
Giulia Cecchettin
«Vi parlo da papà che non si è rassegnato a un finale della storia così. Io sono fermo a quel sabato sera, perché un papà che ama non si rassegna». Gino Cecchettin parla di sua figlia Giulia, uccisa l’11 novembre 2023 da Filippo Turetta. «Una ragazza che ha fatto dell’altruismo il suo stile di vita», dice Cecchettin, che ha posto gli insegnamenti di sua figlia al centro della missione di Fondazione Giulia Cecchettin. L’obiettivo primario della fondazione è insegnare a vivere nel rispetto.
Cecchettin ha parlato alla Basilica di San Babila di Milano, con lui Alessandro Milan, giornalista di Radio24 e presidente dell’associazione “Wondy Sono Io” e Catia Caramelli di Radio24. Tema dell’incontro: la speranza.
Dal dolore alla speranza
È possibile che storie dolorose diventino un segno di speranza per gli altri? «Abbiamo bisogno di felicità per andare avanti, nonostante i dolori. L’importante è che non manchi la speranza. Poi bisogna agire», spiega Cecchettin, che cita un fatto avvenuto dopo la morte di Giulia, durante una gita al Cern di Ginevra con la classe di Davide, il figlio più piccolo, 19enne ed Elena, la maggiore. «Al ritorno, sul pullman, è partita una canzone – continua Cecchettin – Elena e Davide hanno iniziato a ballare, a muovere le braccia a tempo, a ridere. E lì ho capito: la felicità è possibile, anche per loro. Li guardavo e dicevo: hanno diritto di essere felici. Filippo mi ha portato via una figlia, non può portarmi via anche gli altri due».
Scegliere di camminare
Stessa speranza di cui parla Alessandro Milan. Sua moglie, Francesca Del Rosso, giornalista e scrittrice, è mancata nel 2016, lasciando due figli. «Francesca è morta a dicembre. Davanti a una tragedia di solito si rimane fermi, congelati. All’inizio vedevo una montagna di ghiaccio, ma a un certo punto ho scelto di camminare. Il dolore è una singolarità, lo si vive nel modo in cui si ritiene più giusto», sottolinea Milan, che continua: «Vivere nella totale positività tutto quello che accade è una scuola quotidiana, è l’esempio che mi ha lasciato Francesca». Per ricordare Francesca Del Rosso è stato istituito un premio letterario, il Premio Wondy, dedicato alla letteratura resiliente e arrivato all’ottava edizione: la finale sarà il 31 marzo 2025 al Teatro Manzoni di Milano.
Il femminicidio di Giulia uno spartiacque sulla violenza di genere
Tutto è partito da un post di Elena, sorella di Giulia, ricorda Gino Cecchettin. «È stato il vostro bravo ragazzo», scriveva Elena, riferendosi all’assassino di sua sorella, Filippo Turetta. Da quel momento il papà di Giulia ha cercato di capire, si è informato, ha cercato sul dizionario la parola “patriarcato”. E lì è iniziata la sua missione. «Dopo la morte di Giulia siamo stati travolti dall’affetto, ho percepito il bene della gente», spiega. E decide che quel bene e il bene compiuto da Giulia nei suoi 22 anni di vita non possono venire dispersi. Gino Cecchettin inizia a incontrare gli studenti e le studentesse. Una delle priorità della sua fondazione è infatti quella di introdurre l’educazione all’affettività nelle scuole. In tal senso va il protocollo firmato a gennaio con il ministero dell’Istruzione e del merito.
Ancora poca consapevolezza
Obiettivo della fondazione Giulia Cecchettin è quello di aiutare i ragazzi e le ragazze a capire il tipo di relazione che stanno vivendo. Perché c’è ancora troppa poca consapevolezza. «Giulia una settimana prima della sua morte mi diceva: papà stai tranquillo, Filippo non farebbe male a una mosca», sottolinea Gino Cecchettin, che non vuole negare il dolore, che «c’è ed è pervasivo. Ogni mattina il primo pensiero va sempre a lei. Al profumo dei suoi capelli, al ciao papino che faceva sparire tutte le fatiche». Ma vuole comunque sperare.
E se le storie hanno il potere di cambiare “la Storia”, allora queste storie sono sicuramente segnali di speranza.
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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