Se dopo le vacanze il tempo già “rotola in avanti”

paula-guerreiro-w2atfirhdik-unsplash

In questi giorni di ripresa lavorativa voltandomi indietro alla vacanza appena terminata percepisco una distanza temporale, quasi si trattasse di un ricordo di anni lontani. Come interpretare questa difficoltà a distinguere tra passato prossimo e remoto? Anche il tempo ha deciso di tenersi a distanza?

Provando a fermarmi su questo ricordo cosi prematuramente sfocato, sono tornata con la mente al senso di libertà che pervadeva istanti che sembravano interminabili, al lasciarsi dondolare senza scopo. Alla gioia di avere uno scorcio sul mare e un libro tra le mani che potevo leggere ma anche non leggere. Ai giorni che avevo davanti, che sembravano lunghi e che non richiedevano un mio pensiero o una mia azione. Solo piccoli riti sempre uguali: il caffè la mattina, preparare la tavola sotto la bougainvillea, immergere un biscotto nel caffè amaro, la lettura dei giornali, finché un raggio di sole – sempre alla stessa ora – riusciva a farsi largo nel pergolato e a cadermi addosso, costringendomi a spostarmi lungo una terrazza sempre più rovente.

A volte in vacanza si può semplicemente stare, in un tempo extra-ordinario e spensierato, come quello che viene regalato il primo giorno di primavera ai passeggeri del filobus n.75 della favola di Rodari. Un autobus devia dal suo percorso, tra le proteste dei passeggeri che temono un ritardo sul lavoro, e va a fermarsi in un prato: chi raccoglie i ciclamini, chi coglie una margherita, chi mette il proprio biglietto da visita su una fragola acerba. A tutti passa il malumore. E quando l’autobus riparte, le lancette segnano ancora le nove meno dieci: è il 21 marzo e tutto è possibile.

Oggi al tempo manca una struttura stabile. Non è una casa, bensì un flusso incostante: si riduce a una mera sequenza di presente episodico, precipita in avanti. Nulla gli offre un sostegno, e il tempo che precipita in avanti non è abitabile”, scrive il filosofo coreano Byung-Chul Han. Tornati al solito travaglio, il tempo smette di essere una casa e si riaffaccia potente la sensazione di un presente episodico, di un tempo che rotola in avanti.

Quando si rientra in questo stato mentale (mettiamoci pure il COVID, perché c’è sempre, dietro e anche davanti a noi) e riemerge la preoccupazione, tutto il resto sembra allontanarsi, spostandosi dietro le quinte di quel palcoscenico che è la mostra mente. E il passato prossimo scivola dentro quello remoto, privandoci dei suoi effluvi, di quella calma e di quelle sensazioni che vorremmo si fermassero con noi ancora un po’.

Su certe terrazze davanti al mare in cui il tempo pare sospeso, circondati di azzurro e rassicurati da riti minimi e gesti essenziali, si fanno scoperte: si conquista una comprensione più lieve di se stessi e del mondo come realtà impermanenti e instabili. Ci si può attardare, soffermare, si può temporeggiare e indugiare (verbi altrove innominabili) e sentirsi psicologicamente a casa. Si può anche invecchiare. Si possono ritrovare una direzione, la voglia di uscire dalla tana, la concentrazione per leggere, quel sano turbamento che nutre il desiderio di impegnarsi. 

In uno dei passaggi più belli de Il profumo del tempo. L’arte di indugiare sulle cose (Vita e Pensiero, Milano 2017) scrive ancora Byung-Chul Han, “Fino alla fine del XIX era in uso in Cina un orologio a incenso, detto hsiang yin (letteralmente, “sigillo di profumo”). Gli europei, fino alla metà del XX secolo, credevano si trattasse di un comune turibolo” (p. 65). Questo orologio “misura il tempo col bruciare di un profumato sigillo d’incenso: alla fine, resta un’eccedenza speciale, un aroma che riempie lo spazio, che indugia nell’aria in un momento sospeso e denso che apre alla felicità”.

Da settembre tutti a caccia di un orologio a incenso che ci aiuti a sentire il profumo del tempo.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.