Distopie, ispirazioni calviniane per i ragazzi, amiche on the road e notti illuminate dalla luna al museo dell’Acropoli, banconi del caffè dove riscoprire il senso dell’umanità, dolori che si riescono a raccontare. Ecco una serie di titoli che consigliamo di mettere in valigia. Perché un libro è sempre garanzia di un viaggio nel viaggio.
Buone vacanze e buone letture dalla redazione di Alley Oop!
Laura Pugno, “Sirene”, Marsilio, prima ed. 2017, 14 euro Forse non è il momento giusto per consigliare un libro apocalittico, una distopia spigolosa e rovinosa, quasi esiziale. Decisamente, mentre facciamo i conti col cambiamento climatico e con i disastri che stanno avvenendo in questi giorni su tutto il territorio italiano, non verrebbe da pensare di leggere un libro che profeticamente già si era addentrato nei sottoscala degli allarmi ecologici. Eppure è da molto tempo che mi ripercorre i pensieri la storia raccontata da Laura Pugno nel 2007, nel suo libro “Sirene”. Una storia disturbante, perché si impadronisce della bellezza del mito della sirena per metterla a servizio di un racconto atroce, in cui gli umani si fanno protagonisti di violenze inaudite, mentre già il pianeta è devastato dalle violenze delle generazioni precedenti. La storia è ambientata in un futuro in cui la vita in superficie è divenuta impossibile: non si possono percorrere le strade terrestri ed esporsi alla luce solare, pena la morte per “cancro nero”, una malattia straziante che divora la pelle fino a degenerarla in un biancore angelico poco prima della fine. Nelle città subacquee si riproduce il microcosmo umano, vile e distruttivo, che una volta invasi gli oceani e incontrate finalmente le creature meravigliose semiumane che li abitano, fanno ciò che sanno fare meglio: le asservono, le divorano, le stuprano. Eppure anche in quel mondo degenerato si può raccontare di un’anima candida, a suo modo, un’anima che cerca il candore e che restituisce a questa storia un’idea di futuro, di generazione, di esistenza nuova e ibrida. È un libro bellissimo, doloroso e a tratti mistico.
Una nota: nell’ultima edizione del Premio Strega, Laura Pugno ha proposto “Il senso della fine” di Marianna Crasto (effequ). Un altro romanzo apocalittico, all’apparenza pop, ma con un sostrato poetico notevole.
Consigliato da Letizia Giangualano
Stefano Tofani, “In fuga col Barone – Nel mondo di Calvino”, Einaudi ragazzi, 2023, 12,90 euro
Io amo leggere, non ho mai vissuto una giornata senza aprire un libro. Mia figlia dodicenne un po’ si annoia, non ha ancora incontrato forse il romanzo del cuore. Porto questo libro in valigia sperando che lo prenda lei e si lasci andare insieme a Giulia, sua coetanea che odia i libri, nonostante abbia un papà insegnante e aspirante scrittore.
Vanno in vacanza nella tenuta di Roccamare a Castiglion della Pescaia, dove Italo Calvino sta scrivendo le “Lezioni americane” (è l’estate del 1985). Giulia, nel pieno della sua adolescenza, litiga con il papà e scappa. Mentre vaga nei dintorni della struttura incontra un ragazzo “vestito come un damerino”, “in perfetto equilibrio sopra il ramo”: è Cosimo, il Barone rampante in persona, protagonista del romanzo che controvoglia sta leggendo. Inizia con lui un rapporto di amicizia, complicità e curiosità, come fra due ragazzini qualunque che condividono un’avventura estiva.
Ho trovato questo libro molto arguto e delicato nel modo di raccontare quanto la lettura possa essere coinvolgente e sviluppare la nostra parte empatica. Seguire i personaggi, star loro accanto, ascoltarli, e spingersi fino al punto in cui il mondo si può guardare dall’alto.
Chicca del romanzo: ogni capitolo è ispirato a una delle “Lezioni americane”, sia a quelle finite e trovate sulla scrivania di Calvino (che morì alla fine dell’estate, prima di poterle effettivamente tenere), che quella di cui rimane solo un titolo. I capitoli iniziano con il titolo e una sinossi della lezione e sono scritti pensando all’insegnamento dell’autore.
Pensato per i ragazzi, ma perfetto anche per gli adulti.
Consigliato da Francesca Giannetto
Valeria Parrella, “Quel tipo di donna”, HarperCollins Italia, 2020, 16 euro
C’è l’amicizia. L’evasione. Ma soprattutto la capacità di affidarsi e riconoscersi nelle differenze reciproche: “Quel tipo di donna” di Valeria Parrella è un viaggio on the road in Turchia, guidato da quattro amiche che si muovono leggere senza bisogno di essere nient’altro che sé stesse.
Sembra di sentire il vento che accarezza le loro esistenze: guardandosi indietro, le protagoniste del romanzo rivendicano di essere “quel tipo di donna”: capaci di darsi e di sottrarsi. Di amare e di attraversare il dolore. Di fronteggiare spigolose verità e pure costruire innocenti bugie. È così che tra amiche si fa, a tutte le età: ci si protegge come si può. Le strade stratificate di Istanbul accolgono le loro vite e lasciano che, insieme alle protagoniste, siano anche le donne delle loro vite ad attraversare gli spazi e i tempi. Dalle madri alle nonne, nel racconto del presente si intrecciano le storie di moltissime altre donne: il filo rosso che le tiene insieme è la libertà conquistata con l’istinto, la coscienza di chi si è e si desidera essere, la forza e la pace di vivere solitudini e letti sfatti. Il ritmo è incalzante e restituisce una pace morbida: come l’estate, la promessa di un amore che sta per nascere pacifica la vita ma non la ferma. Perché è l’inquietudine a distinguere – ma non definire – “quel tipo di donne” che sui contrasti hanno trovato accoglienza.
