Management: idee e consigli di 4 donne ai vertici

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La crisi legata al Covid ci ha dimostrato che (e perché) abbiamo bisogno di maggiore leadership femminile. Se da una parte sta crescendo la partecipazione delle donne al management delle aziende (ma non ancora nelle posizioni ceo), il progresso rimane lento e non sembra affatto potersi risolvere nel medio (ma alle condizioni attuali, nemmeno nel lungo) periodo.

The urgency is still very real”, chiosava a inizio marzo l’ambasciatrice olandese in Italia, Desirée Bonis, aprendo l’incontro “Leading the Way”, evento animato da 4 professioniste che ai vertici ci sono arrivate da tempo: Marguerite Soeteman-Reijnen, Chair Executive Board di Aon Holdings & global CMO Aon Inpoint, Manon van Beek, ceo TenneT, Simona Comandè, General Manager di Philips Italy, e Laura Donnini, ceo HarperCollins Italia.

Oggi, oltre a un vocabolario condiviso per parlare di parità e strategie concrete per realizzarla, disponiamo di una sorta di “manuale d’uso” e role models che possono incidere sull’approccio personale delle donne nel loro cammino verso posizioni di leadership.

A livello macroscopico le linee guida sono chiare da tempo. Su tutte, le quote di genere che, per quanto ancora aspramente dibattute, al momento sembrano restare lo strumento più efficace. Uno strumento, in Olanda realtà solo da pochi mesi mentre in Italia ormai da 10 anni, verso cui oggi come allora si sollevano le stesse obiezioni. Le donne preparate per entrare a far parte dei board non ci sono – si dice. E la risposta, oggi come allora, in Italia come nei Paesi Bassi, è molto diretta: ecco i loro cv! Raccolti dalla Fondazione Bellisario, nel primo caso, da SER Top Wrouwen nel caso olandese.

“Le donne non erano conosciute all’ecosistema”, per cui nemmeno ricercate, nonostante studi, come il report McKinsey tra gli altri, confermino che “quando ci sono donne nei cda, le società performano meglio” commenta Marguerite Soeteman-Reijnen. Quindi reclamare il proprio spazio per avere team più inclusivi, è un passaggio naturale nonché benefico: Be bold, and stand out. Be brave, and step forward. Be brillant, just do it!”, chiosa la Soeteman.

Una leadership inclusiva è la chiave dell’innovazione e della ripresa economica”, le ha fatto eco Manon van Beek. Ma, parafrasava la ceo di TenneT, “piano piano…non ci arriviamo! In questo senso, le quote sono un acceleratore che ha funzionato. Ma la norma non è la normalità e nemmeno basta. Diversity is a matter for the boss. Noi ceo per primi dobbiamo prenderci la responsabilità, non solo guardare il quadro generale, ma anche renderci conto delle piccole ingiustizie. Per avere un grande impatto bisogna partire dalle piccole azioni. E le piccole azioni di chi è a capo, hanno un impatto enorme”.

Alle donne che vogliono percorrere la strada verso posizioni apicali, la Van de Beek suggerisce: “siate le amministratrici di voi stesse; create una strategia e un piano di comunicazione personale; definite gli obiettivi verso cui volete crescere. Poi trovate un vostro advisory board composto da persone di cui vi fidate e che vi conoscono”.

Serve pianificazione, anche una dose di immaginazione e tanta (tanta) preparazione. “Molti dei lavori del futuro prossimoricorda Simona Comandè di Philips, “oggi non esistono nemmeno. Dobbiamo supportare studentesse e studenti nei percorsi STEM”. Sono quelli, lo sappiamo, che contengono i linguaggi abilitanti del futuro per favorire il cambiamento. Offrendo mentorship e role model – sia parte uomini che donne – e insegnando soprattutto alle giovani “a esprimersi. Prendersi dei rischi. Cambiare atteggiamento. Si deve passare dall’aspettare di ricevere il riconoscimento esterno per andare avanti, al credere di meritare quella posizione!

Ecco tornare centrale il discorso sul merito, da sempre l’argomento più usato per contrastare le quote. “All’inizio nemmeno io ero a favore della norma”, ammette Laura Donnini. “Poi mi sono resa conto che la cultura, altrimenti, non avrebbe potuto cambiare. Senza la Golfo-Mosca non saremmo passati dal 6% di donne nei cda del 2008” al 38% di oggi”.

Forse è un estremizzazione, ma in un certo modo la legge per le quote di genere è stata una via nell’applicazione di criteri meritocratici nelle scelte per gli organi di comando. In fondo, ha garantito una maggiore diversità e l’ingresso di quella che a tutti gli effetti era una minoranzaSe servisse ricordarlo, in Italia grazie al questa norma per la parità, l’età media dei membri dei consigli di amministrazione è diminuita. E i profili scelti? Sempre più preparati.

Lo sostenevano già 10 anni fa le due promotrici, Lella Golfo e Alessia Mosca: nella necessità di inserire dei nuovi membri nei loro boards, le aziende hanno puntato da subito ad assicurarsi i (le) migliori.

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