Diritti Lgbt, il festival “Agrocuir” celebra diversità e natura nella Galizia rurale

Dalla comunità per la comunità, coltivando l’orgoglio di essere chi si è e difendendo quello delle proprie radici. Il Pride, in Galizia, si svincola dai calendari e, senza uniformarsi all’ufficialità del Pride month a giugno, assume forme e modalità tutte sue: il Festival Agrocuir di Ulloa, nel comune di Monterroso, tinteggia la fine di agosto con i colori dell’arcobaleno. La bandiera Lgbt assume sfumature nuove quando incontra il verde incontrastato che pervade le zone rurali di A Ulloa, nella provincia di Lugo.

La geografia è fondamentale perché Agrocuir tiene insieme identità e territorio: essere e appartenere si muovono insieme. La storia dell’evento, unico al mondo, spiega perché. Tutto nasce dall’idea di Marta Álvarez Quintero, agricoltrice biologica originaria di Vigo: è la prima lesbica dichiarata a stabilirsi a Monterroso e arriva nel piccolo comune di circa 4mila abitanti, quasi trent’anni fa, per avviare una delle prime fattorie biologiche della Galizia. La sua Granxa Maruxa è un’oasi di benessere animale dove le mucche pascolano liberamente, ascoltano Mozart e vengono accudite con amore e cura. Nel 2014, insieme ad altri amici, Álvarez Quintero sceglie di dar vita a un evento culturale no-profit pionieristico in Spagna. «Perché dobbiamo necessariamente celebrare il Pride in città se viviamo in campagna?», racconta ad Alley Oop: da questa intuizione nasce Agrogay. In seguito ribattezzato Agrocuir, lo scorso 22 e 23 agosto ha celebrato la sua decima edizione. «Tutto è nato da un gruppo di amici – spiega ad Alley Oop l’ideatrice –. Eravamo accomunati da un obiettivo: celebrare la nostra diversità nell’ambiente in cui viviamo. Ovvero la campagna».

Celebrare l’orgoglio, Agrocuir propone un nuovo modello

Le parole danno esistenza e, il nome “Agrocuir”, non è casuale: propone un altro modello di celebrazione dell’orgoglio Lgbt, in contrasto con il modello urbano prevalente e spesso associato alla frivolezza e al consumismo. Per il collettivo Agrocuir, ciò che conta, è sentirsi ed essere liberi: di essere sé stessi, di impegnarsi per il proprio ambiente e sentirsi accettati in quello che è e dev’essere tutelato come un habitat naturale a misura di tutte le persone. Per questo motivo l’obiettivo principale dell’evento, una festa che diventa rivendicazione politica, è quello di valorizzare la diversità – di genere e di orientamento sessuale – e allo stesso tempo promuovere e difendere altri principi come la sostenibilità, il rispetto del patrimonio materiale e immateriale dei territori, la diversità sociale e naturale.

«Quello da cui Agrocuir differisce rispetto a tutti gli altri Pride è proprio il luogo dove si svolge, un campo. – racconta Marta Álvarez Quintero -. L’evento è nato così, senza la pretesa di diventare un festival: lo è diventato organicamente perché per la prima volta la diversità è stata celebrata nelle zone rurali. Le persone “diverse” che vivono qui si sono sentite riconosciute».

Spagna, tra i primi cinque Paesi europei per i diritti Lgbt: la diversità è un valore

La Spagna, insieme a Malta, Belgio, Islanda e Danimarca, è tra i primi cinque Paesi europei che tutela i diritti Lgbt: i dati della Rainbow Map – pubblicata da Ilga-Europe – vedono invece l’Italia al 35esimo posto su 49 Paesi. C’è tutto da osservare e imparare. A partire dallo sviluppo di iniziative locali che guardano alla diversità come un valore concreto, radicato nel territorio e in grado di valorizzarlo: «Per noi era importante celebrare Agrocuir nel nostro ambiente perché non dovevamo spostarci – spiega l’ideatrice –. Inoltre, poiché siamo pochi abitanti, ci interessava che arrivasse anche gente che abita fuori dal nostro paese così da far conoscer il nostro modo di vivere, che è quello che siamo. Organizzare un festival è il modo più facile per allargare il giro di amicizie e costruire relazioni».

Il “microcosmo” Agrocuir diventa così lo specchio del Paese: «È una fotografia molto chiara di come la Spagna, dopo la dittatura franchista, sia andata molto avanti negli ultimi anni da tanti punti di vista: diritti, femminismo e temi progressisti che guardano al sociale» spiega ad Alley Oop Marina García Diéguez, corrispondente Mediaset Spagna in Italia e nata a Monterroso, che aggiunge: «Anche nei posti più piccoli, come Monterroso, c’è una cultura progressista che si è instaurata a livello trasversale». La cultura guida l’azione e Agrocuir, esistendo nella sua specificità geografica, sposta il centro e lo ridefinisce: così facendo, sottolinea García Diéguez, «il festival dimostra l’importanza di creare posti sicuri anche nei piccoli centri, dove non è scontato sentirsi al sicuro e tutelati. Agrocuir dà valore a un modello di vita dove non si è costretti a spostarsi nelle grandi città per avere welfare e benefici sociali: il piccolo centro diventa un valore, dove la natura è protagonista e la minore quantità di gente offre tante possibilità di fare altre cose insieme».

