Cara Alley, sono un professore e mi chiedo se il green pass sia la via giusta per la scuola

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Pubblichiamo una lettera del prof. Tomaso Bozzalla. Per scrivere alla redazione l’indirizzo è: alleyoop@ilsole24ore.com

Sono un insegnante e considero la questione del green pass da un punto di vista educativo. Sono preoccupato perché sembra mancare tra i professori un pensiero critico su quanto sta avvenendo. Io sono a favore del vaccino per gli adulti e ho fatto le mie due dosi, ma sono contrario al green pass come lasciapassare nelle scuole.

Essendomi vaccinato mesi fa potrei essere portatore asintomatico del virus, ma col green pass posso accedere comunque a scuola. Impedire, quindi, ad un professore di entrare in aula, cioè ad una persona di andare a lavorare, non può essere una forma di tutela. Malgrado questa evidente contraddizione, la maggior parte dei professori è disposta ad accettare una direttiva così visibilmente imprecisa.

Si vuole giustificare questo provvedimento con la parola “responsabilità” che il singolo dovrebbe avere nei confronti degli altri, ma il concetto posto in questi termini risulta povero e fuorviante. Se si passa il messaggio che una parte della popolazione può essere isolata perché potenzialmente malata di COVID mentre l’altra accolta perché munita di “certificazione verde”, allora già solo per questo il concetto di responsabilità è snaturato e sostituito da una comunicazione volta a dividere e non a proteggere.

Porgendo la giusta considerazione a chi è stato toccato da vicino dalla malattia e a chi vorrebbe una vaccinazione obbligatoria per tutti, qui la mia attenzione è rivolta al fatto che la maggioranza dei cittadini è convinta che il green pass sia la migliore forma di tutela possibile. Quest’idea porta a tollerare un intervento di discriminazione sociale e individuale, e noi professori stiamo accettando una simile disposizione proprio all’interno della scuola.

A prescindere da complottismi e fanatismi, qui stiamo parlando di consapevolezza e responsabilità. Il discorso ha una portata tale da reclamare riflessioni profonde. Dovremmo prenderci il tempo necessario, metterci in ascolto, lasciar perdere facili conclusioni e aiutare i ragazzi a costruire un pensiero organico e multiforme.
Tra pochi giorni entrerò in classe per insegnare apertura ed equilibrio, bellezza e complessità. E gli studenti che sapranno raggiungere simili risultati, cosa potranno mai pensare, allora, del green pass?

Mi rivolgo, quindi, ai professori: partendo da questi presupposti, che cosa vogliamo fare? Proviamo a dire qualcosa di nuovo?

prof. Tomaso Bozzalla

  • Ezio |

    “Tra pochi giorni entrerò in classe per insegnare apertura ed equilibrio, bellezza e complessità. E gli studenti che sapranno raggiungere simili risultati, cosa potranno mai pensare, allora, del green pass?”

    Caro professore, gli studenti hanno già compreso in modo molto pragmatico che una pandemia non è equilibrio ne bellezza, ma purtroppo emergenza e complessità, vaccinandosi volontariamente in tantissimi per avere una vita sociale.
    Complessità che sembra sfuggirvi nei meandri delle disquisizioni teoriche, che al contrario le pubbliche istituzioni sono obbligate a gestire per tutta la comunità secondo gerarchie di priorità e con le uniche soluzioni pragmatiche fattibili, pregne di compromessi come ogni complessità è strutturata e caratterizzata.

  • Antonino Rèpaci |

    Senza l’uso di arzigogoli mentali, sintetizza bene enti come discriminazione e responsabilità. Non ricorre ad equilibrismi e paragoni salottieri. E proprio per questo non verrà ascoltato. La pistola è fumante e
    la decadenza in atto.

  • Daniele Locchi |

    L’Università è un luogo dove il sapere costruisce la base del domani. Proprio dalle università sono nati i movimenti più importanti per l’allargamento dei diritti universali a tutti, per la salvaguardia dei diritti di libertà, per il superamento dei sistemi di ingiustizia che vorrebbero padroneggiare il mondo. Non è un caso che adesso proprio da quelle aule studenti e docenti manifestino la loro contrarietà allo strumento antidemocratico illiberale e anticostituzionale chiamato falsamente Green Pass. Non c’è niente di “verde” in quel lugubre lasciapassare che offende il senso logico come quello sociale e culturale. Non è strumento sanitario ma amministrativo. Non protegge ma vieta, senza alcuna base scientifica. Non pone quindi al riparo da alcun virus, produce solo ostacoli alla fruizione della cultura come del sapere come dell’Arte, discriminazioni odiose, ricatti ignobili fatti sulla pelle anche dei minorenni e tra poco perfino dei bambini under 12. Mentre in Gran Bretagna lo si abortisce e in mezza Europa lo si restringe, qui qualche sconsiderato al potere vuole estenderlo ai lavoratori pubblici e privati, illudendo gli ingenui o esaltando i tifosi che “grazie al green pass potremo tornare alla normalità”. Non è vero. Quel lasciapassare non lo può assicurare, i dati parlano chiaro, e il suo uso è solo e soltanto politico. Ben vengano i dissensi, gli autorevoli dubbi, le proteste pacifiche del mondo dell’Università, da sempre il fulcro vitale di ogni afflato di progresso dell’umanità.

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