Festival di Sanremo 2024, perché ogni palco può diventare politico

“Siamo figli dell’epoca, l’epoca è politica. […] Che ti piaccia o no, i tuoi geni hanno un passato politico, la tua pelle una sfumatura politica, i tuoi occhi un aspetto politico. Ciò di cui parli ha una risonanza, ciò di cui taci ha una valenza in un modo o nell’altro politica”.

A una settimana dalla fine del Festival di Sanremo, sono i versi della poetessa polacca Wisława Szymborska a descrivere quello che non doveva essere un evento politico – “lavoro in autonomia, la politica resti fuori dal Festival di Sanremo” aveva garantito il direttore artistico Amadeus agli esordi della kermesse – ma che in realtà lo è stato. A dimostrazione che la politica non è solo in quello che si dice, ma pure in quello che si mostra, si tace, si comunica. In modo diretto e non.

Quest’anno, sul palco dell’Ariston, la politica è arrivata: nell’irriverenza delle artiste donne che hanno rivendicato la loro leggerezza a dispetto di qualsiasi lavoro di cura imposto dai ruoli sociali, nei messaggi per la pace di Dargen D’Amico e Ghali, nell’accento di Geolier che è bastato a spaccare l’Italia, nella padronanza di Teresa Mannino che ha dettato tempi e spazi, nella voce graffiante e graffiata di Loredana Bertè che non ha paura di allargarsi, nel corpo e nella voce di BigMama che detta il suo concetto di “conforme”.

“È davvero l’anno delle donne?” si chiedeva Alley Oop alla vigilia del Festival. Lo è stato. E la “potenza” femminile non è stata la sola a svelarsi: il modo di abitare un palco oggi può ancora fare la differenza e – i presidi che si stanno organizzando in questi giorni davanti alle sedi Rai di tutta Italia a sostegno della Palestina e del cessate il fuoco a Gaza  – ne sono la dimostrazione. L’arte, le parole e la musica possono ancora innescare il dibattito, la riflessione, le azioni, il pensiero…La politica.

Vince Angelina Mango, “tutte le ragazze avanti”

A vincere il Festival di Sanremo è Angelina Mango, dopo 10 anni dalla vittoria di Arisa una donna trionfa all’Ariston. Suo anche il premio Lucio Dalla. Loredana Bertè, con la sua “Pazza” conquista il premio Mia Martini – “Mimì, il premio l’abbiamo riportato a casa” ha commentato l’artista – e il premio Sergio Bardotti per il miglior testo va a Fiorella Mannoia che in “Mariposa” canta l’orgoglio di essere donna in tutte le sfaccettature. Un filo rosso e intergenerazionale unisce le vincitrici, da Mango a Bertè: attraversano il mondo con coraggio, affrontando la paura e facendone un’alleata. La forza nella fragilità. “Io cammino nella giungla con gli stivaletti a punta” canta Loredana Bertè nella sua “Pazza”.

“E mi hanno detto che la vita è preziosa, io la indosso a testa alta sul collo” risponde Angelina Mango rivendicando il suo diritto alla noia nell’epoca della sindrome da Fomo, ovvero “la paura di perdersi qualcosa” che colpisce soprattutto le giovani generazioni immobilizzandole in un perenne stato di ansia da prestazione. Angelina Mango ci balla su e lo stesso fa Annalisa che canta l’amore. Non più disperato come quello di Nada, ma radicato nella libertà e nell’accettazione: “anche se a volte mi nascondo, non mi sogno di tagliarmi le vene”.

Sono forti, audaci e coraggiose le donne che quest’anno hanno abitato l’Ariston. Clara, vincitrice di Sanremo Giovani, nella sua “Diamanti grezzi”, canta che c’è “oro nei fallimenti”. E le sue colleghe non hanno paura né dei fallimenti né della loro rabbia. Ne sono consapevoli e vogliono utilizzarla non “contro” ma “per”. Costruire invece che demolire. Lo fa BigMama, affermando che “la rabbia non ti basta” e facendosi accompagnare, nella serata dedicata alla cover, da un team tutto al femminile: Gaia, La Niña e Sissi. “Per tutte le donne: non abbiate paura. Fate sentire la vostra voce. Quando serve denunciate” afferma la cantante alla fine dell’esibizione. Prima ancora delle parole, erano già arrivati i corpi a sostenere la stessa causa: “siamo qui e siamo libere”.