Orgoglio rurale e lotte radicate nel territorio

La qualità della vita, spiega Álvarez Quintero, è uno dei motivi che ha portato diverse persone della comunità Lgbt a fare una scelta “inversa” rispetto al passato: lasciare la città per tornare al villaggio. La difesa della vita rurale, per questo motivo, si intreccia saldamente alla difesa dei diritti Lgbt: «Oltre a sensibilizzare sulla diversità di genere vogliamo difendere la biodiversità rurale», afferma. A riguardo, il festival non teme di essere politico: «Abbiamo denunciato già lo scorso anno i pericoli ambientali dell’impianto di macrocellulosa voluto dalla multinazionale Altri nella regione; abbiamo portato alla luce il tema del disboscamento degli eucalipti per difendere le foreste autoctone – specifica l’ideatrice -. Per questo motivo celebriamo sempre il festival in spazi naturali, affinché la gente che viene da fuori si renda conto che esiste un modo virtuoso di poter lavorare e vivere nel rurale. Sosteniamo tutti i tipi di cause che dipendono dall’attualità e dalle minacce in corso».

Mentre famiglie e persone di tutte le età si aggregano intorno a tavoli sociali, dove si mangia insieme portando e condividendo quello che si può, nell’intera area rurale a festa si fanno spazio tutte le istanze politiche e sociali supportate dall’evento: la presenza dei gruppi di protesta “Altri non” si oppone al progetto dell’azienda Altri di costruire un’enorme cartiera ai margini della Serra do Careòn a Lugo. Un’area che, per la sua importanza ambientale, richiede una protezione speciale. I manifesti della piattaforma “Lumes nunca màis” rispondono agli incendi devastanti che hanno coinvolto la Galizia nelle ultime settimane e chiedono al governo regionale provvedimenti strutturali sulla politica forestale.

Bandiere della Palestina spiccano tra quelle Lgbt e ricostruiscono la storia del popolo palestinese difendendo il valore della libertà: ogni tappa storica viene ricostruita in una “storyline” cartacea che attraversa il campo dove si tiene l’evento. Tutti possono leggerla.

Le istanze politiche non “guastano” la festa ma la valorizzano: tutto si muove insieme mentre, in una passerella di voguing – danza di appropriazione espressiva nata negli anni 60 della sottocultura afroamericana e latina Lgbt – alcune persone sfilano indossando abiti rigorosamente realizzati con materiali riciclati e assemblati creativamente. L’attualità si sposa con la tradizione: durante il “Cuirathlon”, torneo di giochi tradizionali che apre una giornata di festival, tutte le donne indossano il mandilón: il tipico grembiule a quadri, semplice o stampato – che si usava e si usa ancora nelle zone rurali – simbolo delle donne lavoratrici. Un omaggio e riconoscimento per le donne, in ogni occasione: durante i “cantos de taberna”, un itinerario di musica tradizionale per i locali di Monterroso, tanti uomini e donne ballano la muiñeira – danza tradizionale galiziana – indossandolo.

Identità inalterata, dimensioni ridotte: «Non si può pagare per tutto»

L’orgoglio coltivato negli anni da Agrocuir ha portato presto i suoi frutti: è diventato un appuntamento partecipato e atteso a livello regionale e non solo. In ogni edizione il numero di partecipanti aumenta, come anche le persone provenienti da altre regioni come l’Estremadura, Madrid, le Asturie, la Catalogna e altre parti del Paese. Non manca chi arriva anche da Inghilterra, Italia e Romania. Quest’anno l’organizzazione ha deciso di ridimensionare l’evento per garantire una migliore accoglienza e lasciare intatta la sua identità: budget dimezzato, meno location e infrastrutture ridotte. Non un festival di massa, ma rurale.

«Negli anni scorsi – dice Álvarez Quintero – è arrivata così tanta gente che abbiamo avuto qualche problema di approvvigionamento: siamo rimasti senza pane, senza ghiaccio. Non eravamo in grado di garantire accoglienza e posti in cui dormire per tutti. Non era sostenibile, quindi abbiamo deciso di ridurre gli spazi in modo da diminuire il numero di persone in arrivo e fare in modo che chi partecipi si senta davvero a proprio agio in uno spazio libero, che non è un agglomerato, e dove non devi pagare per tutto: per l’acqua, per l’ingresso, per il cibo. La nostra filosofia è totalmente diversa: puoi portare il tuo cibo, abbiamo punti di acqua gratuiti, puoi accedere a tutte le attività senza dover pagare». Un modo nuovo, per un mondo nuovo che riparte dalla tradizione rurale. «Il momento più speciale di questa edizione è stato, durante la performance dell’artista Nalu Vermouth, ballare e cantare insieme a tutto il collettivo – conclude Marta Álvarez Quintero –. Questo momento di condivisione ha significato celebrare un’emozione, godendo dello stare insieme, festeggiando e ballando».

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