Un toto ministri quasi tutto al maschile. E’ quello che ci è stato proposto nei giorni scorsi dagli ambienti vicini alla politica. Nomi nuovi, nomi già sentiti, ma comunque di uomini. E l’ipotesi di una donna premier è passata un’altra volta come una folata di vento passeggera, come a distrarre l’attenzione dalle opzioni più realistiche. Perché, d’altra parte, se donna fosse, lo sarebbe solo per sanare una situazione in cui gli uomini non vogliono sporcarsi le mani. Per poi ripresentarsi alle prossime elezioni come non responsabili di decisioni (dovute) pesanti. Mario Monti e Elsa Fornero hanno pur insegnato qualcosa con la loro esperienza.
Allora, archiviata l’idea della prima premier donna nella storia della Repubblica italiana, si guardi almeno al resto. Lo chiede la “Rete per la Parità” con una lettera indirizzata alle forze politiche ricevute al Quirinale con l’obiettivo di risolvere l’attuale crisi di governo e per conoscenza al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nella lettera l’associazione chiede:
– che il nuovo governo sia composto al 50 e 50 per numero di ministri/ministre,
viceministri/viceministre e sottosegretari/sottosegretarie;
– che la delega per le Pari Opportunità sia conferita a una ministra/ministro esperta/to dei diritti delle donne, per evitare che come già alcune volte in passato, la condizione
femminile non sia in evidenza nel consiglio dei ministri;
– che si tenga conto che l’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo sostenibile ha inserito tra i 17 obiettivi da perseguire per il futuro dell’umanità, l’obiettivo 5 – parità di genere per la
consapevolezza, ormai acquisita a livello mondiale, che senza parità uomo/donna non c’è rispetto per l’ambiente;
– che si consideri per le azioni conseguenti, che nell’ambito dell’ampio spazio dedicato
dall’Unione Europea alle questioni riguardanti la condizione delle donne in Europa, l’Italia si colloca negli ultimi posti in tutte le classifiche e, in particolare, in quella riguardante l’occupazione femminile.
L’adesione a questi criteri, continua la lettera, costituisce evidentemente il presupposto necessario per affrontare in maniera decisiva e corretta fenomeni come:
– la difficoltà di mettere al mondo figli, per chi lo desideri, a causa della carenza di servizi;
– la scarsa occupazione femminile e la precarietà lavorativa;
– la violenza di genere;
– il mancato rispetto della centralità dei diritti dei minori in tema di affidi.
In sostanza si chiede che la discontinuità, rispetto al governo giallo-verde, sia marcata anche nelle politiche che riguardano o incidono sulle donne. Una discontinuità che può iniziare con scelte non solo di maquillage in questo nuovo governo.
La lettera ad oggi ha ricevuto le seguenti adesioni:
DonneInQuota, Coordinamento Italiano della Lobby Europea delle Donne, IF Iniziativa Femminista, UDI Nazionale – Unione Donne in Italia, Fildis, CNDI – Consiglio Nazionale Donne Italiane, Toponomastica Femminile, UDI Monteverde, Pari o Dispare, VoceDonna di Castrocaro Terme (Forlì), MIDD – Movimento Italiano Donne per la Democrazia, PerLeDonne Imola, Rose Rosse Castel Maggiore (Bologna), Anarkikka, Diritti d’Autore Falenablu, CUG ASL Taranto, Se Non Ora Quando? S.Donà, CIPAS, One Billion Rising Livorno/Danzarte, Gruppo Marija Gimbutas, Teatro dei Cinquequattrini, Un’altra idea del mondo, Femminile Maschile Plurale di Ravenna, Banca del Tempo di Oleggio (No).