“Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto.
O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto”
(da “L’arte di correre” di Haruki Murakami)
Si apre così, con questo esergo, il debutto alla regia di Claudia Gerini: “Tapirulàn”. Nonostante la grafia quasi giocosa, il tapis rulant del titolo è in realtà un luogo di fuga, uno strumento che la protagonista usa per costringersi a guardare avanti, ad andare avanti, pur trascinandosi appresso i pesi di un passato che non smette di perseguitarla.
La protagonista è Emma, interpretata da Claudia Gerini stessa, psicologa che dai centri anti violenza è passata al counseling online, dopo la pandemia. Incontra i suoi pazienti (che deve chiamare clienti secondo le disposizioni dell’app per cui lavora) attraverso uno schermo, mentre corre senza sosta sul suo macchinario ultraperformante. Dice che correre la aiuta a concentrarsi, di fatto le dà l’illusione del movimento mentre la sua vita resta congelata, in un appartamento enorme e vuoto, dove c’è solo l’indispensabile per sopravvivere e le pareti stesse sono in prova, tavolozze alla ricerca del colore giusto che non si trova mai. Emma non esce mai di casa, le grandi vetrate la illudono di partecipare alla vita là fuori mentre la imprigionano e nessuno può entrare nella sua vita. Ma quando dovrà affrontare i fantasmi del suo passato questo equilibrio doloroso si spezzerà aprendo brecce nella sua corazza.
Gerini colpisce l’obiettivo in entrambe le sue vesti: convince con la sua interpretazione attenta, dosata, si espone generosamente alle inquadrature, che indugiano sul suo viso e sul suo corpo senza temere le naturali imperfezioni di un corpo vero e mostrato con sincerità, quello di una donna osservata nella sua quotidianità. E proprio attraverso questo sguardo convince anche nelle vesti di regista, regalandoci il punto di vista di una narrazione femminile, quel female gaze capace di rappresentare il genere fuori dagli stereotipi cinematografici a cui ancora troppo spesso deve rispondere. Non ci sono istanze romantiche nella storia, non c’è nessuna bellezza esposta, anzi, questo tema viene affrontato attraverso uno dei personaggi che si rivolge alla counselor, che lentamente le mostra come il suo bisogno di apparire bella non appartenga a lei, ma sia insinuato dall’esterno. L’unica istanza di genere che affronta il film, è quello della violenza domestica, che viene mostrata attraverso un caleidoscopio di possibilità e punti di vista. E di questi va reso merito anche ai bravi interlocutori, su cui spiccano tra tutti Claudia Vismara, Stefano Pesce e Maurizio Lombardi.
Il film è di impatto e intenso, porta in scena alcuni dei malesseri del nostro tempo, compresa la presenza opprimente e insinuante della pandemia, talvolta dichiarata apertamente, talvolta presentata come dato di fatto scenografico e indossato. Ma racconta anche l’isolamento tecnologico, dietro cui spesso ci si nasconde per non affrontare i problemi. E ancora il disagio psicologico, a cui viene dato un rispettoso e attento spazio nei dialoghi snelli e ben pennellati. La sfida più difficile era raccontare tutto questo mentre Emma rimane per tutto il tempo sul suo tapis roulant, dialogando con i suoi pazienti/clienti sempre e solo attraverso uno schermo. Ma Gerini riesce a rendere dinamico il racconto, mostrando una disinvoltura amichevole con la macchina imponente, con la quale instaura quasi a un dialogo, un sottotesto da leggere accanto alle parole pronunciate.
Interessante anche scoprire che la montatrice, Luna Gualano, è stata per quasi tutte le riprese accanto alla regista. Ed è infatti un dialogo sicuro che sa dove vuole andare, quello tra regia e montaggio, in cui i pieni e i vuoti, la realtà cristallizzata e i movimenti emotivi, la distanza tra i personaggi e i dettagli in primissimo piano di sguardi e muscoli, creano un insieme armonico e di impatto.
“Tapirulàn” è al cinema dal 5 maggio, prodotto da Stefano Bethlen per Milano Talent Factory in associazione con Attitude e Big Tree Movie Entertainment. Scritto da Antonio Baiocco e Fabio Morici con la collaborazione di Claudia Gerini. Raccontano gli sceneggiatori: “Abbiamo costruito il primo film in cui la protagonista è in continuo movimento, pur senza mai avanzare di un passo”. Ci voleva una certa dose di coraggio e competenza per raccogliere questa sfida. E al suo esordio, Claudia Gerini ha mostrato di avere entrambe le qualità.
***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com