Festival di Sanremo, sul palco spazio anche per artisti con disabilità se lo meritano

Viene sempre prima la persona e poi la disabilità, nella vita. E sul palco di Sanremo dovrebbe venire prima il talento e poi poi tutto il resto. Questo è l’assunto da cui partire per poter comprendere l’iniziativa a favore di una maggiore inclusione nella gara canora per eccellenza in Italia.

«Mi piacerebbe che sul palco del Festival di Sanremo 2025 venga dato spazio all’inclusione, ovvero agli artisti con disabilità valutati e scelti non perché debbano fare pietà. Ma per le loro qualità artistiche. Questo è un appello che faccio non solo come deputato. Ma anche come vicepresidente della Camera». Il vicepresidente della Camera dei deputati, Sergio Costa, direttamente da Montecitorio indirizza a Carlo Conti una richiesta precisa per il prossimo Sanremo, in occasione della conferenza “Entusiasmabilità, musica e inclusione”, patrocinata dalla Rai e organizzata  in collaborazione con l’associazione “Entusiasmabili”.

Il mondo della politica, della musica e dello spettacolo hanno fatto squadra per un obiettivo comune: abbattere il pietismo nei confronti delle persone con disabilità, facendo dell’inclusione non un tema bandierina ma un bene collettivo. I numeri parlano chiaro: «In Italia, come riportano i dati Istat, ci sono in Italia 13 milioni di persone con problemi di disabilità. Oltre tre milioni in condizioni di gravità. – sottolinea Costa – Come fa un’istituzione, che mi onoro di rappresentare, a considerarla un elemento collaterale?»

Basta pietismo

A porsi lo stesso interrogativo è anche Graziella Saverino, presidente dell’associazione Entusiasmabili dedicata all’inclusione e al supporto delle persone con disabilità: Saverino, oltre a occuparsi dello sportello di ascolto dell’associazione che offre supporto e consulenza alle persone che necessitano di assistenza emotiva o psicologica, è anche un’artista. Insieme ad Anastasi è autrice della canzone “Se combatto vinco io” ispirata, come racconta, «alla sua vita da moglie e madre con disabilità motoria, una poesia musicale che racconta come sia possibile coniugare le difficoltà con i successi, affrontando sfide ben più dure di quelle che normalmente affrontano le persone senza disabilità». La canzone, lo scorso anno, è stata scartata dalla direzione artistica del Festival.

Un’occasione mancata per ampliare le rappresentazioni e dare spazio al talento. Come spiega Saverino ad Alley Oop: «Il talento dev’essere padrone. In tutto e per tutto. Ma occorre aprire le porte con maggiore fiducia rispetto alla disabilità.  Quest’anno ci siamo proposti a Sanremo come ospiti per il sociale: vorremmo fare un discorso sull’inclusione nel mondo della musica, sulle barriere architettoniche e mentali. E soprattutto suonare con l’orchestra: serve farsi vedere per quello che siamo, per i nostri talenti. Non serve spiegare tutto. Serve esistere anche a livello mediatico. E un palco importante come quello del Festival di Sanremo è fondamentale per abbattere la retorica del pietismo. Il punto non è raccontare la storia che fa piangere. Ma quella che fa sorridere e riflettere attraverso la musica, un mezzo potentissimo per abbattere gli stereotipi. Quale palco migliore di quello di Sanremo per avviare un cambiamento di mentalità?».

A sottolinearlo è anche Fabio De Luca, formatore, coach e tesoriere di “Entusiasmabili”: «Il mio lavoro da coach e formatore agisce proprio sulla mentalità. Ma, per cambiarla, bisogna cambiare anche quello che definiamo mainstream: percepiamo fortemente quello che gli altri fanno e vedono su di noi. La luce che gli altri ci danno ci aiuta a manifestare i nostri talenti». In questo senso il Festival di Sanremo è un’opportunità per fare luce sul talento e sulle rappresentazioni.

Discografia: 440 milioni di fatturato ma nessun dato sull’inclusività

Aprire un dialogo costruttivo su come creare spazi oggi inesistenti per far esibire artisti e artiste con disabilità. Questo l’obiettivo dell’iniziativa. Sul fronte musicale, secondo la FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), il mercato discografico italiano nel 2023 ha registrato una significativa crescita del 18.8% con un totale di  440 milioni di euro di fatturato e posizionandosi come terzo mercato nell’Unione europea. Tuttavia, non esistono dati specifici sull’inclusione di artisti con disabilità nel mercato mainstream. Secondo il Global Music Report 2023, il settore musicale globale genera oltre 26 miliardi di dollari.

