Russia, da Navalny a Vikhareva l’opposizione consapevole a Putin

Dopo la pubblicazione da parte di Sota della notizia sul mio avvelenamento, devo chiedere una cosa ai giornalisti. Anche se mi occupo di opposizione politica, rimango comunque una persona modesta, che non è abituata a questo tipo di attenzioni, non tanto alle mie azioni e alle mie idee, ma alla salute”

Questo è il tweet scritto il 25 marzo dalla politica russa Elvira Vikhareva, avvelenata con sali di metalli pesanti pochi mesi fa. La notizia era stata diffusa dall’agenzia Sota via telegram. Secondo la testata, nel sangue della donna è stato trovato bicromato di potassio cancerogeno altamente tossico.

I primi sintomi di avvelenamento sarebbero comparsi  tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre. Sempre il 25 marzo Vikhareva ha risposto via telegram ai suoi sostenitori con un lungo messaggio relativo alla sua salute e alla situazione che sta vivendo con angoscia:

È ora di rompere il silenzio e raffreddare un po’ l’ardore delle discussioni legate alle notizie sulla mia salute. Prima cosa forse più importante, smettetela di seppellirmi prima del tempo. Morire non è assolutamente nei miei piani’. La gravità dell’avvelenamento che l’ha colpita ha messo a rischio ‘l’incolumità della  mia vita e di coloro che mi sono vicini oggi’, nello sfogo aggiunge che anche se ‘può sembrare una follia,  la pubblicità ha due facce della medaglia e non sempre funziona come immaginiamo’.

In questo momento la protezione della privacy è  perciò la battaglia principale, anche se non smetterà di esprimere la propria opinione sul ruolo che la Russia attualmente sta giocando a livello internazionale, rimanendo consapevole e accettando ‘tutti i rischi che potrebbero derivarne’. La battaglia per la libertà di espressione continua come nel passato: il desiderio è sempre lo stesso: ‘Continuare un dialogo onesto in una situazione in cui la bocca di tutti è cucita

Riferendosi poi a chi ha cercato di avvelenarla promette: ‘Non rinuncerò alla mia posizione, non mi nasconderò in un angolo aspettando compassione e non starò zitta’. Le ultime parole sono un evidente riferimento a quanto già accaduto ad altri: ‘Ciò che vivono le persone che si oppongo al male, non rappresenta neanche lontanamente una novità. E voi lo sapete. Io lo so’.

Dietro queste parole si scorge la storia di Alexsej Navalny, avvelenato nel 2020 durante un volo di ritorno dalla Siberia. A lui è dedicato il docufilm ‘Navalny’ diretto dal canadese Daniele Roer, che la notte del 13 marzo ha vinto l’Oscar nella categoria miglior documentario

La storia di Navalny

Nell’agosto del 2020 dopo un atterraggio di emergenza, Navalny viene ricoverato nell’ospedale di Omsk ed entra in coma. I medici russi negano l’azione di sostanze tossiche. Il giorno successivo, a seguito dell’intervento di Angela Merkel, è trasferito d’urgenza in aereo a Berlino, sorvegliato dalla famiglia e dallo staff.

Un gruppo di giornalisti investigatori di Bellingcat decide di fare un’indagine sull’avvelenamento di Navalny. Bellingcat è un gruppo internazionale indipendente di investigatori e giornalisti che attraverso i social media sondano e indagano i crimini internazionali, dai signori della droga messicani e  i crimini contro l’umanità, all’uso di armi chimiche e conflitti in tutto il mondo.

Tramite lo studio di metadati, acquistando infatti database nel mercato nero russo e incrociandone i vari record, riescono ad arrivare ad una lista di potenziali ‘nomi fantasma’ cui non corrisponde alcuna identità e che risultano aver viaggiato  spesso negli ultimi tre anni sugli stessi aerei del politico.

Il docufilm da Oscar

Nel film sembra quasi assurdamente semplice l’indagine che porta il gruppo di Bellingcat a definire i potenziali invischiati nell’avvelenamento. E’ stato sufficiente un messaggio privato su Twitter. E’ iniziato così il lavoro d’inchiesta del gruppo.  il giornalista bulgaro Christo Grozen, capo investigatore di Bellingcat, contatta Navalny che decide di ascoltare la loro ipotesi e da lì parte una collaborazione per scoprire la verità…tutta l’inchiesta viene ripresa dalla telecamera di Roer.

Il documentario è veloce e crea tensione nello spettatore quasi come un thriller, a tratti si sorride dell’apparente ingenuità delle spie russe che si fanno abbindolare dallo stesso Navalny, in quello che sembra uno scherzo telefonico che però alla fine si trasforma nella registrazione di una confessione. Il video di questa telefonata pubblicato dalle maggiori testate giornalistiche interazionali diventerà virale.

Il ritorno in Russia


La parte finale racconta il ritorno di Navalny e della moglie in Russia il 17 gennaio del 2021. Il tono del docufilm del canadese Roer si fa più mesto. All’aeroporto l’arresto e la violenza con cui vengono sedate le manifestazioni dei suoi sostenitori in attesa e successivamente nelle grandi città russe, aprono un finale amaro. La popolarità non basta quando sei ricercato da un Paese dove la libertà di espressione è ormai una chimera.

Il finale è aperto perchè Navalny da quel giorno è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Melekhovo a 250 km da Mosca. La famiglia e i suoi sostenitori continuano a tenere attivo il suo canale Youtube nella speranza che ritorni a fare opposizione al governo russo.

Ria Novosti, la testata giornalistica che sostiene Vladimir Putin ha riportato il commento del portavoce del presidente Dmitrij Sergeevič Peskov, dopo la vittoria della statuetta: ‘Non posso giudicare le qualità di questo documentario, non l’ho visto, quindi non sarebbe logico dire nulla. Anche se non ho guardato, oso presumere che qui ci sia un certo elemento di politicizzazione dell’argomento. Anche Hollywood a volte non evita il tema della politicizzazione nel loro lavoro, succede’. Il vento della guerra fredda soffia ancora forte.

Durante la premiazione la moglie di Navalny, Yulia Navalnaya, ha tenuto un breve discorso: “Mio marito è in prigione solo per aver detto la verità. Mio marito è in prigione solo per aver difeso la democrazia. Alexej, sogno il giorno in cui sarai libero. E il nostro paese sarà libero. Resisti amore mio.

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