Oggi l’aborto legale, sicuro e senza restrizioni è possibile solo in sei Paesi dell’Ue

Accessibile e sicuro: è così che le cittadine europee vogliono il diritto all’aborto in Europa e, lo scorso 5 novembre, un passo importante è stato compiuto proprio in questa direzione. La commissione per i Diritti della donna e l’Uguaglianza di genere del Parlamento europeo (Femm) ha adottato la proposta legislativa di iniziativa popolare “My Voice, My Choice”, che punta a garantire l’accesso a un aborto sicuro e legale in tutta l’Ue. Con 26 voti favorevoli, 12 contrari e nessun astenuto, la commissione Femm ha dato il primo via libera formale all’iniziativa popolare firmata da oltre 1,2 milioni di cittadini dell’Unione: la soglia minima legale perché una proposta dal basso possa arrivare al vaglio della Commissione europea è di un milione di firme. Il traguardo è stato superato dalla campagna lo scorso settembre: l’Italia, con oltre 160mila firme, è il terzo Paese per numero di firme totali.

Aborto sicuro e legale

La proposta della campagna “My Voice, My Choice” mette al centro la salute delle donne facendo riferimento ai trattati europei e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in cui viene sancito il diritto al rispetto dell’integrità fisica e mentale e la protezione della salute umana.

Attualmente, come si legge nella proposta della campagna, il mancato accesso all’aborto in quanto forma di assistenza sanitaria di base per le donne, in molte parti d’Europa provoca non solo danni fisici ma sottopone le donne – provenienti spesso da comunità marginalizzate e prive di mezzi – a un ingiusto stress economico e psicologico.

Per invertire la rotta, “My Voice, My Choice” chiede all’Unione europea di istituire un meccanismo finanziario che supporti gli Stati membri

nell’assicurare l’accesso all’aborto sicuro. L’obiettivo è garantire a chiunque in Europa non abbia ancora accesso all’aborto sicuro e legale la possibilità di interrompere una gravidanza in condizioni di sicurezza. L’iniziativa, dunque, non punta a uniformare le normative nazionali sull’aborto. Ma va ad inserirsi nella competenza di supporto dell’Unione europea per quel che riguarda la salute pubblica e la tutela dei diritti fondamentali.

In questa direzione, il testo adottato dalla commissione Femm, invita la Commissione europea a istituire un meccanismo finanziario “opt-in” accessibile a tutti i Paesi dell’Ue su base volontaria e sostenuto da finanziamenti dell’Ue: così impostato, consentirebbe agli Stati dell’Unione di garantire l’accesso all’interruzione di gravidanza in sicurezza, nel rispetto delle rispettive legislazioni nazionali, a chiunque non ne abbia ancora accesso.

Solo in sei Paesi dell’Unione europea si può abortire senza restrizioni

Con l’approvazione della risoluzione, la Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere chiede un’azione europea più incisiva per salvaguardare i diritti sessuali e riproduttivi, comprendo le informazioni sulla pianificazione familiare, la contraccezione a prezzi accessibili, l’aborto sicuro e legale e l’assistenza sanitaria materna.

L’attacco ai diritti delle donne, da cui muove la campagna, intimorisce anche il Parlamento europeo che esprime «profonda preoccupazione per la crescente reazione contro i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere in Europa e nel mondo, tra cui il ridimensionamento della salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti e gli attacchi ai difensori dei diritti delle donne» e condanna i «movimenti anti-gender che cercano di minare l’uguaglianza e i diritti umani».

La preoccupazione è fondata: come emerge dalla classifica dello European Abortion Policy Atlas 2025 – basata su criteri relativi alla piena depenalizzazione dell’aborto, alla disponibilità dei servizi e alla loro copertura nel sistema sanitario nazionale – oggi l’aborto legale, sicuro e senza restrizioni è possibile solo in sei Paesi dell’Ue.

Svezia, Francia e Paesi Bassi sono gli Stati che guidano la classifica, seguiti da Finlandia e Danimarca a parimerito e infine Lussemburgo. L’Italia apre la parte bassa della classifica. A pesare è la mancanza di copertura del diritto all’aborto e la sua crescente criminalizzazione, testimoniata dall’elevato numero di obiettori di coscienza che di fatto non permette la tutela di uno dei livelli essenziali di assistenza (Lea), di cui l’aborto fa parte: prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire inderogabilmente, in maniera uniforme e senza discriminazioni, attraverso le Regioni.

