
Soffitto di cristallo, leadership, potere, primati. Negli ultimi anni queste parole hanno aiutato a nominare ostacoli, conquiste e trasformazioni reali per le donne italiane. Accanto a queste narrazioni necessarie, esiste un’altra geografia del cambiamento: una trama silenziosa fatta di gesti e scelte quotidiane, di un’ordinarietà in cui il personale diventa politico nella vita di ogni giorno.
È così che impariamo dalla nostra collega, dalla vicina di casa, dall’amica di quell’amica a cui non avremmo mai pensato, dalla conoscente che diventa famiglia, da quel volto incontrato per caso, da quella voce inaspettata che ci ha fatte sentire accolte e ci ha dato coraggio. Anche nel 2025 Alley Oop ha raccontato i fatti che stanno cambiando la vita delle donne, ascoltando le voci di chi sta ai vertici di istituzioni e associazioni, di chi ha carriere artistiche, accademiche e sportive eccellenti, di chi fa impresa e di chi innova.
Insieme a loro, ci sono le voci di chi rende possibile e più facile la strada: presenze quotidiane che, nella loro eccezionale “ordinarietà”, rompono gli schemi. Il cristallo del “famoso” soffitto scricchiola davanti alla determinazione di chi, pur senza riconoscimenti formali, sceglie di fare la differenza nella sua vita quotidiana. “Le donne dell’anno”, per la redazione di Alley Oop, sono loro. Servono modelli reali, capaci di tendere la mano, per andare più lontane. Per sentirci meno cronicamente stanche. Per scegliere, libere, la nostra misura. O, al contrario, scegliere di non misurarci affatto. La vulnerabilità è forza: le storie delle donne dell’anno, da ogni parte dell’Italia e a tutte le età, lo dimostrano. Madri coraggiose, professioniste caparbie, giovani ambiziose, donne comuni che nel loro lavoro e nella loro vita mettono al centro la cura nel suo significato più profondo: creare nuovo valore, a partire dalle relazioni umane.
Una postura che non decentra da sé stesse. Ma, al contrario, apre la strada a un nuovo modello di leadership: meno emulativo, più reale, ai vertici delle nostre vite prima che di ogni altra cosa. Il riconoscimento di Alley Oop alle donne dell’anno è anche un augurio per il 2026: imparare a guardare – e a celebrare – l’eccezionale ordinarietà che rende più facile e felice la nostra esistenza. Un esercizio non banale che riconosce il lavoro “invisibile” eppure capillare delle donne. Le parole più giuste per descriverle sono quelle che arrivano da loro e dalle testimonianze delle loro vite: anche quando sussurrano, costruiscono mondi. Non solo a loro misura. Ognuna per sé, ma a nome di tutte: quest’anno, come lo scorso.
Camilla Stecca
Classe 1979, Camilla Stecca nasce a Terni e si laurea in Scienze Politiche a Roma. Impara quattro lingue, frequenta un master in cooperazione internazionale e lavora come cooperante in molti Paesi (Congo, Rwanda, Repubblica Centrafricana, Libano, Guatemala tra gli altri) e per diverse Ong.
Quando nascono i due figli, oggi di 12 e di 10 anni, continua a viaggiare. Si separa presto, e appena la legge lo consente dà loro il suo cognome. A tre anni, il più piccolo si ammala di leucemia. È un orizzonte degli eventi. Lascia il Libano in piena notte e torna in Italia. Durante le cure al Centro Maria Letizia Verga di Monza, che non finirà mai di ringraziare, il tempo sembra fermarsi. Smette di lavorare, ma non di continuare a formarsi. Sostenuta dalla sua rete di affetti e amicizie, è convinta che il figlio guarirà. Sono anni duri, ma trova un nuovo lavoro per Save the Children e coordina un master che forma giovani nell’ambito della cooperazione. Appena il figlio viene dichiarato guarito, organizza i viaggi promessi e sognati in Egitto, a Parigi, in montagna.
Torna a vivere in Umbria dove, in un mondo che sente sempre più lontano dai principi per cui ha studiato e lavorato, decide di frequentare un corso di tutoraggio per minori non accompagnati presso la Regione Umbria. Nominata tutrice, il prossimo anno si occuperà come volontaria anche dei tanti minori rifugiati che cercano asilo nel nostro Paese.
