Non c’è traccia di body positivity nel corso della storia. Si tratta infatti di un fenomeno molto recente, che si batte contro l’atteggiamento di una società che discrimina i corpi ritenuti non “normali” e sostiene la necessità di un approccio più evoluto e inclusivo.
È vero che il corpo, soprattutto femminile, è stato interpretato nel corso delle varie epoche storiche secondo ideali e canoni di bellezza molto diversi tra loro. Dai corpi prosperosi nel Rinascimento a quelli morbidi e sinuosi di inizio ‘900 e negli anni ’50, dai corpi asciutti e androgini degli anni ’20 e ’70 ai corpi slanciati e sportivi degli anni ’80. La nostra invece è una società ossessionata dal corpo magro e tonico (e spesso chirurgicamente modificato). E l’uso dei social non fa che amplificare il messaggio e creare disagio nelle persone rispetto alla loro immagine e al loro corpo.
Una fotografia su quanto diffuso sia il bisogno di dimagrire o di adeguarsi a questi parametri ce la fornisce Instagram. Hashtag come #weightloss, #diet, #fitspiration contano rispettivamente per 71 milioni, 70 milioni e 19 milioni. All’opposto, #bodypositive, #selfmotivation, #fatacceptance hanno numeri nettamente inferiori (6,3 milioni, 1,8 milioni, 166mila).
Per una società più inclusiva, meno giudicante e più incoraggiante, l’impegno di tutti può attivarsi su più livelli. Ad esempio partendo dalla relazione con se stessi. Per liberarsi dalla paura del giudizio, dalla frustrazione di non raggiungere mai il peso ideale e dal condizionamento dei social e dei media, serve lavorare di più sul proprio equilibrio. Come? Ne abbiamo parlato nel nostro Alley Talk su Instagram con la modella curvy e attivista body positive Laura Brioschi.
Ci sono alcune strade maestre:
1) Intraprendere percorsi di benessere, auto-accettazione e autostima;
2) Non farsi condizionare dallo sguardo con cui gli altri ci vedono, non diventarne dipendenti, non aver paura di apparire più autentici e non infallibili;
3) Seguire un’alimentazione consapevole;
4) Mantenere un approccio verso diete e fitness senza estremismi o esasperazioni, ma in modo responsabile e non ossessivo, sapendo che perdere peso non è la strada per la felicità;
5) Eliminare qualche specchio: agendo sui propri social “defollowando” certi profili, si può dare varietà e inclusività alle immagini che scorrono nel proprio feed;
6) Curare la relazione con gli altri. La qualità della vita delle persone (e non solo quelle in sovrappeso) passa anche dal miglioramento delle proprie relazioni sociali, dal sentirsi integrati e non giudicati. E qui possiamo fare molto, ognuno di noi può fare molto ogni giorno per favorire un cambio di atteggiamento;
7) Smettere di usare le espressioni “Come sei magra” o ‘”Ti vedo dimagrita” come un complimento. Non solo perché espressioni di questo tipo rinforzano l’insidioso concetto “dimagrimento = bellezza”. Ma anche perché in molti casi la magrezza eccessiva (desiderata o meno) potrebbe essere il sintomo di un problema: una sofferenza, una patologia, un rapporto malato che una persona ha con il cibo, le diete o con i farmaci;
8) Smettere di dire alle persone grasse che devono dimagrire (e per il loro bene!). Questo semmai è compito dei medici. Anziché dispensare consigli non richiesti su come dimagrire potremmo mostrare loro più attenzione, interesse, ascolto. Mi è capitato anni fa di fare consulenza d’immagine a una cliente decisamente sovrappeso e molto in crisi, a cui veniva continuamente suggerito dai colleghi e dalla famiglia di dimagrire. Dopo averle insegnato una serie di strategie per darsi uno stile e rinfrescare il suo aspetto e il suo modo di vestirsi, partì in lei una diversa motivazione, presumo sulla base di quella serenità, ascolto e attenzione non giudicante che le avevo mostrato durante le sessioni di stile. Tanto che successivamente riuscì ad andare a fare shopping (attività per lei normalmente stressante) e pian piano si ritrovò a perdere un po’ di peso in modo molto naturale;
9) Usare le parole in modo onesto. Meno eufemismi e meno giri di parole per indicare un corpo, qualsiasi esso sia. Se per definirlo ci giriamo intorno significa che stiamo in qualche modo censurando il nostro pensiero, mentre invece bisognerebbe arrivare ad una normalità nell’uso degli aggettivi, e senza connotazioni giudicanti o malevole;
10) Smettere di denigrare, criticare pubblicamente o definire negativamente le persone in base al loro aspetto. È fondamentale poter arginare il fenomeno del body shaming, cui sono particolamente sensibili gli adolescenti, e che può spingere verso anoressia, bulimia o depressione;
11) Usare la potenza dei social per fare la differenza, e contribuire a livello globale con atteggiamenti responsabili ed inclusivi rispetto al corpo delle persone.
Il fenomeno della body positivity deve poter trovare spazio per diffondersi e mettere radici nella cultura. Soprattutto per aiutarci a fare pace con noi stessi e imparare ad accettarci per come siamo con consapevolezza e serenità. Anche perché non sono l’aspetto fisico (o il genere, la razza o la disabilità) a definire una persona e il suo valore.