Migranti: oltre 6 milioni di arrivi nel 2022 nei Paesi Ocse

Nel 2022 le migrazioni verso i 38 membri dell’Ocse, club di Paesi abbienti nato dal Piano Marshall, hanno raggiunto livelli “senza precedenti, ma le performance economiche dei migranti migliorano sempre di più, in particolare il loro tasso di occupazione. A brillare sono soprattutto le donne migranti, il cui apporto riduce i divari di genere in diversi Stati membri.

I trend sono emersi dall’International Migration Outlook 2023 dell’organizzazione con sede a Parigi: nel 2022 la migrazione di tipo permanente verso i Paesi membri è aumentata del 26% nel 2022 rispetto al 2021 e i dati preliminari del 2023 “suggeriscono un ulteriore aumento“. Si sono registrati oltre 6 milioni di nuovi immigrati permanenti (esclusi i rifugiati ucraini), un livello “record”.

Quale migrazione

La migrazione familiare è rimasta la principale categoria di ingresso per i nuovi migranti di tipo permanente, rappresentando il 40% di tutta la migrazione permanente, mentre la migrazione gestita per manodopera e la mobilità libera rappresentano entrambe il 21% ciascuna. I principali Paesi di origine dei richiedenti asilo all’interno dell’Ocse nel 2022 sono stati Venezuela (221mila), Cuba (180mila), Afghanistan (170mila) e Nicaragua (165mila).

Più di un Paese Ocse su 3 ha registrato i livelli più alti da almeno 15 anni, con diversi Stati, come il Canada e il Regno Unito, che hanno riportato i dati più alti mai registrati. Anche la migrazione temporanea di manodopera, soprattutto di tipo stagionale, ha registrato un “forte aumento”. Il numero di ammissioni di studenti internazionali ha sfiorato per la prima volta i 2 milioni.

Dagli oltre 6 milioni sono esclusi i flussi dall’Ucraina. Nel giugno 2023 si contavano circa 4,7 milioni di ucraini sfollati nei Paesi Ocse a causa della guerra. Germania, Polonia e Stati Uniti ospitano il numero più alto di rifugiati dall’Ucraina in termini assoluti, mentre Estonia, Repubblica Ceca e Lituania hanno ricevuto il numero più alto in termini di percentuale sulla popolazione.

Anche le domande di asilo nell’Ocse hanno raggiunto livelli record nel 2022. Oltre 2 milioni di nuove domande sono state presentate nei Paesi Ocse nel 2022, il numero più alto registrato finora, ben al di sopra del precedente record del 2015/16 di 1,7 milioni e il doppio del livello del 2021. L’aumento è stato in gran parte determinato dall’impennata delle domande negli Stati Uniti, 730mila, rispetto a meno di 190mila nel 2021. Nel frattempo, anche le acquisizioni di cittadinanza nei Paesi dell’Ocse hanno raggiunto un nuovo massimo nel 2022, a 2,8 milioni, secondo dati preliminari.

Lo svantaggio delle madri immigrate

L’Ocse rimarca che, in più della metà dei Paesi membri, il tasso di occupazione dei migranti è il più alto da oltre due decenni. Le madri immigrate, per gli economisti Ocse, hanno uno svantaggio sproporzionato, sia rispetto alle donne immigrate senza figli, sia rispetto alle loro coetanee autoctone. In media il divario nei tassi di occupazione tra le madri immigrate e quelle autoctone è di 20 punti percentuali.

I risultati raggiunti sul mercato del lavoro degli immigrati sono “ai livelli più alti dall’inizio del millennio“: tra il 2021 e il 2022, il tasso di occupazione dei migranti è migliorato in tutti i Paesi Ocse, tranne che in Polonia, che ha registrato elevati afflussi di rifugiati dall’Ucraina, e ha toccato il record storico considerando l’insieme dei Paesi. Si è verificato un miglioramento “particolarmente forte” nei risultati sul mercato del lavoro delle donne migranti, “diminuendo il divario di genere in diversi Paesi“.

La carenza di manodopera

Alla luce del crescente fabbisogno di manodopera, la migrazione di manodopera è in cima all’agenda politica, osserva l’Ocse, mentre i trend nell’integrazione sono stati caratterizzati dai bisogni specifici dei rifugiati provenienti dall’Ucraina. Gli aumenti registrati sia nella nuova migrazione di manodopera che nel tasso di occupazione dei migranti residenti sono legati al fatto che molti Paesi dell’Ocse hanno “carenza di manodopera“, sottolineano gli esperti dell’organizzazione parigina, cosa che ha portato la migrazione di manodopera in cima all’agenda politica. Diversi Paesi, tra cui Australia e Germania, stanno pianificando cambiamenti significativi nei loro quadri sulla migrazione per forza lavoro, mentre altri hanno aumentato i loro obiettivi per la migrazione per forza lavoro.

La stretta di alcuni Paesi

In reazione al numero record di richiedenti asilo, all’aumento delle uscite dai Paesi di origine e ai movimenti attraverso i Paesi di transito, diversi membri dell’Ocse hanno introdotto politiche più severe in materia di asilo e frontiere e quote ridotte per il reinsediamento. Approcci temporanei, senza un percorso diretto per la residenza permanente o a lungo termine, vengono sempre più applicati per far fronte alle esigenze di protezione.

Allo stesso tempo, si registra anche una tendenza verso una maggiore diversificazione delle risposte in materia di protezione internazionale e ammissione umanitaria, anche attraverso nuovi percorsi complementari, come programmi di sponsorizzazione privata e percorsi di lavoro e istruzione per i rifugiati. Gli sviluppi nelle politiche di integrazione sono stati segnati dalle sfide derivanti dal massiccio afflusso di rifugiati dall’Ucraina, con una percentuale “sproporzionata” di donne altamente istruite con bambini piccoli.

Questo, osserva l’Ocse, ha esacerbato alcune tendenze precedenti, in particolare una più ampia considerazione dei bisogni specifici delle donne e delle madri nella politica di integrazione, nonché miglioramenti nelle procedure per il riconoscimento delle qualifiche estere. Il comportamento riproduttivo delle migranti, osserva l’Ocse, svolge un ruolo piuttosto limitato nelle dinamiche della popolazione. Sebbene le donne migranti tendano ad avere più figli rispetto alle coetanee autoctone, il loro tasso di fertilità totale è ancora inferiore al tasso di sostituzione (2,1 figli per donna) nella maggior parte dei Paesi Ocse. Le preferenze individuali e culturali sono spesso citate come i principali ostacoli alla loro integrazione nel mercato del lavoro, ma l’evidenza suggerisce che le donne migranti non scelgono volontariamente l’inattività. Le madri migranti segnalano anche livelli più elevati di sottoccupazione e di lavoro part-time involontario.

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