“Sexy people vote Rose Villain”, ovvero “le persone sexy votano Rose Villain”, è lo slogan che ha accompagnato la partecipazione dell’artista al Festival di Sanremo 2024. Come ha raccontato la stessa artista, l’obiettivo è quello di comunicare una sensazione precisa: “Io sul palco mi sento assolutamente sexy. Non per come mi vesto, ma perché la cosa più sensuale al mondo per me è la ‘confidence’, e non c’è niente che mi renda più fiera e potente di cantare un mio brano”.

Contro il body shaming e il diritto a vivere liberamente la propria femminilità si è schierata anche Emma Marrone che, in conferenza stampa, ha specificato come “ancora troppe persone usano il corpo delle donne come motivo di insulto. E questo mi dispiace molto. Ma mi dispiace più per loro perché sono dei poveretti”. L’adrenalina dei sentimenti che canta in “Apnea” è la stessa con cui la cantante ha vissuto il suo festival dimostrando che è possibile “godersela” senza il peso di essere necessariamente “portatrici di messaggi”. Il mezzo, d’altronde, è il messaggio stesso.

Emma Marrone lo è stata, come pure Alessandra Amoroso che racconta ad Alley Oop come il Festival sia stato “terapeutico” dopo un “momento difficile”. E alle donne si rivolge quando sottolinea la necessità di fare squadra, “non giudicare ma provare a supportare”.

Il potere della GenZ, quando il talento supera le polemiche

“Qual è la prima cosa che farai una volta tornata a casa?” viene chiesto alla vincitrice Angelina Mango in sala stampa, il giorno dopo la sua vittoria. “Mangiare una pizza con gli amici” risponde la cantante. “Te la preparo io la pizza, Angelì” le garantisce Geolier. Poche battute, seguite da un abbraccio, demoliscono con eleganza e disarmante ingenuità giornate di polemiche e illazioni.

“Televoto truccato”, “Non fate votare la Campania”, “voti acquistati” sono stati i commenti di odio social che si sono scagliati contro il rapper napoletano Geolier davanti all’evidenza del televoto. Per lui, oltre alla vittoria nella serata cover attribuita dal televoto, il 60% delle preferenze del pubblico in finale. Comunque non sufficienti rispetto agli esiti della sala stampa che hanno decretato Mango vincitrice.

Il punto non è il risultato – accolto positivamente tanto da Mango quanto da Geolier –  ma il rancore scatenatosi a seguito del successo che il rapper ha registrato tra il pubblico: non è il “fanatismo identitario” a spiegarlo – come sostenuto da molti commentatori, social e non –  ma i dati.

Geolier ha esordito nel 2018 e il suo ultimo album “Il coraggio dei bambini” è stato il più venduto in Italia del 2023, 5 volte disco di platino. Il rapper registra più di 6 milioni di ascoltatori mensili su Spotify e il 2024 lo vede, ad oggi, come prima artista ad esibirsi allo stadio Maradona di Napoli per tre date consecutive, sold-out. Inoltre non è Napoli la città in cui è più ascoltato: viene prima Milano, poi Roma e solo successivamente il capoluogo campano. Geolier ha fatto del dialetto una sua cifra di stile che, come testimoniano gli ascolti, non sembra demolire la comprensione dei suoi testi o la potenza del ritmo.

L’insinuazione che prende più spazio, dunque, sembra essere quella per cui a un ragazzo della periferia napoletana che si esprime in dialetto non spetti il diritto di essere un artista nazionale. Se questo avviene, la convinzione più o meno diffusa è che sia vicino ad ambienti poco chiari: le “storie di riscatto” dal margine sono considerate legittime solo se nel margine restano. E invece, come sostiene la scrittrice femminista bell hooks nel suo “Elogio del margine”, “gli oppressi lottano con la lingua per riprendere possesso di sé stessi, per riconoscersi, per riunirsi, per ricominciare. Le nostre parole sono azioni, resistenza”. (Ri)leggere Geolier, in questo senso, può significare scoprire – o perlomeno ascoltare – quello che ancora non si sa. O non si riconosce. “Angelina è del 2001. Io sono del 2000. È bellissimo vedere due ragazzi di vent’anni al Festival di Sanremo da protagonisti” ha commentato Geolier in conferenza stampa. Quello che conta e rimane di una generazione che già guarda oltre.

