Ribaltare la scena, prendere spazio, cantare con voce e corpo: il Festival di Sanremo non è un semplice palco. Ma una kermesse capace di mettere in scena lo “stato d’animo” del Paese: sentimenti, paure, emozioni prendono forma in poche e decisive serate – quest’anno dal 6 al 10 febbraio al Teatro Ariston – come pure “temi di discussione” che dettano il sentire comune.
“Vince una donna”: lo sostiene il sentire comune, i bookmakers, le squadre capitanate al Fantasanremo e la stampa musicale che ha già ascoltato i brani. Eppure, negli anni, il Festival non è stato uno spazio neutro o particolarmente accogliente per le donne. A trionfare o a presenziare in numero maggiore sono stati gli uomini.
“Una tradizione” anche in termini di gender gap
Era il 29 gennaio 1951 quando, dal salone delle feste del Casinò di Sanremo, il conduttore radiofonico Nunzio Filogamo dava il via alla prima edizione del Festival della canzone italiana: Nilla Pizzi trionfò per prima. Da allora, poche le vincitrici e i podi che hanno visto una equa rappresentanza di genere. Anche quest’anno le cantanti in gara sono solo 9: Loredana Berté, Rose Villain, BigMama, Annalisa, Fiorella Mannoia, Angelina Mango, Fiorella Mannoia, Alessandra Amoroso. A loro si aggiunge Clara, la prima vincitrice di Sanremo Giovani in 15 anni (prima di lei l’ultima era stata Arisa nel 2009).
Un gap ben visibile e sottolineato dallo stesso vincitore dello scorso anno, Marco Mengoni, che se ne era rammaricato sul palco dell’Ariston: “Ci sono rimasto molto male che nella cinquina non ci fosse nemmeno una donna. In questo Paese devono cambiare ancora molte cose” aveva commentato. Ciò nonostante, quando ci sono state, le donne sono sempre riuscite a fare la differenza nella differenza. Dimostrando, con la loro presenza, un modo “altro” di stare sul palco: abitandolo. Con la musica e il corpo che, in molte occasioni, ha sovvertito il suo essere oggetto di giudizio altrui ed è diventato potente strumento di autodeterminazione.
Anche negli anni precedenti al 2023 non è andata meglio in termini di divario di genere: secondi i dati raccolti da Dataninja – elaborati analizzando il numero di conduttori e di conduttrici, di co-conduttori e co-conduttrici, di direttori e di direttrici artistiche e degli artisti e artiste in gara- la presenza delle donne nel corso di tutte le edizioni del Festival nei vari ruoli considerati si attesta al 29%.
Le donne che hanno condotto Sanremo sono il 20%, tra queste sono solo 6 ad averlo fatto senza avere un uomo a fianco. La co-conduzione, invece, è quasi tutta al femminile: il 79% della co-conduzione di Sanremo è stata affidata alle donne. La conduzione è quasi totalmente maschile, le donne vengono scelte in maggioranza per affiancare: anche quest’anno, il direttore artistico e conduttore Amadeus sarà affiancato. Si parte con il vincitore del Festival 2023 Marco Mengoni nella prima serata, la cantante Giorgia nella seconda, l’attrice Teresa Mannino nella terza, Lorella Cuccarini nella quarta e Fiorello per la serata finale.
La direzione artistica, affidata per il quinto anno consecutivo ad Amadeus, rimane un altro spazio di esclusiva maschile: si conta una sola donna alla direzione artistica di Sanremo, dal 1951. Anche in questo caso, condivisa con due uomini (nel 1997 Carla Vistarini accanto a Pino Donaggio e Giorgio Moroder).
Le donne sono meno talentuose?
Nonostante la tradizione italiana abbia straordinarie artiste che hanno fatto la storia della musica, le donne nella musica sono meno degli uomini, vengono pagate di meno e ricoprono ruoli minori: come emerge dal rapporto “Gender Gap nella scena musicale italiana” presentato da Spotify durante la Milano Music Week 2021, le donne rappresentano il 14,1% del totale delle artiste presenti nelle classifiche ufficiali della musica in Italia. In proporzione, è presente 1 artista donna ogni 4,1 uomini. Un gap, questo, che va riducendosi negli ultimi 4 anni nel mondo degli artisti più giovani e under 30, dove la proporzione uomo-donna diventa di 3,4 contro 1.
Il divario tra donne e uomini è notevole anche se si considera il numero di tracce e album nelle classifiche. Per ciascuna traccia di una artista donna in classifica singoli, se ne rilevano 6 di artisti uomini; per quanto riguarda gli album, il rapporto è di 1 contro 4,6. L’età media delle donne italiane presenti in classifica è di 37 anni, 8 anni in più rispetto a quelle internazionali e 3 anni in più rispetto agli artisti uomini.
