Rugby, non ci sono sport da maschi e sport da femmine

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«Non ci sono sport da maschi e sport da femmine. Siamo tutti uguali e possiamo divertirci con gli stessi mezzi». L’impellenza di comunicare questa semplice ma grande verità ha spinto Elisa Facchini, allenatrice ed ex giocatrice di rugby, a scrivere su Facebook un lungo e sentito post in risposta alle parole del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che, intervenendo sabato 13 marzo all’assemblea elettiva della Federazione italiana rugby (Fir), ha affermato: «…più che mai oggi, avendo due figlie femmine, avrei avuto un figlio maschio e sarei stato felice avesse giocato a rugby».

elisa-facchiniIl post era corredato da una sua fotografia negli spogliatoi dopo una partita (finale scudetto vinta) mentre allattava il suo primo figlio. «Stavo seguendo la diretta dell’assemblea e quella frase mi ha toccato, perché tante volte mi sono sentita dire “cambiate sport, il rugby non è per voi (donne), è brutto vedervi giocare” e ho dovuto rispondere», spiega Facchini ad Alley Oop, svelando che non si aspettava «tanto clamore da quelle parole: sono stata contattata da professori e insegnanti per parlare ai loro studenti di sport». Nel post Facchini ha raccontato la sua esperienza nel mondo del rugby, un mondo «che mi ha sempre accolto e sostenuto e mi ha formato in tante cose e questo voglio trasmettere alle ragazze».

Elisa Facchini ha iniziato a giocare a rugby a 18 anni e in 20 anni di carriera (ha smesso a fine 2016 a 39 anni dopo un infortunio) ha collezionato 13 scudetti con le Red Panthers di Treviso, 3 Coppe Italia e 31 presenze in Nazionale. Nel frattempo, ha preso due lauree (la seconda in scienze motorie per poter meglio allenare), si è sposata e ha avuto due figli. Tanto clamore che la Fir è intervenuta sulla vicenda con un comunicato nel quale esprime fiducia nei confronti di Giovanni Malagò e del suo sostegno allo sport femminile e lo stesso Malagò le ha telefonato: «Non per bacchettarmi, è stata una telefonata piacevole. Ha esordito dicendo che la foto pubblicata è bellissima e mi ha fatto i complimenti per la mia carriera sportiva. Mi ha detto che tiene molto allo sport femminile e mi ha detto quello che ha fatto per sostenerlo anche all’interno del Cio (Comitato olimpico internazionale). Poi mi ha raccontato della sua vita e della sua famiglia, mi ha detto che il rugby è l’unico sport che non ha fatto e che avrebbe voluto fare e che il marito di una delle figlie ha giocato a rugby. Presto avrà una nipotina e gli detto che magari lei potrebbe giocare…».

Elisa Facchini spera che da questa situazione possa nascere qualcosa di positivo: «Malagò mi ha detto che ci tiene a conoscermi e, quando la situazione si sarà normalizzata, spero di andare a Roma a farlo. L’ho preso come un impegno serio e magari potrà venirne fuori qualcosa di buono per il rugby femminile».

girl-catching-a-ball-helped-by-her-team-matesNon se la sente di condannare il presidente del Coni. «Siamo tutti umani e capita di fare una gaffe, però quando ho sentito le sue parole all’assemblea della Fir ho colto che c’è una esigenza, che c’è un problema e bisogna fare qualcosa perché l’idea che alcuni sport non siano per tutti è ancora radicata. Lo sento dire dai genitori quando promuovo il rugby nelle scuole», afferma. «Ci sono mamme che mi dicono che non faranno provare il rugby alle figlie perché “sennò diventa un maschiaccio” e c’è chi pensa che sia uno sport violento perché è di contatto», continua, ricordando le tante frasi sentite da appassionati o “colleghi” uomini ai bordi dei campi su quanto la palla ovale non sia adatta alle donne.

«È uno sport per noi, non è questione di femminismo è solo che possiamo fare tutto anche noi donne, anche divertirci su un campo da rugby, senza togliere niente a nessuno», aggiunge, sottolineando quanto a lei il rugby ha dato: «Nei momenti bui, come quando è morto mio padre, è stata la mia terapia. Mi ha dato le mie migliori amiche e anche il mio primo lavoro importante. Nel mio curriculum tra gli hobby c’era il rugby e il caso ha voluto che l’amministratore delegato della società fosse un ex nazionale francese». Evidentemente una persona che non pensa che gli sport abbiano un sesso.

  • Ezio |

    Penso serva fare un po’ di chiarezza nella comunicazione, per non creare stereotipi anche dove non ci sono.
    Le donne/femmine possono fare qualsiasi attività come gli uomini/maschi, ad eccezione di quelle che madre natura non ha previsto e che per equiparare si dovrebbe violentare fisiologia, psicologia e morale attitudinale (penso alla guerra).
    Cosa diversa è lo svolgimento di attività sportive competitive miste tra maschi e femmine, dove la divergenza e le differenze attitudinali sono incolmabili, come ad esempio nel rugby di cui si parla.

  • Calvani Rosanna |

    Penso che il rugby sia uno sport molto educativo sia per il rispetto delle persone e delle regole ed anche perché, al di là della competitività di tutti gli sport,il terzo tempo permette di mantenere l’amicizia tra chi vince la partita e chi ,pur perdendo ha giocato lealmente. Dovrebbero essere potenziati tutti gli sport ,senza differenze di sesso,per utilizzare in tutti quelle energie che in molti casi vengono disperse o utilizzate in modo distruttivo per se stessi nei riguardi degli altri. Il ricovery round che dovrebbe pensare ai giovani,potrebbe utilizzare alcuni fondi in questa direzione: parità ed opportunità.

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