La disabilità mi insegna a non sprecare il tempo: la storia di Francesco Murano

Io non sono e non sarò mai la mia malattia.

Francesco Murano, conosciuto come Ciosco sui social, è un ragazzo di 23 anni, che 3 anni fa ha visto la sua vita stravolgersi: la stomia è diventata parte della sua quotidianità. Un intervento che gli ha permesso di gestire il morbo di Crohn, malattia cronica infiammatoria contro cui combatte ogni giorno. Cisco oggi testimonia la sua vita per sensibilizzare quel mondo ancora poco conosciuto delle malattie invisibili. E lo fa con una naturalezza e una positività che raggiunge il cuore delle persone.

Da dove deriva il soprannome di “Ciosco”?

Questa è una domanda che non mi ha fatto mai nessuno (dice ridendo Francesco ad Alley Oop). È un nome che mi è stato dato da una cara amica di mia sorella e mi è rimasto impresso perché, nonostante mi siano stati dati diversi soprannomi nel corso degli anni, questo è l’unico che si distingueva dalla massa. Quando anche mia sorella ha iniziato a chiamarmi così, ho capito che “Ciosco” sarebbe rimasto e così l’ho usato sui social. A differenza però di altri creator che interpretano un personaggio, io mostro al 100% la mia situazione di vita, con tutti i suoi pro e contro.

Che cosa provoca il morbo di Chron di cui sei affetto?

Il morbo di Crohn è una malattia cronica intestinale e fa parte delle MICI (acronimo che sta per Malattie infiammatorie croniche intestinali). Le MICI sono principalmente due: la rettocolite ulcerosa e il morbo di Crohn. Sono entrambe malattie autoimmuni, non genetiche, delle quali ancora non hanno trovato una causa certa. Si chiamano autoimmuni perché è proprio il nostro corpo che danneggia se stesso provocando una forte infiammazione intestinale. La differenza tra le due malattie è che il morbo di Crohn colpisce tutto il tratto digestivo, dalla bocca alla zona del retto. Al momento non esiste una cura definitiva per queste due malattie perché i loro effetti sono estremamente variabili da persona a persona.

Il morbo di Crohn, per la maggior parte dei casi, si può tenere sotto controllo con terapie basilari come una modifica della propria alimentazione o grazie all’assunzione di farmaci come gli immunosoppressori. Nelle manifestazioni più refrattarie come può essere la mia, invece, vengono utilizzati i cosiddetti farmaci biologici, che vanno a inibire le difese immunitarie per portare alla remissione della malattia. Nel mio caso, ho provato tutti i biologici che ci sono in commercio e nessuno ha funzionato. Adesso sto continuando ad assumere l’ultimo che mi hanno prescritto nella viva speranza che possa ottenere dei risultati.

Che cos’è una stomia?

Esistono due tipi di macrostomie intestinali e un tipo di stomia urinaria. Quest’ultima è detta urostomia, da cui appunto fuoriesce l’urina, mentre le altre due sono: la ileostomia, da cui fuoriesce l’ileo, e la colostomia, dalla quale fuoriesce invece il tratto del colon. La mia stomia, per definizione, è un piccolo tratto di intestino che fuoriesce sull’addome grazie a una apertura che è effettuata chirurgicamente. L’intestino viene cucito all’addome e dopo del tempo si salda per permettere la fuoriuscita degli effluenti nel sacchetto esterno.

Perché portiamo il sacchettino? Non è soltanto una questione igienica; il motivo principale è che dopo la stomia non è più possibile controllare il transito degli effluenti. Mentre, in una situazione ottimale, è presente lo sfintere che con i suoi muscoli trattiene gli effluenti, nella stomia manca questa componente. Nell’ileostomia, poi, la fuoriuscita è più veloce perché il tratto intestinale è più corto e si può arrivare a scaricare anche più volte al giorno.

Perché è ancora un tabù?

È ancora un tabù perché da quando ho scoperto e mi sono messo in gioco sui social, ho capito che ci sono tantissime persone che vivono con la stomia, permanente o temporanea. Generalmente molti conoscono la stomia dalle storie di familiari o amici più adulti (si pensi che cause di stomia possono essere incidenti, tumori o appunto un peggioramento di malattie infiammatorie che colpiscono una popolazione più anziana), ma ci sono anche tantissimi che hanno la stomia e non ne parlano per un grande senso di vergogna.

La tendenza è quella di nascondersi, soprattutto in luoghi pubblici come può essere una spiaggia al mare. Ciò mi dispiace perché significa che si stanno privando anche delle piccole gioie quotidiane. Ricevo molti messaggi di ragazzi che si vergognano per una questione estetica e io cerco sempre di spronarli a vivere tutto con grande serenità. Forse, la vergogna del mostrare il sacchetto risiede soprattutto nel suo contenuto, di cui è difficile e imbarazzante parlare. Credo che è e rimarrà ancora per un po’ un tabù.

Quali sono stati i primi pensieri e le prime emozioni quando hai saputo di dover affrontare l’intervento chirurgico per la stomia?

Mi sono ritrovato più che impaurito, disorientato perché non avevo idea di che cosa volesse dire vivere con una stomia. Quando poi sono andato a cercare informazioni in internet, ho trovato un video di un altro ragazzo con la stomia e in quel momento, sì, ho provato paura. Le domande continuavano a formarsi nella mia testa: è questo ciò che mi succederà? Cosa gestirò questo cambiamento? Cosa vuol dire avere un sacchetto? Cosa significa concretamente avere un adesivo permanente sulla pelle?

