Violenza contro le donne, in aumento i casi di allontanamento dei figli

Gli allontanamenti dei minori dalle famiglie di origine, nei casi di violenza domestica, dopo l’entrata in vigore della riforma Cartabia sono aumentati in maniera significativa : si tratta per la maggioranza di famiglie in cui l’autore della violenza è il padre, anche se in oltre l’80% dei casi la potestà genitoriale viene tolta a entrambi i genitori.

Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca condotta dall’università degli studi di Milano, in collaborazione con Rea – Reagire alla violenza ets e il tribunale per i minorenni di Milano, sui provvedimenti emessi dal tribunale, relativi alla messa in protezione dei minori ex articolo 403 del codice civile, nel periodo giugno 2022 – dicembre 2023.  Tali procedimenti, sempre secondo i dati del tribunale, sono saliti nel 2024 a quota 269, rispetto ai 245 del 2023 e nel primo quadrimestre del 2025 sono in linea al 2024 (87 contro 90).

«Bisogna limitare l’uso dei provvedimenti o ex articolo 403, nei casi  – la stragrande maggioranza – in cui si tratta di violenza agita dall’uomo nei confronti della donna o dello stesso figlio minorenne», spiega Fabio Roia, presidente del tribunale di Milano, aggiungendo che «ci sono molti strumenti precautelari che possono essere messi in atto dalla polizia giudiziaria.

Ad esempio l’arresto in flagranza, l’arresto in flagranza differita entro le 48 ore, l’allontanamento dalla casa familiare, il fermo di polizia». «Perché allontanare il bambino o la mamma e il bambino? – si chiede Roia –  Bisogna allontanare l’uomo violento». Inoltre, con l’attuazione del’articolo 403  scatta automaticamente l’affido dei minori al servizio sociale, rischiando di rivittimizzare le donne che subiscono violenza, spiega il magistrato, sottolineando l’incremento di oltre il 40% nel 2024 del numero di minori vittime di violenza assistita, segnalati dal tribunale di Milano. Un dato positivo, secondo Roia, perchè legato all’aumento delle denunce e alla diminuzione del sommerso, che «temo però sia molto alto».

L’indagine Unimi – Rea

L’obiettivo dell’indagine, realizzata dell’Osservatorio sulla violenza contro le donne dell’università di Milano – coordinato da Marilisa D’Amico – e Rea e presentata davanti a magistrati, magistrate, avvocati e avvocate,  operatori e operatrici del tribunale di Milano, è quello di esaminare i provvedimenti giudiziari che, nei casi di allegazioni di violenza di genere, allontanano i minori dal nucleo familiare. La ricerca si è mossa su due fronti: i provvedimenti emessi dal tribunale di Milano nei giudizi di separazione e i provvedimenti del tribunale per i minorenni di Milano. In particolare, per quanto concerne il tribunale per i minorenni, la ricerca si è concentrata sugli effetti pratici della riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) sull’applicazione dell’articolo 403 del codice civile, in base ai fattori  individuati da Irene Pellizzone, professoressa Unimi, Silvia Belloni, avvocata, Maria Carla Gatto, presidente del tribunale per i minorenni di Milano e Paola Ortolan, giudice del tribunale per i minorenni.

La maggioranza di madri straniere: un problema culturale

Su un campione totale di 209 fascicoli analizzati, le madri italiane rappresentano il 28,2% del totale (59), le donne straniere il 70,8%, i padri stranieri il 63,2% . Nel  33,5% le madri lavorano, mentre le donne disoccupate rappresentano il 27,8% (nel 39,7% dei casi non è stato però possibile rilevare il dato).  «Per queste donne vi è il problema di un doppio isolamento: primario, relativo alla violenza subita e secondario, sociale e culturale, legato alla scarsa conoscenza della lingua e dei servizi, quindi alla difficoltà di rivolgersi a centri antiviolenza e ai consultori sul territorio – sottolinea Roia – Quindi il nostro compito è andare da loro, attraverso la nostra rete milanese, le loro associazioni spontanee e i centri di aggregazione».