Le donne sembrano anche essere meno coinvolte degli uomini nelle collaborazioni musicali: tra i progetti di artisti uomini, solo il 15% dei titoli vede la presenza di una voce femminile (uomo+donna). Inoltre, il 77% delle collaborazioni proposte dalle artiste è con uomini.
L’origine culturale del gender gap
Il problema è prima di tutto culturale e – come sottolineato in occasione della presentazione del report di Spotify da Dario Giovannini, vice president di PMI – Produttori Musicali Indipendenti – “nella musica e nell’arte in generale, il punto di vista femminile è meno sdoganato, meno popolare, e non ha avuto le stesse opportunità di essere ascoltato rispetto a quello maschile”.
La narrazione maschile ha sempre prevalso e a pagarne il prezzo è l’immaginario femminile che, invece, deve rappresentare qualcosa di già conosciuto e incasellarsi dentro una narrazione predefinita dagli uomini. Come testimonia un’indagine di Nuovo Imaie del 2020, anche se in Italia le donne che hanno un ruolo da artista principale o frontwoman sono poche (meno del 9,5% del totale), generano un valore economico più che doppio rispetto a quello dei colleghi maschi, e addirittura più che triplo nella fascia 18-34 anni. Non solo le donne ad essere meno talentuose ma il mondo discografico ad essere ancora molto maschile.
Di conseguenza sono tantissimi i fattori socio-culturali e politici che muovono la scelta dell’avanzamento di un’artista all’interno dell’industria musicale.
Si giustifica l’assenza delle donne con una mancanza di talento femminile ma si tratta di una percezione distorta perché il talento, quando c’è, non ha sesso: il punto, dunque, ancora una volta sono le barriere invisibili all’ingresso. Chi occupa posizioni di potere condiziona i modelli e gli standard di riferimento.
Donne nelle musica: meno visibili, più vessate
Oltre ad essere meno e a emergere meno, le donne nella musica sono spesso anche più vessate: è quanto si evince dal recente questionario sulla violenza di genere condotto dall’associazione Equaly con l’aiuto della sociologa Rebecca Paraciani, che ha visto rispondere decine di professioniste del settore musica (artiste, addette stampa, foniche, discografiche, giornaliste, critiche, manager, promoter). I dati raccolti finora (l’indagine è ancora aperta) evidenziano che ben l’83% dichiara di essere stata discriminata sul lavoro almeno una volta in quanto donna. Il cambiamento, anche nella musica, non può che partire dalla cultura.
Le donne sul palco di Sanremo, cosa aspettarsi in questa edizione
“Io cammino nella giungla con gli stivaletti a punta” canterà quest’anno Loredana Bertè con la sua “Pazza”. “Mi chiamano con tutti i nomi, tutti quelli che mi hanno dato e nel profondo sono libera, orgogliosa e canto” intonerà Fiorella Mannoia sulle note di “Mariposa”. Un brano di orgoglio femminile che “io vedo come un manifesto – ha detto la cantante – poi non so se lo diventerà”. Le donne a Sanremo non sono da considerarsi “categoria protetta” ma voci e personalità libere che sanno raccontare quello che non viene raccontato a partire da sé e scardinando “i nomi che sono stati dati”.
Lo faranno in modo ancora diverso Clara, vincitrice di Sanremo Giovani; Alessandra Amoroso, seconda donna dopo Laura Pausini a conquistare San siro e al suo esordio sanremese; Emma Marrone, che nell’edizione 2022 del Festival scelse Francesca Michielin per “farsi dirigere” non risparmiandosi nel mostrare con le mani il simbolo di protesta e liberazione femminista direttamente dal palco; Angelina Mango, al suo primo Sanremo e capace di dare una voce inedita alla GenZ con grande carisma e piglio. Lo stesso che aveva messo in campo per denunciare pubblicamente sui social la sua paura di uscire da sola di casa che la accomuna a tante ragazze.
Annalisa, la prima donna a rimanere più di un anno nella classifica Fimi/Gfk con il singolo “Bellissima”, arriva a Sanremo con “Sinceramente”: una canzone che, a dispetto del facile stereotipo per cui le donne non possono che parlare di buoni sentimenti, mette al centro la voglia di essere liberi e la necessità di essere accettati per la propria personalità.
La cantautrice e rapper Rose Villain, invece, con “Click boom!” racconta “le mie due anime: quella fragile e quella più ambiziosa. Dal rap arriva anche BigMama con “La rabbia non ti basta”: due percorsi artistici che dimostrano come il rap, e gli stessi valori dell’hip pop, nascono per dare voce alle voci marginalizzate e possono rappresentare anche le lotte per i diritti delle donne (basti pensare ad artiste come Akua Naru, Sara Hebe, Keny Arkana, Ana Tijoux). Sarà davvero l’anno delle donne? Il cambiamento culturale serve e, se a guidarlo è anche la musica, il ritmo può farsi più andante.
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