Tra le barriere all’esercizio del diritto all’aborto, come sottolinea la bozza di risoluzione, vigono quelle legali e, in molti contesti, anche quelle pratiche: esprimendo il loro voto favorevole, i deputati e le deputate della Commissione Femm hanno invitato i Paesi membri, in cui queste barriere sono più evidenti, a riformare le loro leggi e politiche sull’aborto, in linea con gli standard internazionali in materia di diritti umani.

«Nessuna donna dovrebbe essere costretta a lasciare il proprio Paese per esercitare i suoi diritti»

«Nessuna donna dovrebbe essere costretta a lasciare il proprio Paese solo per esercitare i propri diritti umani – ha detto la relatrice Abir Al-Sahlani (Renew, Svezia) dopo il voto -. L’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva è un diritto umano fondamentale. Questa iniziativa dimostra cosa è possibile fare quando cittadini e istituzioni uniscono le forze per promuovere l’uguaglianza e la democrazia».

Una posizione condivisa dalle colleghe. «Con l’approvazione dell’iniziativa dei cittadini europei My Voice, My Choice, sosteniamo un principio fondamentale: che i diritti sessuali e riproduttivi non sono materia di confini nazionali, ma diritti umani universali», scrive in una nota l’eurodeputata dei Verdi Benedetta Scuderi. «Sul nostro corpo decidiamo noi», ha sottolineato dopo il voto Alessandra Moretti (Pd), componente della commissione Femm. «Continueremo a batterci perché l’Europa diventi davvero una casa dei diritti, dove ogni donna possa decidere del proprio corpo in sicurezza e senza discriminazioni», assicura l’europarlamentare M5S Carolina Morace.

Un milione di firme da tutta Europa, Italia in cima alla lista

La campagna “My Voice My Choice”, avviata ad aprile 2024, in circa un anno ha raccolto e superato il milione di firme necessario a presentare la proposta. L’iniziativa è partita da nove organizzazioni di otto Paesi europei: dall’Istituto 8 Marzo in Slovenia all’Associazione delle donne finlandesi “Unioni”, dai collettivi polacchi a quelli francesi di Ma Voix, Mon Choix, insieme alla Spagna con Mi Voz, Mi Decisión, all’Irlanda con il Consiglio nazionale delle donne irlandesi e alla Croazia con il collettivo croato di My Voice, My Choice.

In Italia hanno aderito oltre 50 organizzazioni italiane impegnate per i diritti civili: tra queste l’Associazione Luca Coscioni, la Casa internazionale delle donne, Amnesty, Arci e Pro-choice, rete italiana contraccezione e aborto. «Dopo il successo della mobilitazione in Italia, in cima alla lista dei Paesi per numero di firme alla pari con Francia e Germania, ora guardiamo con attenzione ai membri italiani del Parlamento Ue, che possano dare l’esempio nella tutela dei diritti delle donne e nel rendere più accessibile abortire in modo sicuro in Europa», afferma Matteo Cadeddu, co-coordinatore di “My Voice My Choice” in Italia.

I prossimi passaggi della proposta: «Ci aspetta un duro lavoro»

L’approvazione da parte della Commissione Femm non conclude l’iter della proposta legislativa, che dovrà affrontare ancora diversi passaggi: il prossimo avverrà in plenaria, cioè quando il Parlamento europeo discuterà in assemblea la proposta, indicativamente il 24 novembre 2025. Successivamente la palla passerà alla Commissione europea, che dovrà decidere se presentare una proposta di legge sulla base delle richieste dell’iniziativa o motivare pubblicamente un eventuale rifiuto. In caso di esito positivo, il testo passerebbe al Parlamento europeo per il voto e, dopo, al Consiglio dell’Unione europea.

Un percorso complesso, su cui non manca consapevolezza.
«Siamo davvero molto felici di questa vittoria perché significa che la nostra battaglia, che è la battaglia di milioni di persone in Europa, si potrà votare presto anche in seduta plenaria  – sottolinea Nika Kovač, coordinatrice di “My Voice My Choice” -.  Ci aspetta un duro lavoro fino ad allora perché dovremo convincere più della metà del Parlamento europeo a votare a nostro favore, ma promettiamo che faremo tutto il possibile per riuscirci».

Intanto, già in commissione Femm, diverse eurodeputate e rappresentanti della campagna hanno scelto di vestirsi di rosa per dimostrare unione e sostegno rispetto agli obiettivi in corsa. «On Wednesdays, we wear pink. And change history», scrivono le rappresentati della campagna dal Parlamento europeo: «Il mercoledì ci vestiamo di rosa. E cambiamo la storia».

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