Lo spavento era dettato dal non conoscere niente di quel mondo, avevo anche paura di provare dolore, sebbene il chirurgo tentasse in tutti i modi di rassicurarmi. Avevo vent’anni e sicuramente le priorità erano altre. Ma sono fiero di aver affrontato tutto e anzi, adesso, mi stranisce vedere delle foto in cui non ho la sacca.

La salute mentale è importante, come ricordi sui social: come hai superato i pregiudizi e l’ignoranza legata al mondo della disabilità per ottenere quella libertà di esprimere chi sei davvero?

La salute mentale gioca il 99% della salute del nostro corpo. Se non abbiamo noi stessi le idee chiare su cosa siamo chiamati ad affrontare, ci sentiamo spaesati, persi. Ricordo ancora perfettamente il mio intervento di stomia. Nei primi 8 giorni, durante i quali la ferita chirurgica si deve rimarginare e i tessuti sono gonfi e infiammati, il transito delle feci e dell’aria intestinale era estremamente compromesso. È stato il momento più difficile della mia vita, a livello psicologico. Non riuscivo a muovermi dal dolore lancinante, non mi alzavo dal letto e la domanda che mi torturava la mente era: non riuscirò più a fare niente?

Successivamente, abbiamo capito che la stomia aveva un piccolo blocco, che i medici hanno risolto inserendo una cannula nel foro. A quel punto, ricordo ancora la scena, mi furono tolti due litri e mezzo di effluenti e il masso che sentivo gravarmi sulla schiena andò via. Una sensazione di leggerezza mi avvolse e capii che il peggio era finalmente passato.

Ho anche seguito 3 sedute da uno psicoterapeuta, poi ho reagito autonomamente. Ho iniziato a stare bene, a registrare dei video della mia quotidianità con la stomia e a caricarli sui social nel dicembre 2020 e ho trovato una grande community di sostenitori. Un mio video è diventato virale, con 4 milioni di visualizzazioni, e tante persone hanno iniziato a conoscermi, a supportarmi, a scrivermi. La forza e il calore che ho ricevuto, insieme al sostegno primario della mia famiglia e dei colleghi di lavoro, mi hanno dato l’energia di affrontare la tematica e di iniziare a parlarne. Anche i prodotti stessi che si usano per gestire la stomia mi hanno rassicurato molto.

Secondo te, perché c’è ancorauno stigma intorno alle disabilità invisibili e cosa può fare la società per abbracciare l’inclusione?

Siamo immersi in una società che vuole subito raggiungere un risultato visibile, altrimenti le persone ti prendono per “ciarlatano”. Se la disabilità è invisibile, come può essere il dolore che provoca il morbo di Chron, vieni stigmatizzato come il collega che non vuole lavorare, che non ha voglia, che accampa scuse. Ecco, se la disabilità è invisibile, molte volte la gente crede che tu stia mentendo. Per esempio, mi accorgo che quando parcheggio la macchina nel posto riservato ai disabili attiro sempre qualche occhiata di disappunto da sconosciuti e nonostante la disabilità interessi molti nuclei familiari, c’è ancora chi continua a pensare in base ai pregiudizi.

Come poter cambiare mentalità? Io sto facendo la mia parte attraverso i social, parlando e mostrando la quotidianità della malattia. Sto sensibilizzando al fatto che una disabilità dapprima invisibile, adesso è diventata visibile per la sacca. C’è stato un passaggio, ed è questo ciò che voglio far capire: la disabilità può cambiare nel tempo. I social mi servono non solo per sensibilizzare, ma anche per arrivare al cuore delle persone e modificare il loro comportamento: non bisogna giudicare a primo impatto.

Sul tuo canale Instagram ci sono molti video riguardanti l’attività fisica: si può praticare sport con una stomia? Quali accortezze occorrono?

Assolutamente sì, si può praticare sport. Anzi, viene consigliato da figure mediche come chirurghi, fisioterapisti e stomaterapisti perché lo sport ha un grande impatto benefico sulle malattie croniche. Ovviamente, però, è necessario capire il livello di sforzo fisico da cui partiamo e che possiamo sostenere, per non cadere vittima di incidenti spiacevoli. Gli stomaterapisti sono appunto quelle persone che possono aiutare, grazie a degli appositi programmi di recupero della forza e tonicità muscolare.

Come affronti oggi la tua diversità e qual è il messaggio che vuoi lanciare?

Non la tratto come una diversità. È vero, ho una disabilità ufficialmente riconosciuta, ma la affronto come una persona che non è definita soltanto in base alla sua patologia. Non mi privo delle mie esperienze e forse, dall’intervento di stomia, ho imparato ad apprezzare ogni singolo momento.

Il messaggio che voglio lanciare è questo: “noi abbiamo due vite: la seconda iniziamo a viverla quando effettivamente scopriamo di avere una vita sola”.

Non voglio più perdere tempo. Per fortuna l’ho capito a 23 anni, ma tutto il tempo che ho sprecato prima? Ho dovuto comprendere questa lezione solo dalla malattia? Non aspettate niente, la miglior cosa che possiate fare è vivervi intensamente ogni singolo giorno. Il momento giusto è adesso.

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