Adolescenti in crisi, tra ansia ingestibile e incapacità di scegliere

Una ragazza poco tempo fa mi diceva: “Devo iscrivermi all’università, mi piacerebbe fare Farmacia, ma c’è un test d’ingresso e sicuramente non lo passerò, ho troppa ansia, però potrei fare anche biologia, che non ha il test d’ingresso, ma non mi piace tanto, allo stesso tempo ho l’ansia di deludere i miei, che avrebbero voluto facessi Medicina, e non è tanto che non mi piace eh, ma secondo me è troppo difficile… poi in realtà la cosa che mi piace di più fare e che mi viene meglio è suonare, suono un sacco di strumenti da quando sono piccola e suonare mi rende felice”.
Io replico: “Ma non hai pensato al Conservatorio?
Lei mi guarda come se venissi da Marte, e mi dice: “N-no, in effetti no, sarebbe bello però.. tanto non si trova lavoro come musicisti, lo dicono tutti, poi sai che ansia, meglio di no”.

E’ indubbio che un numero crescente di ragazzi e ragazze stia vivendo un periodo che li vede fronteggiare l’ansia, in varie sfumature. Diverse ricerche nazionali e internazionali, negli ultimi mesi, hanno evidenziato questo fenomeno e hanno cercato di sensibilizzare gli adulti su possibili soluzioni. Nei nostri studi di psicoterapeuti, in effetti, accogliamo sempre più ragazzi in preda a stati di ansia e depressione: in particolare è proprio l’ansia a risultare molto pervasiva, la vediamo declinarsi in forme più lievi o in alcune gravemente invalidanti, quando si costella cioè in un vero e proprio disturbo che impedisce alla persona di adempiere ai normali compiti della vita (a volte i ragazzi smettono di andare a scuola e/o di uscire con gli amici, operando quello che si definisce un vero e proprio ritiro sociale).

Dai social, alla guerra, ai genitori onnipresenti: le radici dell’ansia

Alla base di quest’ansia crescente, ci sono elementi esterni e totalmente endogeni, fattori di contesto, modalità relazionali e radici familiari. Pensiamo, per esempio, al fatto che ragazzi e ragazze vivono oggi un tempo caratterizzato da fattori esterni fortemente ansiogeni: gli anni del Covid, che hanno seguito quelli del terrorismo e preceduto quelli della guerra in Ucraina, guerra viviamo tutti, attraverso i media, con una partecipazione particolarmente intensa. Non solo, anche le questioni legate al clima stanno suscitando ansia e preoccupazione in molti ragazzi.

La “fornace dei social” e la paura del giudizio

Tutto questo avviene, poi viene amplificato nella “fornace dei social”, come l’ha definita in una recente intervista il noto psicanalista Massimo Ammanniti, secondo il quale la vita in rete amplifica moltissimo l’ansia dei giovani. Infatti i ragazzi, dall’adolescenza in poi, hanno più bisogno dell’approvazione del gruppo dei pari che di quella dei genitori, ma l’essere continuamente sovraesposti sul web li rende preda
di una paura del giudizio che diventa esponenziale e incontrollabile. Questi ragazzi, poi, sono stati molto spesso bambini sovraccaricati di attività e costretti a performare sin da piccoli (alcuni di loro già alla scuola materna non hanno un pomeriggio libero), e sono figli di genitori che, pur con le migliori intenzioni, si sostituiscono ai figli per eliminare dalla loro strada più ostacoli possibile, convinti di fare il loro bene ma in realtà rendendoli più fragili, impreparati alle inevitabili difficoltà della vita e molto meno capaci di impegnarsi per ottenere un risultato.

