
La musica come strumento per dire basta alla violenza contro le donne: l’obiettivo di Una Nessuna Centomila si rinnova anche quest’anno e chiama all’appello artiste e artisti del mondo dello spettacolo italiano per raccogliere fondi a supporto dei centri antiviolenza e promuovere il cambiamento culturale necessario per fermare i femminicidi.
Il grande evento, lo scorso 25 settembre, è arrivato per la prima volta al sud Italia: piazza Plebiscito, a Napoli, ha accolto undicimila persone. Il sold out, registrato già da settimane, ha riempito una piazza piena di luci. Da quella stessa piazza è arrivata altra luce, capace di illuminare il lavoro quotidiano di chi tutti i giorni opera per prevenire e contrastare la violenza: il progetto ha già ha raccolto 500.000 euro destinati a dieci centri antiviolenza in tutta Italia. Ogni euro è tracciato, ogni donazione trasparente: «Altrimenti la gente perde credibilità» ha detto in conferenza stampa Fiorella Mannoia, presidente onoraria della fondazione Una Nessuna Centomila. «Metto a disposizione la mia notorietà per questi eventi in cui la musica non soltanto consola, ma sostiene concretamente» ha aggiunto Mannoia, spiegando il senso profondo dell’iniziativa: unire le voci e promuovere il cambiamento utilizzando musica, teatro e cinema.
Dopo il successo delle storiche edizioni di Campovolo e dell’arena di Verona, quella a piazza Plebiscito è stata una serata capace di parlare tutti i linguaggi. Dalla musica al teatro, la “chiamata alle arti” di Mannoia ha riunito sullo stesso palco Emma, Elodie, Annalisa, Ariete, BigMama, Elisa, Gaia Noemi, Malika Ayane, Rose Villain, Paola Turci, Francesca Michielin. Ma anche Francesco Gabbani, Ermal Meta, Coez, Brunori Sas, Rkomi, Gigi D’Alessio: perché è soprattutto il riconoscimento della responsabilità maschile che serve per prevenire la violenza. «Siamo partite ed eravamo tutte donne. Poi tanti uomini si sono offerti di essere parte del nostro laboratorio artistico» ha spiegato Mannoia.
Una «chiamata alle arti» perché «la violenza fa fermata», anche con la musica
«Grazie per aver risposto alla nostra chiamata alle arti. No alle armi. Grazie per l’accoglienza. Per fare musica ma anche per far riflettere»: così Mannoia accoglie il pubblico di piazza Plebiscito. Con lei Amadeus, già parte integrante del grande evento organizzato all’arena di Verona: «La violenza è un problema che non è risolto – ha spiegato Amadeus in conferenza stampa – Dobbiamo partire dai ragazzi e dalle ragazze. E cercheremo di far passare il messaggio attraverso il pubblico di Napoli, un pubblico di artisti che è parte dello spettacolo».
E in effetti così è stato: artiste e artisti si sono uniti all’appello di Mannoia – «La violenza va fermata»– portando sul palco non solo la loro musica. Ma anche la loro storia. Quando Gigi D’Alessio nella sua Napoli intona “Filumè”, un brano inedito ispirato a Filumena Marturano, non sta cantando solo la capacità di forza e autodeterminazione delle donne. Ma sta portando in quella piazza le voci di chi oggi combatte per gridare il suo no e affermare il proprio valore.
Ogni canzone che arriva sul palco porta un messaggio che si amplifica con l’energia del pubblico. Francesca Michielin dà il nome alle cose e non teme di parlare di patriarcato. BigMama porta alla luce i problemi legati a nuove forme di violenza, come quella digitale (un tema affrontato anche al summit HeforShe, promosso da UN Women nell’ambito dell’80ª Assemblea generale delle Nazioni Unite). Elodie, invece, ricorda che «Nessuno ha il diritto di dire a un’altra persona cosa può fare e cosa no». Ariete porta la voce dei giovani e sottolinea quanto sia importante ascoltare le loro vulnerabilità. Verso i più piccoli vanno i pensieri di Brunori Sas ed Elisa che, anche attraverso il loro duetto sulle note di “Anche fragile”, hanno sottolineato l’importanza della famiglia nell’educare i bambini all’affettività. Serve fare squadra, da artisti e persone “comuni”, per fare quello che Ermal Meta ha indicato dal palco di piazza Plebiscito: assumersi la responsabilità collettiva di le problematiche del tempo che stiamo vivendo. È quello che fa Francesco Gabbani quando dal palco chiede: «Uomini, ma non vi vergognate? La risposta si dovrebbe conoscere». Oltre ai messaggi, forti e diretti, dal palco è arrivata tanta musica: i duetti inediti e le esibizioni hanno alternato canzoni di amore e resistenza a brandi di speranza e poesia. L’indimenticabile “Futura” di Lucio Dalla, cantata da Paola Turci e Malika Ayane, ha fatto sognare la possibilità di un mondo nuovo oltre le guerre. “La voglia, la pazzia”, reinterpretata da Mannoia con Gaia, ha rivendicato la gioia. Le emozioni di Noemi ed Emma sulle note di “Sono solo parole”, con Rkomi che ha aggiunto barre da “Insuperabile”, ha emozionato la piazza che non si è mai spenta ballando sulle note di “Fa strano (Lady Marmelade)” di BigMama con Gaia. In chiusura, Annalisa e Rose Villain con “Eva + Eva”, precedute da Elisa ed Elodie con “Together”, hanno salutato il pubblico con un’energia straripante. La forza delle donne insieme, dentro e fuori dal palco.

