Tre buoni motivi per leggere racconti (e tre raccolte da leggere)

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Alzi la mano chi, prima di iniziare a fare le valigie per le vacanze, ha scelto i libri da portarsi via. In estate i social network erano pieni di foto delle selezioni di libri che ognuno, con più o meno convinzione, ha provato a portarsi in spiaggia o in qualunque luogo abbia eletto come sfondo per la propria rigenerazione. Romanzi, ma anche saggi, qualcuno ha azzardato una raccolta di poesie, eppure, chissà perché, in queste selezioni non si vede quasi mai una raccolta di racconti. Alzi la mano ora chi pensa che sia arrivato il momento di smettere di considerare il racconto una scrittura di seconda classe, e di cominciare piuttosto a celebrarlo.

I racconti sono più di una soluzione per chi ha poco tempo (anche se questo fattore non è trascurabile in effetti). Se scritti da una mano sapiente, che governa i meccanismi narrativi, sono come fuochi d’artificio che esplodono rapidamente davanti a noi. Ci fanno immergere in mondi ed esistenze con un potere che rimane unico all’interno della narrativa, per il modo in cui nascondono significati stratificati che emergono dalle pagine via via che scivoliamo nella lettura. Richiedono abilità specifiche per la scrittura e possono lasciare un impatto speciale sul lettore. Ci sono almeno tre buone ragioni in cui riassumere perché leggere racconti sia così appagante:

  1. Sono… brevi. Tra un libro e l’altro, o quando non si ha il tempo di immergersi in un libro, può essere molto soddisfacente leggere una storia ben scritta. Alcuni si possono leggere in 10 o 15 minuti, anche se poi può succedere che restino impressi nella mente per molto, molto più a lungo.
  2. Di solito sono scritti molto bene. Gli editori non guardano di buon occhio le raccolte di racconti, per cui gli scrittori che sono in grado di pubblicarne sono generalmente affermati, o comunque molto capaci di governare il genere. Francis Scott Fitzgerald scrisse 68 racconti per il Saturday Evening Post nel corso di 17 anni. Nel 2013 George Saunders è stato finalista del National Book Award con una raccolta di racconti, “Dieci dicembre”.
  3. Si prestano alla rilettura. Rileggere un racconto è sempre più probabile che rileggere un romanzo, e nella rilettura è stupefacente quanto la storia mostri nuovi aspetti e si faccia apprezzare con più potenza. Succede anche rileggendo un romanzo. Ma raramente abbiamo il tempo di farlo.

La forma del racconto, che è uno scrigno dentro cui tutto si apre e chiude con una chiave, permette di sentire la compiutezza di un momento”, scrive Annalena Benini nella sua splendida prefazione alla raccolta che ha curato per Einaudi nel 2019, “I racconti delle donne“. Venti racconti, ritratti di donne alla ricerca di una propria identità, ognuna con i propri tormenti interiori, raccontate talvolta con ironia talvolta con una stremata solitudine, ma sempre con intelligenza e sincerità. Virginia Woolf, Margaret Atwood, Alice Munro, Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Joan Didion, Chimamanda Ngozi Adichie, sono solo alcune delle autrici scelte da Benini, per comporre questo album di volti e storie in cui tutti, almeno una volta, almeno in un guizzo, potremo riconoscerci. “Ogni volta che incontro una donna – scrive Benini – vorrei subito saltare tutti i convenevoli e sapere che cosa pensa, come si sente, se è felice o se è delusa, qual è la vita che non si vede ma sta nascosta dentro gli occhi, e se ogni tanto cade anche lei nel pozzo“.

In quel pozzo, nel luogo dove le esistenze si frantumano, precipitano le storie di Maria Fernanda Ampuero, scrittrice e giornalista ecuadoriana. Il suo libro, “Sacrifici umani“, si compone di dodici racconti che sprigionano una grande forza linguistica e narrativa, quasi violenta. Vite dimenticate, marginalizzate, spesso inconsapevoli di esserlo, che raccontano con candore la condizione degli ultimi, dei dimenticati, dei condannati al silenzio, un silenzio che rimane tra le righe del racconto e dentro cui la parola sembra scomparire subito dopo essere stata scritta. Un libro che cavalca l’ossimoro, risultando a tratti spietato e crudele e poi delicato e consolatorio. L’epigrafe scelta dall’autrice è la dichiarazione di intenti che ispira questa operazione letteraria di riscatto: «Scrivere è anche benedire una vita che non è stata benedetta», frase che appartiene a Clarice Lispector.

Si diceva che la brevità dei racconti anziché bistrattata dovrebbe essere celebrata. E diventa chiaro quando a maneggiare una brevità spinta al parossismo, è una maestra come Margaret Atwood, la cui raccolta di racconti, edita da Ponte alle Grazie già nel 2006, si è meritata nella traduzione italiana il titolo “Microfiction”. I trentacinque racconti racchiusi in questo scrigno sono storie minimaliste, plot di lunghezza variabile da un semplice paragrafo a diverse pagine, talvolta appaiono abbozzati, di fatto sono un esercizio di scarnificazione che riduce la scrittura all’essenziale, senza perdere la qualità evocativa e immersiva del racconto. Atwood ha il potere di portarci in poche righe dentro atmosfere rarefatte e aspre, talvolta apocalittiche, riflettendo i tempi in cui viviamo con una precisione affilata.

Ma c’è dell’altro dietro a questi micro-racconti. Il titolo originale era “The tent”, la tenda. L’idea di comunità che si stringe attorno a un fuoco per raccontarsi e non scomparire, è molto forte in queste storie. E la prosa, a tratti estremamente poetica, fa pensare di poter mettere accanto al libro un altro tipo di raccolta, per il modo in cui dà importanza a delle vite altrimenti invisibili, quasi fissandole in una lapide che le faccia sopravvivere al tempo. Sì, quella di Atwood è una sorta di “Antologia di Spoon River“, senza però alcuna consolazione o assolvimento. Eppure non c’è nichilismo in questa scrittura. Al contrario, Atwood sembra assecondare l’antico diritto degli anziani della tribù di essere condiscendenti di fronte ai loro sconsiderati giovani riuniti nella tenda ad ascoltarli, nascondendo nell’ironia la consapevolezza e l’esperienza del loro sapere. E a sorpresa, le storie si accompagnano a delle illustrazioni realizzate dall’autrice stessa.

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Titolo: “I racconti delle donne”
A cura di: Annalena Benini
Editore: Einaudi, 2019
Prezzo: 19,50 euro

Titolo: “Sacrifici umani”
Autore: Maria Fernanda Ampuero
Traduzione: Francesca Lazzarato
Editore: gran via, 2022
Prezzo: 14 euro

Titolo: “Microfiction”
Autore: Margaret Atwood
Traduzione: Raffaella Belletti
Editore: Ponte alle grazie, 2006
Prezzo: 10 euro

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  • Gloria DI Rienzo |

    Leggere è meravigliiso,dona labbra di saggezza.Bello,l’articolo scritto dalla giornalusta che pone in evidenzia la ricchezza dei racconti e i suoi aspetti salienti.Basta poco tempo per leggerli eppur possono essere degli scrigni di sapere, di emozioni e di significati.

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