Diritto a (r)esistere, il viaggio di tre attiviste in Centro America per raccontare come le donne combattono il climate change

Come si intrecciano il cambiamento climatico, la disparità di genere e i diritti delle popolazioni più vulnerabili? Ad Alice Franchi (23 anni), Sara Segantin (26 anni), e Magdalene Pellegrina (19 anni) per capirlo non è bastava la teoria. Così hanno deciso di viaggiare attraverso il Centro America per raccontare attraverso i loro profili Instagram il “Diritto a (r)esistere” delle donne indigene e dei loro territori. Le tre giovani – tutte attiviste e legate a Fridays for future Italia – sono partite il 30 ottobre 2023, per tornare a fine febbraio 2024. In quei tre mesi hanno attraversato diversi Stati – dal Messico, al Belize, al Guatemala, fino a El Salvador, Hounduras, Nicaragua e Costa Rica –, incontrando diverse storie di lotta al cambiamento climatico e alle disparità sociali.

Raccontare un secolo di cambiamenti

Harriet Adams

«L’idea è nata quando abbiamo trovato un diario scritto da Harriet Adams», tra le prime donne a esplorare il Centro America nei primi del Novecento, nonché prima fotoreporter del National Geographic. «Abbiamo pensato: perché non proviamo a raccontare come è cambiata quell’area in un secolo, collegandolo alle pratiche di resistenza alla crisi climatica e all’economia dello sfruttamento delle diverse comunità e al ruolo che hanno le donne nel portarle avanti», ha raccontato Alice Franchi, una delle tre protagoniste del viaggio, ad Alley Oop.

Con l’idea di farsi narrare dai loro promotori i piccoli progetti delle zone rurali, le tre attiviste hanno iniziato a mandare mail e fare telefonate per circa nove mesi. Non sempre la comunicazione è stata semplice e spesso non ha portato risultati. «Chi ha scelto di rispondere però era entusiasta. Era come se ci dicesse: “abbiamo capito di non essere soli”», aggiunge Franchi.

A Barra de Santiago sono tornati i coccodrilli

Le storie e le persone che le tre compagne di viaggio hanno incontrato in Centro America sono tante (tutte documentate sui loro profili Instagram). Franchi ha scelto di raccontarne ad Alley Oop due. La prima si svolge a Barra de Santiago, in El Salvador, uno Stato con una situazione politica critica e bandillas criminali molto aggressive, soprattutto verso donne e bambini. La protagonista è Rosa Aguilar, «una donna che, fino a 25 anni fa, era sposata ad un uomo che non la lasciava uscire, o incontrare altre donne». A darle la forza di reagire è stata la natura: «il suo giardino affacciava per metà su una laguna piena di mangrovie e dall’altra sull’oceano. Entrambi erano pieni di rifiuti e gran parte del bosco era bruciata dai coltivatori di canne da zucchero. Gran parte degli uccelli, dei pesci e degli altri animali stava sparendo. Nonostante questo – ha spiegato Alice – proprio davanti a casa sua è andato a deporre le uova un coccodrillo». Per Aguilar è stato un segnale.

«Da allora si è impegnata a ripulire quei luoghi, riunendo in un’associazione ottanta donne. Inizialmente sono state osteggiate e addirittura picchiate, ma nonostante questo sono riuscite a far rifiorire la vegetazione e a riportare a Barra coccodrilli, pesci e tartarughe». Con molta fatica, hanno stretto accordi con i membri della comunità locale – che spesso rubavano le uova di tartaruga per rivenderle e sostentarsi – coinvolgendoli nella loro tutela e creando dei circuiti economici virtuosi. Nell’ultimo quarto di secolo sono oltre 1 milione le tartarughe nate attorno alla città. «La cosa che ricordo di più dell’incontro con Rosa, è il momento in cui ci ha portato a visitare in barca la laguna – ha detto Alice – Ha guardato le mangrovie e con gli occhi lucidi ci ha detto “nonostante tutte le difficoltà, c’è l’abbiamo fatta”».

Cosa succede a Panama dopo una decisione storica

Non tutte le storie hanno però un lieto fine e, in questi casi il racconto di “Diritto a (r)esistere” in Centro America si è trasformato in un lavoro di denuncia. «A novembre 2023 a Panama – dove si ambienta la seconda storia che Alice Franchi ha raccontato ad Alley Oop – la Corte di giustizia nazionale ha preso una decisione storica: non rinnovare i contratti minerari scaduti alle aziende che estraevano oro di rame. Ci chiedevamo cosa succede dopo che le lotte di mesi, i blocchi stradali e i sacrifici hanno successo», ha spiegato l’attivista.

Per scoprirlo, insieme a Sara e Magdalene, ha camminato «per cinque ore sotto il sole e nel fango, attraversando decine di fiumi» per raggiungere una comunità vicina a una zona mineraria, in un paesino poco distante da Panama City. La prima cosa che le tre italiane hanno notato immediatamente nel piccolo centro abitato – composto da case tutte distanti tra loro – è stata «l’aria pesante. Stavamo fisicamente male e ci sentivamo svenire». Quando, per rinfrescarsi, hanno chiesto di fare un bagno nel fiume, gli abitanti glielo hanno sconsigliato.

«Solo dopo abbiamo capito che c’erano un sacco di morti sospette, soprattutto tra i bambini, tanti dei quali non erano registrati all’anagrafe dello Stato». La responsabilità, in base a quello sono riuscite a ricostruire Alice e le sue compagne, è del mercurio utilizzato per le attività di estrazione e raffinazione della miniera e poi sversato nel corso d’acqua adiacente. I gestori – «una ditta canadese» – stanno continuando a lavorare di notte, nonostante i divieti nazionali, secondo gli abitanti del villaggio. Intanto aspettano le prossime elezioni per tornare «ad arricchirsi alla luce del sole».

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