Silvia Mari De Santis
Silvia Mari De Santis, giornalista dell’agenzia di stampa Dire. Si occupa da tempo di violenza istituzionale, in particolare di violenza maschile contro le donne, di vittimizzazione secondaria e dell’uso nei tribunali della “pas”, l’alienazione parentale, teoria ascientifica non riconosciuta, attraverso la quale le madri vengono definite alienanti e manipolatrici nei confronti dei figli.
Silvia Mari De Santis, con l’inchiesta “Mamme Coraggio”, ha dato voce a donne, bambini e bambine, allontanati anche con la forza dalle loro madri e ha fatto luce su un sistema che spesso non tutela chi dovrebbe proteggere. Tra le tante storie, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda di Stella, la bambina di Monteverde.
Giuseppina Re, “Giusy”
Giuseppina Re, conosciuta come “Giusy”, è educatrice, coordinatrice pedagogica e responsabile della comunità Kayros di Vimodrone, in provincia di Milano. Giusy è in Kayros dal giorno della sua fondazione, 25 anni fa, anniversario festeggiato quest’anno.
Da allora accoglie minorenni e giovani adulti in difficoltà, soli o con le famiglie lontane, con procedimenti penali in corso, ragazzi che escono dal carcere o che hanno comunque bisogno di aiuto. E quando i letti non bastano, è pronta a cedere il proprio per accogliere il maggior numero di giovani. «Io non ho figli miei, ma è come se lo fossero tutti» dice Giusy, che vive in comunità ed è uno dei pilastri dell’associazione fondata con don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano. L’obiettivo: accompagnare i ragazzi verso un reinserimento in società.
Elena Voloskova
Elena Voloskova ha 38 anni e vive a Parma con i due figli Platone, 13 anni, e Egor, 4 anni. Ma la sua storia parte in Ucraina, più precisamente, nella città di Kryvyi Rih. Con scoppio del confitto tra Russia e Ucraina nel 2022, Elena ha preso con sé i suoi due figli ed ha raggiunto sua zia, che vive e lavora nella città emiliana da oltre ventidue anni, lasciandosi così alle spalle non solo un solido lavoro da tecnico chimico in fabbrica, ma anche suo fratello e suo marito, oggi impegnati a combattere sul fronte ucraino. Dall’altro lato del conflitto, stanno invece i genitori di Elena, residenti a Mosca. Dal 2023, Elena e i suoi figli condividono un appartamento della comunità Betania con altre quattro famiglie ucraine.
Nonostante le difficoltà con la lingua e con la ricerca di un impiego in terra straniera, ha saputo reinventarsi come donna delle pulizie. Dal 2024, Elena dà inoltre una mano al Centro di aiuto alla vita Onlus dove, tra le varie attività, pulisce gratuitamente delle chiese nel centro città. Adesso, Elena parla con gratitudine del Centro come di tutte le altre persone che hanno saputo starle affianco dal suo arrivo in Italia, nutrendo la speranza di vedere la fine del conflitto e poter riprendere la sua vita di prima.
Barbara Binazzi
La dottoressa Barbara Binazzi ha guidato il Centro Don Gnocchi di Scandicci in un percorso di crescita che lo ha portato a essere riconosciuto come Centro di Eccellenza del Sonno nel 2025. Un risultato che nasce da una visione solida, costruita su competenze cliniche, ricerca e organizzazione dei servizi. Sotto la sua direzione del reparto, il centro ha rafforzato l’approccio multidisciplinare alla medicina del sonno; la qualità delle diagnosi e dei percorsi terapeutici è diventata un punto di riferimento a livello territoriale.
La dottoressa Binazzi, la cui leadership è fondata su rigore scientifico e attenzione alla persona, ha saputo valorizzare il lavoro di équipe, investendo su formazione e innovazione. Il riconoscimento del 2025 certifica un lavoro continuo e misurabile nel tempo. Per questi motivi, la dottoressa Barbara Binazzi rappresenta un esempio di eccellenza femminile nella sanità italiana.
Rocchina Verrilli
Rocchina Verrilli ha sempre avuto in mente un progetto: una famiglia solida e unita. Voleva dei figli e, anche se con molta difficoltà, è riuscita ad averli. La seconda – io che racconto, Ilaria Parlanti, contributor di Alley Oop – è nata con una malattia genetica rara, la sindrome di Jarcho Levin. Ai miei genitori è stato detto che non sarei sopravvissuta. Eppure, loro hanno creduto al mio cuore che ha continuato a battere, ai miei occhi che si aprivano sul mondo, e mi hanno accompagnato in tutti gli ospedali possibili per avere le migliori cure disponibili.
