Sindrome di Down, oltre 40mila persone in Italia

Nina Rosa Sorrentino quest’anno non potrà fare l’esame di maturità insieme ai suoi compagni. Il liceo Sabin di Bologna non ha concesso alla 19enne, affetta dalla sindrome di Down, di sostenere gli esami di maturità. La questione è certamente più complessa di così, ma sta di fatto che i genitori si sono trovati a ritirare la figlia dal liceo a 3 mesi dalla fine dell’anno scolastico.

La buona notizia è che 3 altre scuole si sono fatte avanti per permettere a Nina di sostenere le prove. La cattiva è che nelle pagine di cronaca si debba ancora leggere di casi simili.

La sindrome di Down

La sindrome di Down, che si verifica quando un individuo ha una copia extra parziale (o intera) del cromosoma 21, esiste in tutte le regioni del mondo e generalmente provoca effetti variabili sugli stili di apprendimento, sulle caratteristiche fisiche e sulla salute. L’incidenza stimata della sindrome di Down è compresa tra 1 su 1.000 e 1 su 1.100 nati vivi in tutto il mondo. Ogni anno nascono, quindi, da 3.000 a 5.000 bambini con questo disturbo cromosomico. In Italia le stime indicano circa 40mila persone con la sindrome, un bambino ogni 1.200 nati. 

Organizzazione mondiale della sanità

Organizzazione mondiale della sanità – clicca sul grafico per consultare i dati

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato, a partire dal 2012, il 21 marzo Giornata Mondiale della Sindrome di Down con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sindrome di Down. In realtà le associazioni e le istituzioni lavorano quotidianamente perché si arrivi a una conoscenza che vada oltre gli stereotipi.

“Ridiculous excuses not to be inclusive”

CoorDown – Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down – lancia in anteprima su TikTok la campagna di sensibilizzazione internazionale “Ridiculous excuses not to be inclusive”, per affermare il diritto alla piena partecipazione alla vita sociale e all’inclusione delle persone con disabilità intellettiva, libere da ogni forma di discriminazione e abilismo.

Negli ultimi mesi, con l’aiuto di associazioni di tutto il mondo, CoorDown ha chiesto alle persone con sindrome di Down e alle loro famiglie quali fossero le scuse che si sono sentiti dire per essere esclusi da istruzione, sport, lavoro e altre opportunità. Alcune di queste scuse erano così incredibilmente ridicole che meritavano di essere adeguatamente celebrate. Da qui nasce il film che con un tono di voce comico, anche
se amaro, racconta appunto le scuse più utilizzate per negare l’accesso e il legittimo spazio alle persone con disabilità in cinque scene.

Episodi di abilismo quotidiani, dall’esclusione dalla gita di classe, al mondo del lavoro, alla scuola, nello sport, nei campi estivi e nella vita sociale. “Non è colpa tua, siamo noi a non essere preparati per portarti in gita!”, “Abbiamo già una bambina come te nel gruppo”, “Non abbiamo abbastanza sedie per invitarti alla riunione”, “Abbiamo chiuso le iscrizioni proprio dieci minuti fa!”, sono alcune delle scuse ridicole con cui viene spesso negata la piena partecipazione alla vita. Ma non ci sono scuse accettabili per non essere inclusivi.

La ricerca al Bambin Gesù

Più di 800 tra bimbi e ragazzi sono seguiti dal Centro dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù dedicato alla sindrome di Down (o Trisomia 21). E proprio in occasione della Giornata mondiale, l’ospedale pediatrico sottolinea l’importanza di un approccio multidisciplinare imperniato sulla centralità del bambino con sindrome di Down e di appositi percorsi clinici di transizione dall’età pediatrica a quella adulta.

Dalla ricerca – fanno sapere dall’ospedale – arrivano nuove prospettive di cura per i casi di regressione, una manifestazione della Trisomia 21 che comporta la perdita rapida e anomala delle abilità di pensiero, di socializzazione e delle abilità necessarie per condurre le attività quotidiane.

La sindrome di Down attualmente non ha una cura che consenta di guarire. Tuttavia, i progressi della medicina degli ultimi anni e una presa in carico precoce possono garantire, oggi, delle prospettive e una qualità della vita inimmaginabili fine a poco tempo fa, si legge nel comunicato dell’ospedale. La continuità assistenziale è fondamentale – prosegue la nota – per garantire una buona qualità di vita alle persone con sindrome di Down e alle loro famiglie.

Superati i 18 anni di età le persone con sindrome di Down e le loro famiglie, seguite fino a quel momento da appositi Centri pediatrici, si ritrovano spesso a girovagare da uno specialista all’altro, senza avere più un punto di riferimento. Per questo il Bambin Gesù lo scorso ottobre ha siglato un accordo di collaborazione con il Policlinico universitario Gemelli Irccs, per assicurare loro una continuità di cure e tutta l’assistenza – a volte molto complessa – di cui hanno bisogno nella transizione dall’età pediatrica a quella adulta. Non solo: anche la collaborazione con la Regione Calabria ha consentito di garantire la necessaria continuità assistenziale portando in Calabria già nel mese di febbraio l’ambulatorio del Bambin Gesù dedicato alle persone con sindrome di Down. Gli specialisti dell’ospedale torneranno ad aprile (dal 17 al 21) e ad ottobre (dal 9 al 13) per completare il processo di transizione verso l’ospedale Catanzaro Mater Domini limitando così i cosiddetti viaggi della speranza.

La regressione

Negli ultimi decenni è cresciuto l’interesse e la consapevolezza verso una nuova entità clinica, definita regressione (Urds-unexplained regression in Down syndrome), in alcuni pazienti con la sindrome di Down. La regressione è una perdita rapida e anomala delle abilità di pensiero, di socializzazione e delle abilità necessarie per condurre le attività quotidiane, spiegano dal Bambin Gesù. Può anche associarsi alla comparsa di comportamenti dannosi.

Dal 2017 – evidenzia la nota – un gruppo internazionale di clinici specializzati ha creato un database contenente dati sui sintomi, sulle indagini mediche e sulla gestione clinica, di pazienti con regressione e controlli appaiati per età e per sesso. Il Bambin Gesù ha partecipato a uno studio in collaborazione con altri centri americani che si occupano della cura delle persone con sindrome di Down che ha coinvolto 51 pazienti con regressione. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica American Journal of medical genetics.

Lo studio – conclude la nota – ha dimostrato come le caratteristiche diagnostiche differivano nettamente tra i casi di regressione e il gruppo di controllo. Rispetto al gruppo di controllo controlli, i pazienti con regressione avevano un numero di disturbi psichici quattro volte superiore, un numero di fattori di stress sei volte superiore e un numero di sintomi depressivi sette volte superiore. Per quanto riguarda la gestione clinica sono stati confrontati i tassi di miglioramento con la terapia elettroconvulsiva, con la somministrazione di Immunoglobuline endovena (Ivig) e altre terapie. Il trattamento con Ivig è stato significativamente associato a un più alto tasso di miglioramento clinico.

“I dati dimostrano che la regressione è trattabile con diverse forme di gestione clinica e ha un decorso variabile – spiega Diletta Valentini, responsabile del Centro sindrome di Down del Bambino Gesù – Il nostro studio pone le basi per ricerche future, come lo sviluppo di misure dei risultati oggettive e standardizzate, e la creazione di una linea guida per la gestione clinica della regressione”.

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