Settembre è il periodo in cui ci si prepara ad una nuova ripartenza. Nel lavoro e nella vita privata. In tutto questo, tra impegni quotidiani e rimandati, progetti conclusi e sogni da realizzare, i social media occupano una fetta spesso troppo ampia del nostro tempo. A tal punto, a volte, da chiederci se valga la pena continuare ad utilizzarli o no. In una recente inchiesta pubblicata sul Washington Post, si racconta di un gruppo di trentenni americani stanchi dell’utilizzo di queste piattaforme. Una storia, la loro, non così singolare; ma che apre a una riflessione che dovremmo fare tutti i giorni.
I fatti: il gruppo di amici entra a far parte di Myspace nel 2005. Poi Facebook nel 2009. Twitter nel 2011. LinkedIn nel 2012. Instagram e Snapchat nel 2013. TikTok e Reddit nel 2022. Clubhouse tre mesi fa. E a pochi minuti dall’intervista, si sono aggiunti Spill e Threads, il nuovo “Twitter” di Meta: “Non vogliamo sentirci esclusi – hanno detto i Millennials – ma vogliamo comunque essere al corrente di ciò che succede e delle tendenze. Ecco perché scarichiamo le App”.
Perché ci si stanca dei social media?
Alla base della stanchezza generale nei confronti dei social media, c’è il desiderio di partecipare attivamente all’ultima novità del momento. Ma per Laura Bright, professoressa di Analisi dei Media all’Università del Texas, c’è una motivazione in più: “Cinque anni fa la stanchezza dei social media significava solo avere le home invase da contenuti di una sola tipologia. Oggi, invece, si è sopraffatti sia dalla quantità di applicazioni disponibili che dalla diversità dei contenuti offerti”.
La maggior parte dei Millennials (o Generazione Y) come il gruppo intervistato dal Washington Post, ha un percorso Internet disseminato di profili social media attivi e inattivi: “La sensazione più forte – hanno dichiarato – è quella che ogni giorno esca una nuova App. Trascorriamo le giornate e fissare i nostri laptop, smartphone e iPad. E rabbrividiamo ogni volta che riceviamo dal nostro iPhone il rapporto settimanale sull’uso del device”.
Meno tempo sulle App e più nella vita
La fatica nasce anche dal fatto che sempre più utenti si sono trovati a dover gestire la loro presenza su una media di sei piattaforme. Questo perché anni e anni di utilizzo “sfrenato” hanno accresciuto le loro aspettative, come ha sottolineato Zizi Papacharissi, professore di Comunicazione e Scienze Politiche dell’Università dell’Illinois (Chicago): “Quando un’App dopo l’altra è un’imitazione o una delusione, la stanchezza degli utenti aumenta. Non si tratta solo di fatica dell’utente nel creare profili e mantenerli attivi, ma anche verso le piattaforme in generale. A meno che non ci sia una novità eclatante nell’App – ha concluso – è normale che le persone si sentano stanche”.
L’inchiesta del Washington Post ha messo in luce anche un altro aspetto, ovvero il pensiero comune degli intervistati di aver paura di non saper più conversare: “Non abbiamo paura di perdere il divertimento – hanno dichiarato – quanto le conversazioni. Perché parlare con gli altri vuol dire ampliare la propria cultura. E ne abbiamo bisogno”. Insomma, non ci sono scappatoie. Per invertire la rotta dobbiamo cambiare l’approccio attuale ai social media e renderlo più positivo. Ma come?
Sviluppare il senso critico
Non esiste nessuna regola che ci obblighi a dover essere presenti ovunque e/o a postare continuamente. E siccome la sfilza di App social non mostra segni di rallentamento, occorre andare avanti sviluppando un senso critico verso ogni piattaforma. L’obiettivo comune al quale dobbiamo puntare è quello di utilizzare i social al meglio ma senza farci “usare” da loro. Quando valutiamo di aprire un nuovo account, dobbiamo porci 5 domande fondamentali:
1) Quali dati stiamo fornendo?
2) Quanto tempo mi sottrarrà l’utilizzo del nuovo social oltre a quello che già impiego per gli altri?
3) Quanto tempo mi servirà per apprendere tutte le sfumature della App?
4) Mi serve davvero questo social o ne posso fare a meno?
5) l nuovo social ha una audience compatibile con la mia?
I social media influenzano anche il consumo delle notizie
Proprio all’inizio dell’estate, il Reuters Institute for the Study of Journalism di Oxford ha pubblicato la sua revisione annuale sulle tendenze di consumo delle notizie in rete. Un rapporto che, per molti versi, riflette anche abitudini più ampie di utilizzo dell’online. E che quindi tocca tante sfumature che possono essere utili a capire verso dove si sta andando. Ed eventualmente, a cambiare rotta.
Il documento ha incluso le risposte di quasi 100mila utenti Internet di 52 nazioni, oltre a tantissime analisi approfondite come, per esempio, le tendenze sul coinvolgimento delle notizie, le opinioni delle persone sull’interferenza degli algoritmi, il pregiudizio, la critica dei media, etc.
Tra i risultati più interessanti del report inglese, c’è quello sul ruolo dei social media come fonte preferita da cui attingere notizie, rispetto alla normale prassi che dovrebbe privilegiare l’accesso diretto degli utenti ai siti web e App delle testate giornalistiche (fonti primarie di informazione). Questo effetto è maggiormente pronunciato nei gruppi di persone con età inferiore ai 24 anni, molto più propensi a fare affidamento alle piattaforme social per ottenere notizie dal proprio Paese e dal mondo. I dati mostrano un andamento che varia significativamente in base alla geografia. Asia, America Latina e Africa, per esempio, preferiscono maggiormente le App, mentre Paesi come Tailandia, Filippine, Cile e Perù tendono a consultare siti come Yahoo per rimanere aggiornati. Neanche a dirlo, invece, Paesi come Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia hanno il primato di accesso diretto ai siti web di informazione primaria (testate giornalistiche accreditate).
La stanchezza da social media cambia le abitudini di utilizzo
Ma il report mostra anche un altro dato interessante che si collega a quanto scritto inizialmente sulla stanchezza da social media, ovvero l’evoluzione delle abitudini di utilizzo. In particolare, nella fascia di età che abbraccia le Generazioni Y e Z.
L’utilizzo di Facebook e Instagram mostra un calo (anche se rimangono comunque molto popolari), mentre TikTok e WhatsApp sono in crescita. E l’utilizzo di Snapchat e Twitter (oggi X) rimane relativamente stabile anche dopo l’acquisizione dell’App da parte di Elon Musk.
La crescente influenza di TikTok come intrattenitore chiave è stata ben documentata, mentre l’ascesa di WhatsApp riflette la più ampia tendenza ad allontanarsi dalla condivisione pubblica, con gli utenti ora molto più inclini a pubblicare contenuti in gruppi privati più piccoli, invece di sottoporsi a potenziali controlli e giudizi condividendo sul feed dei principali social a cui sono iscritti.
Insomma, a livello globale sembra che le persone non stiano cercando più di pubblicare i propri pensieri e opinioni al ritmo di una volta, a causa del timore di possibili conseguenze che un post o un pensiero possa scatenare tra la propria audience. Perdita di fascino? Probabile. O forse (si spera), è più una presa di coscienza degli svantaggi che possono derivare da un utilizzo distorto delle piattaforme. Chi vivrà vedrà Nel frattempo, cerchiamo di concentrarci sul nostro quotidiano provando ad utilizzare i social media per far passare messaggi positivi, inclusivi e che possano stimolare il pensiero critico della nostra rete di contatti. Un clic alla volta.
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