Consigliato da Nicoletta Labarile
Fannie Flagg, “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop”, BUR Rizzoli
Non esiste una sola umanità. E il bancone del caffè di di Whistle Stop nel cuore dell’Alabama, profondo sud degli Stati Uniti, degli anni 30 del ‘900 sembra essere lì apposta per ricordarcelo. Pubblicato per la prima volta nel 1987 in Inghilterra dalla casa editrice Random House, “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop” è un piccolo capolavoro in cui dramma e ironia convivono in un equilibrio quasi perfetto. Quasi, perché non vi è nulla di realmente perfetto nella vita, così come a Whistle Stop.
La storia scorre seguendo le vite di Ruth e Idgie, le due proprietarie del caffè, narrate attraverso le pagine del Bollettino di Whistle Stop della signora Weems, e le memorie dell’anziana signora Threadgoode. In un’America polverosa e profondamente razzista, il caffè è un luogo franco in cui stravaganti sognatori, indomiti avventurieri e poetici banditi si incontrano raccontando il loro “American dream” o, molto più spesso, rivelando il volto più crudo della Grande Depressione. Whistle Stop è la culla dell’accoglienza e del non giudizio dove ognuno ha la dignità di essere e di ricominciare, a prescindere dal colore della pelle o dall’orientamento sessuale.
Diventato un film nel 1991, ha portato alla ribalta la sua autrice, Fannie Flagg, pseudonimo di Patricia Neal, scrittrice e attrice statunitense dichiaratamente omosessuale i cui romanzi sono diventati un punto di riferimento per la comunità LGBTQ+.
Perché leggerlo? Per tuffarsi in un passato solo apparentemente lontano. Per riscoprire il senso profondo dell’esistenza umana, tra follia, fragilità e fiducia. E, se non dovesse bastare, anche per scoprire la vera ricetta dei pomodori verdi fritti che l’autrice rivela nelle ultime pagine del libro.
Consigliato da Silvia Pagliuca
Andrea Marcolongo, “Spostare la luna dell’orbita. Una notte al Museo dell’Acropoli”, Einaudi, 2023, 17 euro
Metti una sera di maggio, un letto da campo e una torcia. Una grecista appassionata, che ha fatto della cultura classica l’architrave della sua vita, ottiene l’autorizzazione a passare una notte al Museo dell’Acropoli di Atene, tra quel che resta dei marmi scolpiti da Fidia per il Partenone. “Spostare la luna dall’orbita” di Andrea Marcolongo è il racconto di questa esperienza vertiginosa, che spazia da memorie e vissuti personali alla biografia di Lord Elgin, l’ambasciatore inglese che mutilò il Partenone deportando a Londra sculture, iscrizioni, colonne e capitelli. Un libro sulla colpa – per il furto ai danni della Grecia – e sulla dannazione, ma soprattutto sulla bellezza e sull’indignazione. Come quella di Lord Byron, che proprio dall’Inghilterra denunciò lo scempio subito dai greci nel feroce poema “La maledizione di Minerva”. Prese avvio da lì la “guerra dei marmi”, il dibattito tra chi chiede a Londra di restituire le opere e chi prova a difendere la legittimità e le ragioni della “cessione”. Lo sguardo di Marcolongo sull’Acropoli è uno sguardo sull’Occidente, sui suoi voli e sulle sue cadute. Meraviglia e sfregi, luce accecante e buio pesto. D’altronde, “spostare la luna dall’orbita” è l’espressione che usò l’archeologo Edward Daniel Clarke per descrivere lo sgomento dei greci davanti alla razzia degli inglesi. Un monito a ricordare sempre cosa può accadere ai tesori (vale per le opere d’arte come per le persone) che non siamo in grado di difendere, curare e custodire. Sto andando in Grecia per non dimenticarlo mai.
Consigliato da Manuela Perrone
Antonio Tabucchi, “Sostiene Pereira”, Feltrinelli, 1994
“La smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro”. Questa citazione riflette la metamorfosi che subisce nel romanzo di Antonio Tabucchi “Sostiene Pereira” il suo protagonista. Nell’estate del 1938 nel pieno della dittatura di Salazar un vecchio giornalista mette in discussione abitudini cui è ancorato per vivere come un Don Abbondio confrontandosi con il giovane determinato e rivoluzionario giornalista Cairo Montenotte. L’evoluzione dal passato al futuro viene descritta da Tabucchi in un romanzo che parte lentamente e svolta rapidamente in qualcosa di completamente nuovo. Chi legge il romanzo sembra quasi cambiare come il suo protagonista.
Consigliato da Claudia Radente
Antonella Lattanzi, “Cose che non si raccontano”, Einaudi, 2023, 19 euro
Tutto ciò che ha a che fare con la maternità, il corpo della donna e il dolore, in genere non si racconta. L’unico mezzo attraverso cui una storia personale diventa di tutti sono i libri. Al centro del romanzo “Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi è il corpo che parla di una gravidanza desiderata e del suo esito disastroso. L’autrice racconta di sé, della lacerazione tra l’aspirazione alla maternità e la necessità di continuare il suo lavoro di scrittura, della scoperta di una gravidanza trigemellare tra sconforto, paura e momenti di esaltazione, del rapporto con il proprio compagno. Lattanzi sente di chiamare le cose con il loro nome, guarda in faccia i fatti, il proprio dolore. Il romanzo parla di tutte le donne che in un punto diverso della loro vita si sono chieste: desidero un figlio? Qual è il momento giusto? Dovrò rinunciare a me stessa, alle mie ambizioni? E perché tutte restano incinte e io no?
Consigliato da Filomena Spolaor
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