Dopo 26 operazioni chirurgiche, visite specialistiche a non finire, la parola disabilità fa ancora paura a tutti, ma non a mia madre. Lei, che è esempio per me di virtù, di coraggio, di forza, di tenacia; lei che non si abbatte, che si prende cura di me – di fatto è la mia caregiver primaria– dimenticandosi persino di sé stessa, lei che mi sprona a vivere – al lavoro, al divertimento, allo studio-, lei che mi ha insegnato a fuggire il pietismo e a camminare sulla strada del merito, lei che è costretta a vedere il corpo della figlia spegnersi anno dopo anno, non si è mai arresa. A casa mia, non esiste la parola “impossibile”.
Perché mia madre un modo lo trova sempre. Mi ha insegnato a sognare oltre una diagnosi infausta. Mi ha insegnato ad avere obiettivi, a essere una donna che sa quello che vuole. Nel 2015 ha avuto la diagnosi di un tumore al seno, e il primo pensiero che ha fatto non è stato per sé ma per la sua famiglia. Mia madre è una delle donne straordinarie del 2025 – e di tutti gli anni che ci sono stati e che verranno – perché non ha mai chiesto niente per sé, ma se io ho i diritti che mi spettano è grazie alle sue battaglie. Sono un nano sulle spalle di un gigante. Una donna che non sapeva cosa fosse una disabilità grave finché non se l’è trovata tra le braccia e l’ha trasformata, come solo le madri sanno fare, nel suo più grande progetto. Se oggi vivo una vita felice, è grazie a lei.
Roberta Rostellato
Ottenere un libro è un desiderio così profondo che il suo valore va oltre il semplice piacere della lettura. Roberta Rostellato, 68 anni, nata in provincia di Padova e bibliotecaria a Venezia, è tra le donne eccezionali del 2025. Ogni giorno Roberta accoglie i bisogni degli altri, trasformando una semplice richiesta di un libro, di un film o di un cd in un momento di ascolto e consiglio.
Dalla sua postazione vede passare la vita: bambini con i genitori, adolescenti immersi nello studio, adulti in cerca di storie e anziani che desiderano sfogliare il giornale. C’è anche chi entra solo per cercare riparo dal freddo. Per tutti loro, Roberta ha una parola pronta e nella sua straordinaria normalità, lei sa che comprendere le persone conta quanto essere preparati.
Emma Ferulano
Emma Ferulano, nata a Napoli nel 1983 e laureatasi in lingue e culture comparate all’Università L’Orientale, con una formazione aggiuntiva che definisce “di strada” a ridosso degli anni della faida di Scampia, è co-fondatrice di numerosi progetti di inclusione sociale attivi nell’area nord del capoluogo campano. Tra questi: le associazioni chi rom e…chi no, Arrevuoto. Teatro e pedagogia, l’impresa sociale La Kumpania, il centro Chikù Cibo e cultura, uno spazio che crea unione attraverso l’arte, la sperimentazione e la gastronomia, e MOSS Ecomuseo Diffuso Scampia, un luogo di apprendimento trasversale, intersezionale e intergenerazionale che racconta le trasformazioni territoriali in una dimensione di cura condivisa.
«In ognuno di questi progetti, la dimensione comunitaria è fondamentale: siamo un’organizzazione orizzontale in cui sperimentiamo, a volte anche con grandissima fatica, la partecipazione e la co-progettazione» precisa Ferulano. Il Gruppo collabora anche con alcune riviste indipendenti e lei stessa è tra le cofondatrici di Antropica società di produzione e distribuzione di documentari con approccio etnografico a livello nazionale e internazionale. «La narrazione, il teatro, i laboratori, le opere audiovisive e di inchiesta sociali sono gli strumenti con cui creiamo relazioni, raccontiamo i territori e inneschiamo nuove consapevolezze. Una tessitura collettiva con cui cerchiamo di costruire un mondo migliore» commenta Ferulano.
Diana Paolantoni
Diana Paolantoni è una psicologa psicoterapeuta sistemico-relazionale e vicepresidente dell’associazione Fiori d’acciaio, fondata dieci anni fa insieme a una collega, che segue parallelamente, e con estrema dedizione, all’attività professionale.
