L’omaggio a Maradona era doveroso. Oppure no?

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Non è la prima volta che sperimento il trattamento riservato alle minoranze, ma forse è la prima volta che mi sorprende tanto. Non avevo capito che Diego Armando Maradona fosse un tale simbolo, finché era in vita. Se ne parlava, come si fa con i personaggi famosi e un po’ controversi, sapevo che la città di Napoli lo venera come un santo – gli ha dedicato anche una statuetta del Presepe – e non mi sorprendeva, conoscendo il cuore grande e appassionato dei Napoletani.

Sapevo qualcosa dei suoi trascorsi, della sua vita sempre in bilico, di figli non riconosciuti ed evasioni fiscali, neanche questo mi sorprendeva né indignava particolarmente, ed entrava nel rumore di fondo che spesso accompagna chi nella vita ha avuto successo in modo sbilanciato, dimostrando molto ma apparentemente senza trovare pace. Opinioni superficiali, le mie: sono molte le cose di cui so poco perché semplicemente non mi interessano.

madaronaPoi Maradona è morto, e la notizia ha occupato le prime dieci pagine dei quotidiani nazionali. E’ un dato di fatto, e a me è sembrato sproporzionato. Mi sono chiesta per chi sia stato fatto altrettanto. Mi pare nessuno, sono pronta a essere smentita. Perché la morte di Maradona ha avuto una tale copertura mediatica? In altre parole, perché un grandissimo sportivo – che è emerso dal nulla, che ha giocato un calcio mai visto prima e che ha fatto sognare generazioni di tifosi – merita di essere trattato come una figura storica del nostro secolo? Più di un Papa che si dimette, di uno scienziato che fotografa un buco nero, di un bambino che muore senza nome nel Mediterraneo?

Credetemi, questa domanda è fatta senza ironia: è una domanda vera. Eppure farla non si può, senza passare per polemici. In questo si vede l’effetto che ha lo “share of voice” (letteralmente la “quota di parola”) della maggioranza, quando esercita una sorta di dittatura invisibile sul pensiero di tutti: la reazione alla morte di Maradona ne è un esempio. Chi muore merita sempre rispetto, così come lo merita chi ne soffre. Sempre, in tutte le storie, in tutte le lingue, in tutti i secoli. Ma il semplice domandarsi se la morte di Maradona meritasse tante prime pagine, a molti, anche ai più colti e di mente aperta, suona come un’offesa, una mancanza di sensibilità.

“Ovunque si trovino, i sentimenti vanno conosciuti, non giudicati”, mi ha scritto un amico. Ovviamente non stavo giudicando. Stavo invece esprimendo il mio diritto a non essere d’accordo. Inclusione vuol dire proprio spazio per la differenza, spazio per l’esistenza e l’espressione delle minoranze, anche quando sono solo minoranze di opinione.

Non mi stai “includendo” se tutto ciò che mi dai è il diritto a stare zitta.

La giocatrice di calcio della squadra Estrella Galicia, Paula Dapena, non ha osservato il minuto di silenzio per la morte di Maradona. Non ha interrotto il silenzio, ma si è seduta di schiena. Dissentiva dalla maggioranza. In poche e pochi hanno avuto il coraggio di farlo, perché in questi casi essere parte della minoranza espone ad attacchi facili (non hai rispetto per la morte, per i sentimenti, per il bisogno di simboli, per chi si è saputo riscattare dalla povertà, ma soprattutto non hai rispetto per il dio calcio, l’unico che sembra meritare tanto tra tutti gli sport così belli che ci sono al mondo).

Nelle logiche della maggioranza purtroppo la dinamica “et-et”, che consente la coesistenza di pensieri opposti, non esiste: è sempre la tua idea contro la mia, e ogni opinione diversa diventa “dissenso” perché la sua diversità la rende contraria a un default implicito, che è l’opinione della maggioranza. E’ così che nasce l’abuso della maggioranza: un’invasione che avviene in modo naturale e che si esprime  proprio con il dominio dello “share of voice”. Chi si è sentito sorpreso, a disagio o semplicemente non rappresentato dalla narrazione di questi giorni, ha provato ciò che le minoranze provano tutti i giorni: la sensazione di vivere in un mondo che non gli assomiglia, e di non avere nemmeno la voce per dirlo.

