Sarà che la mia personale storia professionale è stata guidata dall’intuizione e dalla fortunata sorte più che che dalla fredda determinazione, ma mi ha sempre molto affascinato il tema della ‘vocazione’. Anche se forse sono fin troppo ‘adulta’ per pormi adesso il problema. Che cosa siamo adatti a fare? Occupiamo davvero nel lavoro il ruolo per cui siamo ‘naturalmente’ predisposti? Su quali requisiti dobbiamo far leva? Me lo chiedo spesso e di recente me lo sono chiesto ancora più frequentemente a seguito di due episodi in cui ho avuto modo di interagire su questi temi con i miei nipoti. Ogni tanto li osservo, per provare ad immaginare che posto avranno nel mondo del lavoro. Che cosa troveranno quando tra 15 – 20 anni, toccherà loro andare a caccia di opportunità professionali e non troveranno probabilmente nessuna azienda disponibile ad offrire un contratto a tempo indeterminato, ma dovranno probabilmente intraprendere un cammino professionale autonomo?
Il più grande ha 9 anni, è molto bravo a scuola e come tutti i bambini di oggi della sua età è impegnato in diverse attività extrascolastiche: violino, spagnolo. E il calcio. Chiaramente vive la fase del “Da grande voglio fare il calciatore!”. La seconda di anni ne ha sei. Una bambina molto determinata: anche lei violino, spagnolo e scuola di danza. Ancora nessuna manifesta intenzione sul futuro. Un sabato pomeriggio – casalingo ed invernale, dunque con i bambini davvero sfidante – di fronte all’ennesimo “Ma io mi sto annoiando!” della piccola abbiamo preso qualche plaid e facendo finta che fossero pregiati tessuti ci siamo inventate – non so neanche io come mi sia venuto in mente – di giocare a stiliste e modelle in passerella. Nelle ore successive mi sono chiesta se siano questi i piccoli passaggi della vita dei bambini che possono dare impulso alla scoperta di attitudini e passioni che possono trasformarsi anche in scelte di vita definitive. Io, ad esempio, avevo la passione per le lingue ma non ho affatto coltivato poi, negli studi, questa attitudine. Con grave rimpianto. La scorsa estate quando ho provato a dire al grande che fare il calciatore non è un vero lavoro ma che può fare sport – anche ad un livello importante – senza trascurare di prepararsi anche per un lavoro serio (non me ne vogliano i calciatori…..) l’ho mandato in crisi e, davanti ad un hamburger, mi ha chiesto “Zia, ma allora secondo te io cosa devo fare da grande?” Io ho le idee piuttosto chiare e ho provato per una volta a fare la zia educativa. “Amore, che tu faccia l’astronauta, l’imbianchino, il fisico nucleare l’importante è che tu possa farlo in tutto il mondo e parlando con tutti, non facendoti ostacolare dalla lingua che invece è il grande limite della zia! Quindi insieme allo spagnolo e l’indispensabile inglese, per favore, studia e impara anche il cinese!!”. Spero proprio di averlo convinto.