Ecco chi salva i genitori italiani in mancanza dei nonni

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Valentina Diolabenedica. Elasti, la protagonista di “Non solo mamma”, chiamava così la sua baby-sitter. La ragazza che si occupava dei suoi due (poi tre, nel sequel) figli. E sono molte le famiglie italiane che si affidano, per il loro menage, alla loro Valentina Diolabenedica. A raccontarlo sono anche i dati: nel nostro Paese c’è una maggiore occupazione nei servizi alle famiglie, rispetto alla media dei Paesi dell’Unione Europea. Il trend dipende dalla “specificità del modello di welfare familistico italiano, in cui alla carenza dei servizi pubblici si è sopperito con il lavoro domestico e di cura da parte delle donne e negli ultimi anni anche con l’acquisto sul mercato da parte delle famiglie di servizi domestici e di cura (badanti, colf, baby-sitter, ecc.), forniti in larga parte da lavoratori stranieri“, spiega l’Istat.

adult-baby-babysitter-698878D’altra parte in Italia, siamo talmente in ritardo rispetto agli obiettivi europei di copertura, ad esempio, dei fabbisogni di asili nido, che diventa quasi inevitabile trovare soluzioni”private”. Basti pensare che il consiglio europeo di Barcellona del 2002 ha posto come traguardo per gli stati membri che i posti disponibili nei servizi per la prima infanzia coprano almeno un terzo della domanda potenziale, cioè il 33% dei bambini sotto i 3 anni. Obiettivo recepito anche dalle leggi italiane, ultimo il decreto legislativo 65 del 2017 che ha ribadito questo impegno. Secondo i dati Eurostat, relativi al 2016, l’Italia sarebbe a una copertura del 34%, ma con forti disparità sul territorio. Sono solo 4 le regioni che superano il 33% sotto i due anni di età. Se la Valle d’Aosta è al 39,9% c’è d’altra parte il contro altare della Basilicata (ultima in classifica) con il 14,3 per cento.

I risultati di queste disparità si riflettono poi (anche se non con causa effetto diretta, perché sono tanti i fattori da considerare), sull’occupazione femminile nelle diverse regioni. Che la nascita di un figlio rischi di segnare l’uscita delle donne dal mondo del lavoro, lo dimostrano ancora una volta i dati. Secondo gli ultimi dati pubblicati a dicembre dall’Ispettorato nazionale del lavoro delle quasi 40 mila dimissioni registrate nel 2017 almeno 3 su 4 ha riguardato le mamme lavoratrici: 30.672 (pari al 77% delle 39.738 dimissioni totali, di cui una su 4 in Lombardia, dove la copertura dei nidi sotto i 2 anni è al 27,5%). Di queste la stragrande maggioranza (23.830) hanno un solo figlio o sono in attesa del primo.

adult-baby-child-1776135Un’ancora di salvezza sono certamente i nonni. Dei 12 milioni di nonni italiani, un terzo si occupa quotidianamente dei nipoti (secondo i dati Neodemos). Ma se i nonni non ci sono, non hanno questa possibilità o sono lontani? Si torna a Valentina Diolabenedica. Ogni famiglia è diversa, ogni genitore sceglie l’educazione che crede migliore per i propri figli, ogni bambino ha le proprie esigenze. Trovare, quindi, qualcuno che si inserisca in una realtà complessa e strutturata come quella di una famiglia non è certo facile e a volte la ricerca della baby-sitter “perfetta” può durare anche anni. Ci vuole pazienza, intuito, capacità di usare tutti i canali (ufficiali e ufficiosi) e una buona dose di fortuna. Quando il match funziona, però, le baby-sitter diventano un vero pilastro dell’organizzazione familiare e completano quell’insieme di attenzione, impegno, amore, gioco, cura che genitori e parenti stretti creano attorno ai bambini.

child-energy-fun-1799881In questa alleanza, basata sul rispetto dei ruoli e la stima e la fiducia reciproche, si lavora in squadra e dove non arriva l’una arriva l’altra/o. Così non ci si scordano gite, soldi da portare a scuola, il libro da riconsegnare in biblioteca, l’appuntamento dalla dentista o il compleanno della compagna di classe. Sciocchezze, penserete, ma che rischiano di essere sassolini nelle giornate. Senza considerare poi il confronto sull’educazione, sugli stati d’animo, sul momento che stanno vivendo i bambini. Sulle amicizie che fanno al parchetto, le difficoltà che confidano all’uscita da scuola o le passioni per i giochi del momento. Informazioni che i genitori che lavorano, spesso, rischiano di perdere nella routine della giornata.

In Italia gran parte del lavoro delle baby-sitter è lasciato all’improvvisazione (tranne per le educatrici di asili e scuole materne che lo fanno come secondo lavoro o chi ha studiato per inserirsi nelle scuole e non c’è ancora riuscito). Poche le figure specializzate, mentre all’estero quello della “nanny” è diventato un mestiere anche di prestigio. Basti pensare che negli Stati Uniti, ad esempio, se le insegnati delle scuole prescolastiche guadagnano tra i 13 e i 15 dollari l’ora (per un totale di 30mila dollari l’anno, secondo il Bureau of Labor Statistics), le nanny specializzate percepiscono addirittura tra i 25 e i 40 dollari l’ora. Addirittura, quelle di loro che si occupano dei neonati, a Los Angeles, arrivano a guadagnare anche 70 dollari l’ora per turni di 9-10 ore sei giorni alla settimana. Una cifra che a fine mese equivale a 200mila dollari se si contano anche straordinari ed eventuali indennità di trasferta in caso di viaggi.

Spero solo che la mia Valentina Diolabenedica non legga mai questo post, altrimenti rischio di perderla per un’avventura Oltreoceano!