Il lavoro a distanza dal punto di vista dei figli

Photo by Leonard Beck on Unsplash

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Il tema del lavoro a distanza [1] può essere trattato da diversi punti di vista. I costi e i benefici di questa modalità lavorativa, contrapposta a quella in presenza, possono infatti essere valutati dal punto di vista delle imprese, dal punto di vista dei lavoratori, dal punto di vista delle famiglie e dal punto di vista della società nel suo insieme. E, da ciascun punto di vista, l’analisi dei pro e dei contro deve prendere in esame una doppia dimensione: quella del tempo (tempi di lavoro e liberi dal lavoro nella giornata e nella vita intera) e quella dello spazio (luoghi di lavoro dentro e fuori casa, e distanza dal posto di lavoro).

Un punto di vista ancora poco studiato, ma di certo non trascurabile, è quello delle differenze nell’uso del tempo dedicato alla cura dei figli a seconda che i genitori lavorino in presenza, a distanza, o siano senza lavoro. Su questo punto specifico i risultati di una ricerca appena pubblicata negli Stati Uniti sono curiosi [2]. I dati, riportati più ampiamente nella ricerca e qui presentati in sintesi nella Tabella 1, sono tratti dalla American Time Use Survey del 2017 e 2018. [3]

Tabella 1 – Tempo dedicato alla cura dei figli (numero di ore per settimana) a seconda che i genitori lavorino in presenza, a distanza, o siano inoccupati.

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La situazione di cui al punto 1) nella tabella rappresenta una famiglia in cui il padre è occupato e lavora in presenza (prima riga) o a distanza (seconda riga), e la madre è casalinga. In questo caso i dati mostrano che il lavoro a distanza del padre non ha alcun effetto sul tempo dedicato alla cura dei figli, poiché non cambia né il numero di ore complessivamente erogate, né la distribuzione del lavoro tra i coniugi (sempre 18 ore in totale, 6 del padre e 12 della madre).

Nella situazione rappresentata al punto 2) invece, è il padre ad essere senza lavoro, mentre la madre è occupata e lavora in presenza o a distanza. In questo caso, se la moglie svolge la sua attività tra le mura domestiche, il marito dedica alla cura dei figli un’ora in più rispetto alla situazione in cui lei lavora fuori casa, e il tempo complessivamente dedicato alla cura dei figli aumenta di un’ora. Viene da pensare che la sola presenza delle mamme in casa, pur impegnate nel lavoro a distanza, possa influenzare positivamente il comportamento dei papà e migliorare l’organizzazione del lavoro di cura dei figli.

Anche la situazione rappresentata al punto 3), in cui entrambi i coniugi lavorano a distanza, è positiva per i figli rispetto alla situazione in cui i genitori lavorano entrambi in presenza; il tempo dedicato alla prole aumenta infatti di due ore grazie all’impegno dei padri, mentre resta invariato quello delle madri.

Nella situazione di cui al punto 4), infine, entrambi i coniugi sono occupati, ma solo uno dei due lavora a distanza; anche questa situazione è migliore, dal punto di vista dei figli, rispetto a quella in cui entrambi i genitori lavorano in presenza, perché aumenta di 3 ore il tempo complessivamente dedicato alla loro cura (un’ora in più della madre e due ore in più del padre).

E’ curioso notare come, in quest’ultima evenienza, non sia rilevante quale dei due genitori lavori a distanza: che sia il padre o che sia la madre non cambiano né il numero delle ore dedicate alla cura dei figli né la divisione del lavoro tra i coniugi (sempre 14 ore in totale, 6 del padre e 8 della madre).

In conclusione, il lavoro a distanza di uno o di entrambi i genitori aumenta marcatamente l’impegno dei padri nella cura dei figli, e questo maggior impegno paterno non va tanto a vantaggio delle madri, che non compensano il tempo aggiunto dai padri riducendo quello da loro stesse dedicato alla cura della prole, ma si traduce in un vantaggio per i figli stessi, che ricevono cure maggiori.

Prof, il lavoro a distanza è un passo verso la parità di genere?

E’ un passo verso il futuro.


[1] Si intende qui ogni tipo di lavoro a distanza: lavoro a domicilio, telelavoro, lavoro da remoto, lavoro agile, smart working, e qualsiasi altra attività lavorativa non svolta in presenza.

[2] Grazie a Sylvia Liuti per la segnalazione.

[3] La ricerca classifica le famiglie in quattro gruppi (single, single con prole, in coppia, in coppia con prole), ma pubblica solo i dati relativi al gruppo che rappresenta la situazione più frequente (coniugi in coppia con prole); negli USA infatti il 70% dei figli minori vive con entrambi i genitori.