Diana si prende cura, da 25 anni, delle e degli adolescenti e ha una storia lunga e proficua di progetti rivolti alle ragazze e ai ragazzi in difficoltà e alle loro famiglie. Nell’ultimo periodo (soprattutto dal Covid in poi), si è occupata, insieme con le colleghe e i colleghi dell’Associazione, di hikikomori, fenomeno in crescita anche in Italia a vari livelli, e porta avanti un progetto di intervento innovativo, partito da Roma e diffusosi nel Lazio, che si è rivelato molto efficace nei casi di ragazzi e ragazze che rifiutano il contatto con l’esterno e la vita sociale: il Compagno Adulto. Un terapeuta giovane, formato per lavorare con gli adolescenti, segue i ragazzi e le ragazze inserendosi nel loro contesto domestico e svolgendo insieme a loro le attività quotidiane.
Intercettare un disagio e impegnarsi, a titolo volontario, per far fronte alla crescente necessità di aiuto, è fondamentale per il benessere della società e delle generazioni più giovani.
Armanda Colusso
Armanda Colusso è la madre di Alberto Trentini, cooperante italiano detenuto da oltre un anno senza accuse formali in un carcere di Caracas, in Venezuela. A Natale, intervistata da Chora Media nel podcast SEIETRENTA, ha raccontato cosa significhi affrontare il secondo Natale senza suo figlio: lasciare un posto vuoto a tavola, confrontarsi con la frustrazione e l’angoscia di un’attesa che non si spegne mai, e provare ogni giorno a mantenere viva la speranza nonostante tutto.
Nei mesi della detenzione di Trentini, come suggerito dalle istituzioni italiane, Armanda Colusso ha scelto la discrezione, convinta che il silenzio potesse proteggere suo figlio. Ma quando il tempo è trascorso senza risultati concreti, ha deciso di trasformare il suo dolore privato in una richiesta pubblica di responsabilità: parlando con fermezza alle istituzioni, denunciando l’insufficienza delle risposte ricevute e chiedendo a chi ha potere di fare di più. Nei giorni precedenti al Natale ha ricevuto una telefonata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che le ha espresso la vicinanza dello Stato.
La sua voce non è soltanto quella di una madre che attende il ritorno di un figlio, ma quella di una donna che, pur in condizioni difficili, sceglie ogni giorno di non rassegnarsi e di tenere aperto uno spazio di speranza. Per suo figlio e per tutte le famiglie che vivono nell’attesa.
Menzione speciale, Maryam Majidi
Maryam Majidi nasce nel 2000 in Iran e rientra con la famiglia a Kabul all’età di quattro anni, crescendo come unica figlia femmina con tre fratelli in un Paese dove l’istruzione e la libertà delle donne vengono progressivamente negate.
I valori familiari di educazione, gentilezza e responsabilità verso gli altri orientano fin da subito il suo percorso. Si laurea in psicologia nel 2021, in piena restrizione educativa imposta dai talebani, e sceglie di continuare a esercitare per offrire ascolto e spazi sicuri a chi soffre, in particolare donne e bambini. Lavora su traumi, disabilità cognitive e neurologiche, lutti, abusi e violenze, integrando approcci clinici e creativi.
Dal 2024 collabora con Nove Caring Humans presso il Future Hope Orphanage, seguendo 35 bambini tra i 6 e i 14 anni. Molti di loro hanno vissuto esperienze di abusi, perdite genitoriali, violenza, negligenza e sviluppato ansia e difficoltà emotivo–comportamentali dovute anche alla vita in ambienti residenziali chiusi, alla mancanza di risorse educative e alla lontananza dagli affetti. Parallelamente, attraverso il progetto Dignity, lavora con le donne vedove o colpite da traumi: sono soprattutto madri capofamiglia che portano sulle spalle violenze gravi, stress prolungati, ansia, depressione, pressioni culturali e familiari, mancanza di risorse economiche e accesso a cure psicologiche o sanitarie adeguate. In un contesto in cui la salute mentale resta ai margini e il dolore delle donne è spesso invisibile, il lavoro di Maryam Majidi si traduce in un presidio quotidiano di ascolto, cura e dignità.
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Se hai una donna “normale” da segnalare per la sua eccezionalità scrivici all’indirizzo alleyoop@ilsole24ore.com e raccontaci la sua storia.