Quando ci siamo innamorati di Monica Vitti?

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Pensavo… quand’è che mi sono innamorato di te? Deve essere accaduto a tredici, quattordici anni, uno di quei pomeriggi di domenica, che passavo solo a casa. Tanto per cambiare. E così, guardavo film su film, di qualunque tipo. E lo sai meglio di me, a quel tempo, non c’era lo streaming, nemmeno erano arrivate ancora le videocassette o i dvd. Li vedevo in televisione. Sì, perché noi siamo stati quella generazione fortunata, che aveva non un telecomando, ma un biglietto per il mondo delle meraviglie, con capolavori che, quando li guardavi, tu nemmeno sapevi che stavi guardando un capolavoro. Ti piaceva e basta. Però, la meraviglia la riconoscevi, o almeno la riconoscevo io. E la tua, mi ha folgorato.

Deve essere stato con “Deserto Rosso” forse, di Antonioni. Il modo assente e insaziabile con cui mangiavi in quel film. Che strana mi era sembrata quella storia, non avevo capito molto, anzi penso che non avessi capito proprio nulla, ma avevo capito te. Tutto il vuoto, la nausea che esprimevi e che si può provare a volte verso la vita, quando non ne trovi il senso. Lì credo di essermi innamorato di te. Ma non era la prima volta che ti vedevo però sai? Anzi penso che Giuliana mi colpì così tanto proprio perché era diversa da tutte le donne che eri stata per me fino a quel momento. Donne disperate sì, ma divertenti. Straziate, ma incredibilmente ironiche anche nel più profondo rancore, o dolore d’amore. Come ne “La ragazza con la Pistola” di Monicelli, che poi è il tuo passaggio alla commedia all’italiana. Che meraviglia che eri, così “scura” eppure luminosa. Ci vuole arte, ci vuole genio, per essere così tante anime, senza smettere mai di mostrare la propria. Per scherzare anche e nonostante la proprio bellezza. E quella voce, che era… un richiamo da seguire ovunque. A volte acuta, come stesse per spezzarsi e sparire, ma che invece continuava, tenace; era un nastro che friniva forte per la tensione tra risata e dolore, senza spezzarsi mai. Senza mai essere l’una o l’altro, ma sempre il loro possibile passaggio. Sì scusa, mi sto perdendo un po’ nelle mie teorie su di te.

Comunque, ti ho portato del gelato. A che gusto? Devi indovinarlo. Che gusto può essere? E’ Torrone! Come perché? Non ricordi? Nel film “Le Fate”, l’episodio di Luciano Salce dove interpretavi Sabina che rischia sempre di essere violentata da automobilisti apparentemente per bene. Poi però arriva davvero un uomo per bene, uno straniero, che ti compra un gelato, e tu che fai? Mentre lo mangi in macchina, gli dici “sì è sbagliato. Non è limone, è torrone”. Allora lui dandoti del lei, gentile ti chiede, “ma le piace? Le piace lo stesso?”. Tu finisci tutto il gelato, e fai pure una cosa che facevo sempre anche io da bambino, bevi dal bicchierino quello sciolto, e poi gli rispondi “no!”. Dicendo palesemente una bugia dispettosa e buttando via la coppetta.

Come faccio a ricordarmelo? Potrei dirti molto altro ancora sai? Se dovessi citare tutti i ruoli dove ti ho amata, non finirei più. Con Alberto Sordi, in quella lotta furiosa sulla spiaggia, mentre lui, marito geloso, ti prende a cazzotti chiedendoti ad ogni colpo “lo ami?” E tu gonfia e sanguinante che urli scappi, ma rispondi sempre con stizza “sì che lo amo”, fino a quando, esausti tutti e due, cadete sulla sabbia e tu sospiri un “non lo amo più!”. Ma come si fa a rendere poesia una scena così violenta? Come hai fatto? Come avete fatto? Roba da rimanere meravigliati, come… come fosse davvero un tramonto di quelli che hanno dei colori talmente incredibili – viola, rosso, arancio, giallo uno dentro l’altro – che tu mentre lo guardi ti domandi… ma è reale? Ecco, spesso quando ti guardavo è questo mi domandavo, ma è reale? E la risposta era sempre felicemente “sì”.

Hai già finito il gelato? Quindi ti è piaciuto? “No?”, hahaha lo sapevo.

Quando a Venezia nel 95 ti hanno dato il Leone alla Carriera, ritirando il premio dalle mani di Vincenzo Mollica avevi detto più o meno questo “adesso ho le ali e potrò volare, questo leone mi proteggerà, e così potrò continuare a fare film che vi faranno piangere e che vi faranno ridere, fino a 90, 95 anni, non preoccupatevi”. Che augurio ironico avevi fatto al tuo futuro. Non potevi sapere che da lì a poco sarebbero seguiti solo anni di silenzio, in cui non ti abbiamo più vista. La malattia ha iniziato a prendersi il meglio di te. Come sa fare, e credimi, anche io l’ho visto bene come sbocconcella poco a poco le persone, implacabile e minuta come un pesce rosso che non ti si stacca di dosso.

E’ per questo che forse non ti perdiamo oggi. Oggi perdiamo anche la possibilità impossibile, irrazionale, di riaverti. Ma tu, avevi già fatto fagotto, è vero? Ma non voglio rattristarti, bisogna stare allegri quando si sta con gli amici, e giuro, per me oggi è un sogno incredibile. Ho detto sogno? Volevo dire giorno. Ma perché ho detto sogno?

E ora che succede? Questi, li senti? Sono applausi, ma da dove vengono? Dalla finestra. Guarda! Ma è bellissimo, affacciati, vieni! Qui sotto ci sono migliaia di persone. Migliaia? Centinaia di migliaia! Hanno fermato il traffico, riempito le strade e nessuno può più passare! E applaudono tutti, applaudono te! Monica, li senti? Vieni? Alzati dal letto, Monica?

Monica? Ma che fai? Ti sei addormentata? Proprio adesso? Proprio ora che sono arrivati tutti? Eri stanca lo so. Chiudo la finestra così riposi meglio? Anzi no, la lascio aperta, così queste mani che battono e non si fermano ti faranno compagnia. Dormi bellissimo pezzetto del mio cuore. Dormi adesso e riposati. E grazie, di questo sogno, e di tutti quelli che mi hai fatto vivere. Io ti guarderò per sempre sai? E per sempre, come davanti a un tramonto dai colori incredibili, mi domanderò “ma è reale?”. E ti sentirò rispondere ogni volta felicemente “Sì!”, con quella voce unica, spezzata da un pianto e una risata.