L’inclusione di artisti con disabilità potrebbe incrementare ulteriormente questa cifra, fornendo nuove opportunità creative e commerciali. Nonostante il forte valore economico del mercato musicale, in Italia resta una sfida rendere l’accesso più inclusivo. Lo conferma, durante la conferenza, il discografico Carlo Martelli: «Oggi la musica subisce il mercato. Non lo indirizza. E questo significa che una persona con disabilità si vede le porte chiuse in faccia a prescindere dal proprio talento». Come ha dimostrato proprio sabato scorso la testimonianza della cantante lirica Francesca Mannino, cieca da 13 anni, che si è vista chiudere «porte in faccia» da direttori artistici, registi, agenti lirici: «Per favore fateci lavorare come gli altri» ha chiesto.

Pierangelo Bertoli, Annalisa Minetti, Stevie Wonder: è il loro talento ad essere ricordato. Non la disabilità. Ma, gli esordi del loro successo, confermano il trend illustrato da Martelli: «Prima si giudicava in base al talento e alle qualità artistiche. Dai primi anni Duemila, invece, ha preso piede l’idea di offrire un servizio. Ad esempio, non ricordo nessun artista con disabilità che sia uscito dai talent. Tutto è basato sui numeri e sull’immagine». Questo accade sia nella musica che in tv.

I media hanno una responsabilità precisa perché vedersi rappresentati significa esistere: in radio, in tv, sui giornali. «Sono conduttore di uno dei pochi programmi dedicati ai temi dell’inclusione e della disabilità. Ma sono soprattutto un papà e un caregiver: mio figlio, affetto da una malattia rara, ha dato senso alla mia professione – sottolinea il giornalista e conduttore tv Stefano Buttafuoco – Il sociale non può essere semplicemente un adempimento di servizio. Mio figlio mi ha fatto dono della concretezza: per questo è necessario andare oltre il concetto di diversità e ragionare in termini di unicità».

Dal mondo dello spettacolo a Montecitorio, anche la showgirl Valeria Marini ha “prestato” volto e voce per rafforzare il messaggio: «Saverino con la sua associazione porta avanti progetti importanti, mi auguro che la sua canzone possa partecipare a Sanremo. La disabilità non è un punto di debolezza. Ma di forza. Stiamo facendo tanti progressi ma se ne devono fare tanti altri. Sono qua per supportare questo obiettivo: è giusto che nella nostra società si dia spazio a chi merita».

Più di 1 italiano su 3 non sa come comportarsi di fronte a una persona con disabilità

Quattro italiani su cinque hanno esperienza diretta o indiretta con la disabilità. Ciò nonostante, più di un italiano su tre non sa come reagire e comportarsi di fronte a una persona con disabilità. Come riportano i risultati dell’indagine sulla percezione della disabilità condotta da Swg su un campione di mille italiani, la disabilità è ancora “avvolta” in una patina di disagio e imbarazzo.  Conoscerla da vicino, invece, per 2 italiani su aiuta ad essere più ricettivi e sensibili. Ma esiste un netto sfalsamento tra quanto la società ritenga svantaggiate le persone con disabilità rispetto a come invece, al contrario, quest’ultime si percepiscono.

«Sono mamma di due bambini. Quando esco con figlio piccolo, insieme alla tata, le persone spesso danno per scontato che il bambino non sia mio. Ma della tata» racconta Saverino ad Alley Oop, che continua: «La percezione è quella per cui io, avendo una disabilità, non possa avere un figlio. O addirittura un figlio “sano” perché, altrettanto spesso, mi viene chiesto se mio figlio sia malato. Non c’è proprio la cultura della persona disabile che vive». Per invertire la rotta, Severino propone una soluzione concreta: «Dico sempre che il mondo per un giorno dovrebbe essere al contrario, per capire cosa proviamo».

«Non trattateci meglio, ma alla pari»: un diritto costituzionale

«Non voglio essere trattata meglio, ma alla pari» dice ad Alley Oop Severino. A sancire la sua rivendicazione è la nostra Costituzione. «Lo stato deve rimuovere tutti gli ostacoli alla piena realizzazione della persona, come indica l’articolo 3 della Costituzione – sottolinea Andrea Quartini, capogruppo Movimento 5 stelle in commissione Affari sociali – Ma per farlo serve superare l’idea assistenzialista che ancora ci perseguita: le persone con disabilità devono godere dei diritti che la Costituzione sancisce. Non è una questione di assistenza. Ma di garanzia dei diritti».

Dalla carta costituzionale al palco di Sanremo: «il pieno sviluppo della persona umana», come cita l’articolo 3 della Costituzione, avviene in luoghi, modi e contesti diversi. Rimuovere gli ostacoli che lo impediscono è una necessità che non può più aspettare. A beneficio di tutti.

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