Il caso di Amina Sailouhi, la donna di origini marocchine uccisa a Settala, nel milanese, «non fa che confermare questa realtà», dice la presidente del tribunale per i minorenni, Maria Carla Gatto. L’uomo violento è stato, infatti, allontanato dalla casa familiare, vedeva la figlia in spazio neutro ma poi ha ripreso a frequentare la casa familiare.  «Bisogna intervenire prima che il comportamento violento si possa trasformare in femminicidio», aggiunge. Per fare ciò serve una corretta valutazione del rischio del soggetto che agisce violenza: «Quando accade un femminicidio quasi sempre l’evento è prevedibile, ma per fare ciò servono competenza e specializzazione: in tal senso il tribunale di Milano ha firmato un protocollo per inserire criminologi esperti tra magistrati e giudici», sottolinea Roia.

L’autore della violenza e la limitazione della responsabilità genitoriale

La ricerca mostra che in 194 casi ex 403 su 209, pari al  92,8%, sono presenti allegazioni di violenza, ovvero quelle tipologie di violenza e maltrattamento riscontrate nei vari casi presi in esame. In 148 casi, pari al 76,3%, l’autore della violenza risulta essere il padre o il partner della madre. Ma in 171 casi, pari all’86,8%, è stata disposta la limitazione della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori del minore, a prescindere dall’autore del maltrattamento. Nei restanti 26 casi, il pubblico ministero ha avviato un procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore. Trattandosi di provvedimenti recenti, nell’indagine viene precisato però che non è stato possibile valutare l’esito dell’intero procedimento.

Nel 51% dei casi il minore è stato collocato insieme alla madre presso una comunità protetta o presso la residenza di quest’ultima, in 5 casi presso il padre, in 97 casi (46%) da solo presso una comunità per minorenni, presso altri familiari oppure famiglie affidatarie.  Su un totale di 209 provvedimenti, in 135 casi l’allontanamento è stato disposto dall’ autorità di pubblica sicurezza (64,59% ); in 61 dal sindaco ( 29,19% ), in 13 dalla dirigenza del servizio sociosanitario locale (6,22%).

La tempistica per la convalida dei provvedimenti

L’articolo 403 post riforma Cartabia prevede una tempistica precisa nella convalida dei provvedimenti di allontanamento: la pubblica autorità deve infatti trasmettere entro 24 ore il provvedimento al pubblico ministero, che ha 72 ore per la convalida. Il tribunale per i minorenni ha poi 48 ore per provvedere alla richiesta di convalida. «Sono casi che avvengono quotidianamente –  spiega la giudice Ortolan – Abbiamo 48 ore per decidere se convalidare o meno il provvedimento. Quindi nel 99,9% dei casi arriviamo a disporre la convalida».

Ma la domanda è: se qualcosa nella catena non ha funzionato, se i presupposti ci sono ma non così evidenti, cosa facciamo? «Il legislatore dovrebbe ampliare i termini, per rendere concreta la verifica delle condizioni che hanno determinato l’allontanamento», sostiene Maria Carla Gatto. Per Luca Villa, procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Milano, l’esplosione dei provvedimenti ex articolo 403 è uno degli effetti paradossali della riforma Cartabia: nata con lo scopo di ridurre tali provvedimenti, per il procuratore ha prodotto l’effetto contrario.  Il motivo è la maggiore facilità con cui vengono adottati, quando si ritiene non ci siano gli estremi per l’arresto e/o ci siano esigenze di tempestività.  Tali misure andrebbero, comunque, applicate solo se riguardano entrambi i genitori, ribadiscono Roia e Gatto.

La vittimizzazione secondaria

«Nei casi di separazione e divorzio in cui sono presenti allegazioni di violenza, il nostro compito  è collegarci con gli altri uffici e accertare che le allegazioni siamo fondate o meno», precisa  Anna Cattaneo, presidente della IX sezione civile del tribunale di Milano. Cattaneo spiega che rispetto al passato c’è stato un cambio di passo e negli ultimi anni, presso il tribunale di Milano, i figli vanno in affidamento super esclusivo alla mamma nell’80/90% dei casi in cui c’è violenza domestica.

«Nelle allegazioni dobbiamo cercare di considerare anche altri tipi di violenza, non solo quella fisica – aggiunge –  dobbiamo fare una corretta valutazione del rischio».  Nel casi di violenza domestica «bisogna evitare di mettere in atto la cosiddetta vittimizzazione secondaria delle donne, considerando le madri non tutelanti nei confronti dei figli», aggiunge Maria Letizia Mannella, procuratrice aggiunta della repubblica presso il tribunale di Milano. «Capita spesso, infatti, – continua Mannella – che le donne ritirino le denunce per paura di vedersi portare via i figli».

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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.

Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.

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