La ricerca della felicità, oltre ad essere il titolo di un celebre film, è anche uno dei motori più frequenti dell’agire umano. Rincorriamo il benessere perché è lì che sta la serenità – in primis emotiva – che ci permette di vivere felici. Un processo consolidato, ma fragile, perché esposto a un cortocircuito spesso frequente: la positività tossica e il dover necessariamente stare bene a tutti i costi.
Nascondere sentimenti e vissuti spiacevoli, minimizzare ciò che mette a disagio, vergognarsi se non si riesce ad avere un atteggiamento positivo, sentirsi in colpa per essere tristi o arrabbiati. A chi non è mai successo?
Quando camuffiamo come ci sentiamo davvero, rischiamo di essere vittime di quella che è conosciuta come positività tossica. Ossia la convinzione che, a prescindere da come ci si senta e da ciò che sta succedendo, sia necessario mantenere una mentalità ottimista. A tutti i costi. Rifiutando le emozioni spiacevoli e difficili.
Riuscire a mantenere una visione positiva della vita fa bene al proprio benessere psicologico, tuttavia le esperienze dolorose fanno parte dell’esistenza, motivo per cui è necessario accoglierle e accettarle. Un atteggiamento fondato sullo stare bene a tutti i costi, da mostrare fieramente alle persone intorno a sé, non riconosce né ammette fragilità e vulnerabilità, finendo per portare il pensiero positivo all’estremo. Lo generalizza e lo iper valorizza, minimizzando o negando ciò che non vi aderisce.
Il risultato? Vergogna, senso di colpa ed evitamento.
Vergogna
Il benessere a tutti i costi classifica le emozioni spiacevoli – tristezza, rabbia, paura – come inaccettabili. Di conseguenza, chi le sperimenta se ne vergogna, non ne parla, le tace. Sarà dunque difficile che una persona possa chiedere aiuto: come farlo, infatti, se nessuno intorno a sé considera legittimo e valido ciò per cui si necessita di supporto?
Senso di colpa
La positività tossica nega talmente in profondità la fragilità, che si finisce per sentirsi in colpa nel momento in cui ci si scopre vulnerabili. Si innescano così sentimenti di inadeguatezza: forse sto facendo qualcosa di sbagliato, non mi sto impegnando abbastanza, sono troppo debole. Si consolida un immaginario in cui la sofferenza finisce per essere considerata una scelta.
Evitamento
Se il benessere a tutti i costi è l’obiettivo, si finirà per eludere non solo tutte quelle situazioni, persone, circostanze che fanno sentire a disagio, ma addirittura si arriverà a negare e respingere i propri sentimenti ed emozioni al riguardo. Uno sorta di struzzo che infila la testa sotto la sabbia non appena comincia a piovere.
Non è realistico e non è sano stare sempre bene. Paradossalmente, uno stato eccessivo e continuativo di benessere psicologico – che sia effettivo o solo mostrato all’esterno – può diventare un campanello d’allarme. Abbiamo bisogno tanto delle emozioni spiacevoli quanto di quelle piacevoli. È funzionale accettare e accogliere il dolore. Non solo perché permette di conoscersi e crescere, ma anche perché fa intrinsecamente parte dell’esperienza umana. E negarlo, significherebbe negare un pezzo di sé.
La felicità non è una scelta. Chi vive periodi di difficoltà e fatica, chi prova emozioni spiacevoli e chi malessere psicologico, non ha alcuna colpa. Non si sceglie di essere felici, più di quanto non si sceglie di essere intelligenti o fortunati.
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