Veronica Gentili, «Quello che le donne non hanno detto per secoli, oggi lo diranno»
In mezzo a tante voci, anche quelle che non possono o non riescono a farsi sentire. «Quello che le donne non dicono, spesso non lo dicono perché pensano di non poterlo dire, di non essere autorizzate a farlo, perché hanno insegnato loro che è giusto così» afferma la giornalista e conduttrice tv Veronica Gentili nel suo monologo. Ogni parola scava nei silenzi: «Chi tace non acconsente. Semplicemente tace perché ha paura di parlare. Per secoli è stato imposto loro di non dire, di sopportare, di tacere» continua Gentili.
Il silenzio è ciò a cui le donne sono relegate nelle situazioni di violenza e, schierarsi affinché possano sentirsi sicure di parlare e denunciare, è l’invito che il monologo di Gentili rivolge a tutta la società: «Noi tutti, uomini e donne, dovremo ascoltarle, sostenerle, gridando le loro parole». Una dietro l’altra, le parole formano un mosaico di immagini e musica. Fiorella Mannoia lo tiene insieme cantando “Quello che le donne non dicono”: le parole possono cambiare. E infatti, nella versione della famosa canzone modificata da Mannoia, le donne non ti diranno sicuramente «ancora un altro sì». Ma forse. Nel riconoscimento del consenso, e nell’accettazione del rifiuto, tutta un’altra cultura: quella che non uccide, ma rispetta.
Da Napoli a Gaza, Anna Foglietta: «Se un bambino muore, muore il mondo intero»
«Oggi per vivere servono due cose: vivere per chi muore e battersi per chi non ha cuore. Oggi per campare servono più cose: una sveglia per svegliarci e l’altra per ricordarci che se un bambino piange, piange il mondo intero»: l’attrice Anna Foglietta, già presidente della onlus “Every Child Is My Child” – ha dedicato il suo monologo al genocidio di Gaza e, in particolare, ai più piccoli: «Se un bambino soffre, soffre il mondo intero. Se un bambino muore, muore il mondo intero». Il suo richiamo alla responsabilità collettiva fa appello al sentire comune, lo stesso che ha accomunato le mobilitazioni per Gaza durante lo sciopero nazionale dello scorso 22 settembre: «Oggi per campare serve morire per poi tornare a respirare e sentire che quel dolore è tuo, è mio e non c’è separazione». Foglietta, che è alla Mostra di Venezia era stata fermata insieme all’artista Laika per aver manifestato a supporto della Global Sumud Flotilla, lo ha sottolineato con le sue parole: «Oggi per campare non serve il perdono ma la responsabilità di chi cammina, spalle larghe, e guarda in faccia la verità».
Raccolti 500mila euro per «supportare i centri antiviolenza e valorizzare il lavoro delle operatrici»
Grazie al pubblico di piazza del Plebiscito, e al sostegno dei partner, sono stati già raccolti 500mila euro: a questi dovranno aggiungersi le donazioni che arriveranno, attraverso il numero solidale, durante la messa in onda del concerto su Canale 5. I fondi già raccolti saranno ripartiti tra dieci centri antiviolenza italiani – in Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Puglia, Sicilia e Sardegna – individuati dalla fondazione Una Nessuna Centomila tenendo conto dei progetti proposti dai centri, del lavoro svolto e delle loro esigenze: «Abbiamo voluto essere soprattutto al sud per aiutare i contesti con maggiore difficoltà – ha spiegato Giulia Minoli, presidente della fondazione – Interveniamo dando i finanziamenti direttamente ai centri e questo è importante: quando si passa dagli enti locali il processo si rallenta e spesso si blocca». Oltre a supportare i centri antiviolenza, Una Nessuna Centomila vuole dare più spazio e visibilità alle figure delle operatrici antiviolenza: «Abbiamo oltre 60mila donne che, ogni anno, grazie ai centri antiviolenza escono dalla violenza: lo dobbiamo al lavoro di quelle operatrici che oggi sono venute a loro spese in piazza a Napoli» ha evidenziato Minoli, concludendo: «Il lavoro delle operatrici dei centri è un lavoro che stiamo cercando di rendere sempre più visibile. Il nostro non è solo un sostengo economico ma anche un supporto per il cambiamento culturale: la violenza è un problema prima di tutto culturale. La musica è stato l’asse portante grazie a cui è stato possibile mettere in connessione chi sta sul palco con chi sta sul campo».
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