi significativi
Per quanto riguarda la condizione delle donne, non si riscontrano progressi significativi, sempre prendendo come punto di riferimento iniziale il 2015: l’Italia è nella seconda fascia (40mo posto). A favore emergono un buon indicatore per l’ambito della salute e un leggero miglioramento per le opportunità economiche; resta critico anche se in miglioramento il dato relativo all’educazione (che è nella terza fascia, ‘moderata’) mentre peggiora l’indicatore relativo alla partecipazione ai processi decisionali che passa dalla terza fascia ‘moderata’ del 2015 alla quarta ‘base’ nel 2023. Infine resta nella fascia di ‘forte’ implementazione l’indice che misura la violenza contro le donne.
Migliora nel mondo per bambini e bambine il diritto alla salute, non quello all’educazione
Tornando ad uno sguardo globale sui 157 Paesi monitorati, dall’Indice emerge che il contesto in cui vivono donne e bambini/bambine sono meno democratici e sicuri comparati con il passato, anche se ci sono miglioramenti nell’accesso all’informazione e ai servizi ‘Wash’: acqua, salute pubblica, igiene). Progressi significativi sono stati registrati nella salute di bambini e bambine ma il loro diritto all’educazione è in stagnazione dal 2020, a causa degli effetti della pandemia di Covid; per quanto riguarda la situazione femminile, sono in crescita i livelli di educazione e partecipazione ai processi decisionali ma le donne restano, a livello globale, il gruppo sociale più vulnerabile e marginalizzato, con il livello di rischio più alto di violazione dei diritti umani.
Il diritto ad avere un futuro
Il rapporto contiene anche un focus tematico: per il 2024 la ricerca si concentra sul diritto dei più giovani ad avere un futuro (diritto di vivere in un mondo che offra opportunità eque e sostenibili per la loro crescita, benessere e sviluppo), riportando le voci di 10mila bambini, bambine e adolescenti di 41 Paesi sulle loro paure, aspettative e speranze. «Abbiamo voluto dare voce a bambini, bambine e adolescenti, ancora fortemente sottorappresentati nei summit internazionali. Si parla spesso di loro, in Italia e all’estero, ma non li si ascolta abbastanza: questa è una delle maggiori evidenze dell’Index di quest’anno, in tutti i Paesi», ha commentato Dina Taddia, ceo di WeWorld.
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