Ridefinire “l’italiano vero”, Ghali canta le seconde generazioni

Già nella serata cover, Ghali lo aveva dimostrato: in pochi minuti di esibizione è possibile dare voce e fare spazio. Il rapper 30enne nato alle porte di Milano, origini tunisine, lo ha fatto portando sul palco dell’Ariston Ratchopper, produttore, ingegnere del suono e compositore con anche lui origini tunisine. Insieme hanno fatto un medley che tiene dentro un pezzo in arabo – “Bayna” – e “L’italiano vero” di Cutugno.

Non solo: “Bayna”, oltre a essere il brano di apertura dell’album del 2022 “Sensazione Ultra” –  in cui Ghali e Ratchopper hanno collaborato insieme per la prima volta – è anche la canzone che ha ispirato il nome dell’imbarcazione donata da Ghali a Mediterranea Saving Humans. Diventata operativa nel marzo dello scorso anno, a novembre 2023 ha aiutato a mettere in salvo 227 vite umane nel Mediterraneo.

Con la sua performance, Ghali ha raccontato un’Italia che esiste, quella degli italiani e delle italiane di fatto ma non di diritto: come emerge dall’ultimo rapporto annuale Istat, in Italia i minori con background migratorio sono 1,3 milioni, di cui 300mila con cittadinanza italiana e circa 1 milione con cittadinanza non italiana. Il numero di seconde e di terze generazioni si attesta, in entrambi i casi, sulle 115mila persone (dati Eurostat). A oggi nessuno stato dell’Unione europea concede la cittadinanza per nascita (ius soli) automaticamente. Si richiede che i genitori abbiano soggiornato per un certo tempo prima della nascita (un periodo compreso tra i 3 e i 10 anni). Questa versione dello ius soli è in vigore in soli 4 paesi membri, Belgio, Germania, Irlanda e Portogallo. Un’altra opzione, definita doppio ius soli, consiste nel concedere la cittadinanza quando uno dei due genitori è nato nel Paese: questa la modalità attiva in 7 stati (Francia, Lussemburgo, Portogallo, Paesi Bassi, Spagna, Belgio e Grecia). In tutti gli altri stati membri Ue, non è prevista nessuna variante e quindi le seconde generazioni sono costrette a seguire processi di “naturalizzazione” come se fossero straniere.

“Cessate il fuoco”, dall’Ariston la richiesta che innesca il dibattito

Dalle seconde generazioni in Italia alla richiesta di pace nel mondo: Dargen D’Amico e Ghali hanno portato Gaza sul palco dell’Ariston chiedendo un immediato “cessate il fuoco”. Il messaggio, salutato con diverse reazioni che hanno portato lo stesso Dargen D’Amico a specificare di “non voler essere politico” – ha in realtà innescato azioni concrete. Dai presidi davanti alle sedi Rai, organizzati per esprimere supporto alla causa palestinese e dissenso rispetto al comunicato stampa dell’amministratore delegato Rai, Roberto Sergio, che rispondeva alle parole di Ghali esprimendo “solidarietà al popolo di Israele” – sino a provvedimenti politici, accelerati dal dibattito.

Alla Camera sono state votate alcune mozioni riguardanti il posizionamento del governo italiano rispetto alla guerra a Gaza. L’esito più importante di queste votazioni è stata l’approvazione di una parte di una mozione presentata dal Partito democratico che impegna il governo “a sostenere ogni iniziativa volta a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza”. A differenza dell’invio di armi all’Ucraina, nel conflitto in Medio Oriente il Parlamento è riuscito a ritrovarsi su una linea bipartisan, unendo le principali forze politiche, comprese la segretaria del Pd Elly Schlein e la premier Giorgia Meloni. Dopo un loro confronto telefonico, il Pd ha accettato di modificare alcune parti del suo testo e la maggioranza di destra ha accettato di astenersi, facendo sì che i voti delle opposizioni bastassero a farlo passare. Liberare gli ostaggi, cessare il fuoco per tutelare la popolazione civile, garantire aiuti umanitari continui e sicuri a Gaza: sono questi i punti principali della mozione, insieme all’obiettivo di portare avanti un processo di pace “fondato sulla coesistenza di due Stati sovrani e democratici”. Dall’Ariston a Montecitorio, la politica.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com