  • Livia |

    Riflessione preziosa, grazie.
    Diciamola pure chiara. Maradona è morto il giorno dedicato all’eradicazione della violenza maschile sulle donne ottenendo in poche ore più visibilità di ogni iniziativa preparata per quella ricorrenza. Orribile e inaccettabile prendere atto di questo segno palese del grado di distorsione in questa società patriarcale e misogina, ma anche del parziale fallimento di una ormai più che decennale opera di sensibilizzazione non solo della società ma anche dei media sui temi della violenza di genere.

    Quel giorno importante, complici i media, è stato profanato nel modo più irriverente: diventerà il giorno del ricordo di un giocatore del calcio maschile.
    Il giorno in cui i maschi dovevano sentire tutta la responsabilità del loro genere, il genere della violenza, come dice bene Lea Melandri https://comune-info.net/il-genere-della-violenza/ (perché, non dimentichiamolo, gli orrori hanno un sesso), il giorno in cui nessun maschio poteva sottrarsi a una scelta di campo ben più importante che non quella di tifare per una squadra o un’altra, venerare un campione (maschio) o un altro, ossia il giorno in cui nessun maschio poteva sottrarsi dallo scegliere se tacere e rendersi palesemente complice irredimibile del sistema di potere che attraverso il femminicidio gli assicura il suo privilegio, o disertare il patriarcato esibendo concretamente e pubblicamente un minimo di vergogna per quello che hanno fatto e continuano a fare i loro simili, tacendo almeno e tenendo un profilo basso, o seguendo in coda i nostri cortei, il giorno in cui anche i maschi di potere dovevano temere di dire una parola storta contro le donne o il femminismo… ecco, puf…in quel giorno e per chissà per quanti anni in futuro, i maschi verranno distratti dal ricordo di un giocatore di calcio.
    Il 25 novembre che diventa un giorno dedicato a un evento legato al calcio, una delle forme di socializzazione tra maschi, un ben noto bubbone, che da tempo si sta cercando incidere.
    Ci rendiamo conto?
    Quindi, no, gentile Riccarda Zezza, la sua domanda ha una sola risposta: l’omaggio a un giocatore di calcio non era per nulla doverosa in quella giornata.
    Certo, non è colpa del defunto, non poteva scegliere quando morire, ma chi nei media ha deciso di omaggiare un idolo patriarcale nella giornata dedicata alla lotta contro il patriarcato si è presa una responsabilità pesantissima alla quale prima o poi dovrà rispondere, almeno davanti alla propria coscienza.
    Non si doveva dare alcun risalto alcuno spazio alle manifestazioni esagitate perchè l’aver riportato il fatto che questa notizia in poche ore abbia avuto nei media, e cosa ancora più scandalosa tra i maschi, più attenzione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è qualcosa di scandaloso che poteva essere evitato e che mostra con quale ipocrisia, sotto la patina di una finta resipiscenza e collaborazione maschile rimane intatta tutta la mascolinità tossica che credevamo di aver cominciato a eradicare.
    Quindi no, non solo non era doveroso quell’omaggio, ma nemmeno la cronaca delle reazioni a quella notizia. I media dovevano prendere posizione e dedicare quelle 10 pagine alle donne uccise per mano maschile piuttosto, ecco, ad esempio cosa potevano e dovevano fare, se ci fosse stata la consapevolezza diffusa riguardo alla lotta contro la violenza maschile che credevamo di aver seminato e coltivato nelle coscienze.
    Quello che è successo invece è di una gravità tale che deve portarci a riprogettare la comunicazione cominciando dai bambini e ragazzi nelle scuole, certo ma rivedendo anche quanto fatto a livello di formazione dei giornalisti sulla violenza di genere, perchè quello che è successo dimostra purtroppo che quanto fatto fino ad oggi, alla prova dei fatti non è stato efficace a permeare questo settore strategico della società.

  • Rosanna De Angelis |

    La risposta a tutte queste domande l’ha data Kusturica con il suo film su Maradona. Ne consiglio la visione.

  • Dea Leidi |

    Grazie per avere espresso anche la mia opinione. Dea Leidi

  • Massimo |

    approvo in pieno, ciao.

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