Alla vigilia dei Mondiali di calcio femminili, che si giocheranno in Australia e Nuova Zelanda dal 20 luglio al 20 agosto, si tirano le somme del primo campionato italiano femminile giocato dalla calciatrici in qualità di professioniste.
Cresce la popolarità del calcio femminile a livello internazionale e parimenti anche in Italia, dove si è appena concluso il primo campionato di Serie A con la Roma che si è laureata campione d’Italia. Non cresce, però, a sufficienza per spazzare via stereotipi e resistenze: nonostante una donna su 3 si dichiari appassionata di calcio, questo sport viene ritenuto decisamente più “maschile” da quasi il 40% degli italiani.
E’ quanto emerge dalla ricerca «Le donne, il lavoro e lo sport» commissionata da eBay (già partner della Divisione Calcio Femminile FIGC) all’istituto di ricerca Human Highway, secondo la quale l’effetto dei pregiudizi ha un impatto più forte sulla fascia più giovane degli intervistati (18-35 anni): uno su 4 cercherebbe di far cambiare idea a una bambina che mostra passione per il calcio, per paura che possa subire qualche forma di discriminazione. Il 67,5% degli italiani ritiene, infine, che ci sia una generale discriminazione nei confronti delle donne in ambito lavorativo: per 2 persone su 3 le donne sono penalizzate nelle opportunità di carriera e alcune professioni sono ancora oggi considerate più maschili (come ingegnere o medico chirurgo).
La crescita del calcio femminile in Italia
I dati del Centro Studi FIGC mostrano un forte incremento del numero delle calciatrici tesserate: nella stagione sportiva 2021-22 i nuovi tesseramenti nel calcio femminile giovanile hanno raggiunto il numero storico di 11.278, mentre il numero complessivo di tesserate è aumentato del 94% tra il 2008 e il 2022.
Una crescita parallela a quella del seguito da parte del pubblico – i follower dei 10 club di Serie A sui canali social sono più che raddoppiati rispetto al 2021, oltre all’aumento degli ascolti televisivi e le presenze allo stadio.
I pregiudizi sul calcio femminile
Come accade nell’ambito lavorativo e nelle occupazioni della vita quotidiana, anche nello sport le donne subiscono ancora i pregiudizi che le vedono meno adatte a determinate discipline o professioni.
Permane infatti l’opinione, soprattutto fra gli uomini che il divario di gioco fra uomini e donne nel calcio sia enorme. Tra questi, uno su 3 ritiene che il calcio sia uno sport storicamente maschile; per uno su 5 il calcio femminile è considerato lento e noioso, perché il fisico femminile è meno potente e uno su 10 pensa che il campo da calcio sia troppo grande per le condizioni atletiche di una donna.
Una situazione ambivalente si registra tra le nuove generazioni: il 23% dei rispondenti tra i 18-24 anni e tra i 25-35 anni (vs l’11% delle fasce più mature) sosterrebbero la scelta di una bambina di giocare a calcio, ma la dissuaderebbero per paura che venga schernita e isolata. Un quarto del campione pensa che ci siano sport più adatti e cercherebbe di farle cambiare idea. Un 15,3% dichiara apertamente che il calcio non è uno sport “da donne”.
In generale, l’80% degli italiani vede con favore la passione di una bambina per il calcio, ma la paura che possa subire qualche forma di discriminazione è un freno molto forte.
Sorte non dissimile per una donna adulta che dichiari di praticare il calcio: se è vero che oltre l’80% afferma di trovare naturale questa scelta, più del 10% dei rispondenti mostra resistenza e le suggerirebbe di cambiare sport.
Calciatrici professioniste
La novità del passaggio al professionismo per le calciatrici della massima serie del calcio femminile, avvenuto a inizio luglio 2022, è stata accolta positivamente dall’83% del campione, ma c’è un 15% a cui non interessa. E se la maggioranza (4 su 5) pensa che le calciatrici professioniste potranno avere poi un futuro allenando altre squadre femminili (o maschili) di serie A, come dirigenti o come opinioniste TV, il 15% crede che sia meglio per loro cambiare sport.
Nove su 10 non vedono problemi nel ruolo delle dirigenti donne nel calcio maschile e 4 su 5 ne vorrebbero di più. Il 60% dei rispondenti crede che le dirigenti donne debbano essere più brave degli uomini per essere credibili e un 50% le ritiene effettivamente migliori. Per 1 rispondente su 4 le donne dirigenti nel calcio hanno poca credibilità; per 1 su 5 sono una forzatura o possono andare bene in campionati minori, ma non nella serie A maschile.
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