Troppe scelte, nessuna scelta

C’è poi un altro aspetto che a mio parere alimenta ulteriormente le loro ansie, una volta cresciuti: si trovano di fronte, a un certo punto del loro cammino, tante, forse a volte troppe possibilità, troppe strade da poter scegliere, che, non padroneggiando a pieno le loro capacità, invece di orientarli li disorientano. E’ indubbiamente bello poter scegliere tra molte alternative, ma i ragazzi di oggi, per come li abbiamo descritti (confusi, con una scarsa autostima derivata dal non aver fronteggiato e superato da soli i vari problemi con cui hanno avuto a che fare, senza un pieno contatto con se stessi e spesso privi di guide solide alle spalle), non riescono a sfruttare questa occasione, che anzi, diventa una fonte aggiuntiva di ansia. Tutto sembra troppo fluido, reversibile, manca una forte motivazione e manca la capacità di stare anche con l’eventuale difficoltà, di rimboccarsi le maniche e credere di poter superare l’ostacolo. Sentono che tutto è più grande di loro, si percepiscono persi e disancorati. Ovviamente non sono tutti così, ma sto descrivendo un campione che nel mio lavoro quotidiano e in quello di tanti colleghi con cui mi confronto, sta diventando sempre più rappresentativo. E’ come se in questi ragazzi mancasse qualcosa che li “contenga”; probabilmente a volte è mancato anche nelle loro famiglie quando erano piccoli. Ricordiamo che il contenimento emotivo nelle primissime fasi della vita è fondamentale per una buona crescita del bambino.

Il contenimento che serva ai bambini e agli adolescenti

Ma cos’è il contenimento emotivo? Uno degli psicanalisti e pediatri più conosciuti di sempre, Donald Winnicott, lo definisce, nei primi mesi di vita, in relazione al rapporto del bambino con la madre: “La madre è per il bambino l’ambiente che contribuisce al suo sviluppo attraverso il contenimento delle braccia, delle mani, del corpo, che favorisce una sensazione empatica, pervasiva, tale da divenire il sentimento fondamentale di essere compreso emozionalmente, tenuto insieme: il bambino piccolo cade a pezzi se non viene tenuto insieme e, in queste fasi, le cure fisiche sono cure psicologiche”. In generale, il bisogno semplice e allo stesso tempo estremo di ogni bambino è quello di sentire che nelle situazioni difficili il suo Qualcuno di riferimento in quell’istante ha la situazione sotto controllo, ha la consapevolezza di sapere cosa è giusto e necessario per LUI, anche se va contro il suo stesso (apparente) volere.

Ma questo bisogno esplode di nuovo in adolescenza, età in cui si cercano altre forme di contenimento, più adulte, fatte di regole e limiti diversi, ma sempre necessari, e sembra che, al di là delle famiglie, anche la società di oggi, con i suoi pochi argini intrinsechi e le mille offerte luccicanti e apparentemente facili che offre, non venga in aiuto alle necessità dei giovani di essere guidati e contenuti. A volte sarebbe meglio poter scegliere tra due cose piuttosto che tra cento: le ansie di sbagliare, di deludere, di perdere tempo, di non farcela, di non avere abbastanza motivazione, avrebbero meno terreno fertile su cui attecchire.

Saper chiedere aiuto

E’ bene che questi giovani possano ususfruire di percorsi di aiuto, per recuperare la capacità di ancorarsi a se stessi e di realizzarsi a pieno. Un’ottima risorsa sono gli sportelli psicologici nelle scuole, sempre più presenti e in grado di comprendere anche quando il sostegno che possono offrire è sufficiente, o quando invece ci si trova di fronte a disturbi più seri da trattare con altri professionisti fuori dalla scuola.

Quando i livelli di ansia sono patologici, e si arriva al ritiro sociale, è necessario un lavoro strutturato, a volte anche con qualche farmaco, perché l’obiettivo è quello di toglierli al più presto da quello stato di profonda sofferenza e frustrazione che rischia di cronicizzarsi e dal quale poi diventa sempre più complicato uscire. E’ tanto importante aiutarli, perché sono anche ragazzi ricchissimi di qualità, di intelligenza, di sensibilità e di enormi potenzialità: potere accedere al loro vero sé e vivere una vita piena e felice è un diritto al quale non dovrebbero mai essere costretti a rinunciare.

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