Come deve essere fatto un corpo per essere bello?

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La questione non è se Armine Harutyunyan sia bella oppure brutta. La questione non è nemmeno stabilire se e come sono cambiati i canoni di bellezza nei secoli. La questione è molto più profonda, e deve rispondere a delle domande molto più simili a queste: quando guardiamo un essere umano, la bellezza è davvero una questione di forma e canoni estetici? Ed è un parametro con cui giudicare quella persona e definirla?

Quando si incontra una storia come quella di Francesca, queste domande esplodono con una forza incontenibile e non si può fare a meno di rimettere in discussione tutta la nostra idea di bellezza. Magari anche sentendoci un po’ sciocchi. Francesca ha 33 anni. Nel 2016 le è stato diagnosticato un cancro al seno, che l’ha condotta fino a una mastectomia. Del percorso lungo e faticoso che ha affrontato, fino alla guarigione e alla convivenza con la paura delle recidive e dei controlli, Francesca ha sempre parlato con molta consapevolezza e libertà. Ma non aveva mai mostrato il proprio corpo nè aveva raccontato i dettagli più fisici del cambiamento. Fino a oggi.

Da tempo mi sto preparando a mostrarmi, a manifestarmi. Ho sempre saputo, dai primi tempi della diagnosi, che prima o poi avrei raccontato anche l’aspetto più materiale di quello che ho e non ho più addosso”, racconta ad Alley Oop. È stato l’incontro con Sara Melotti, fotografa ideatrice del progetto Quest for Beauty, che l’ha portata a decidere di aprire anche questo aspetto della propria vita. Ne è nato un percorso che tra fotografia e narrazione contiene tutta la storia di questa giovane donna, il confrontarsi con un corpo che si è trasformato, la scelta difficile e sincera di non ricostruire il seno dopo la mastectomia. “Ancora oggi” continua a raccontarci, “mi capita durante le ecografie di controllo che il tecnico di turno mi guardi con compassione, nel migliore dei casi. A volte non riesce a star zitto e mi chiede perché non ricostruisco il seno, l’altro è così bello. Ma io so che devo andare bene a me con il mio corpo, non devo corrispondere all’immagine che hanno gli altri di come deve essere fatto un corpo”.

ab3a7467-2Appunto: come deve essere fatto un corpo? Davvero vogliamo continuare a sostenere che la bellezza abbia una forma? Che sia un modello con cui combaciare? “Io mi sono sempre sentita in una condizione di bellezza”, racconta ancora Francesca. “A 12 anni facevo un corso di portamento ed ero iscritta a un’agenzia di modelle. Ma già allora ho cominciato a pensare che non ne capivo il senso, mi sentivo a disagio. Crescendo, attraverso il mio percorso di consapevolezza e soprattutto durante la malattia, ho iniziato a vedere chiaramente le credenze che erano dentro di me ma non mi appartenevano. Oggi so che per me la bellezza è equilibrio. Ho imparato a guardare le persone e soprattutto le donne con dolcezza”. Ed è lo stesso sguardo che posa su di lei Sara Melotti, delicato e rispettoso, allenato da cinque anni di ricerca in giro per il mondo per rispondere alla domanda: cos’è la bellezza?

Il progetto Quest for Beauty di Melotti nasce da un momento di crisi nei confronti del suo lavoro nel mondo della moda, dovuto a un’insofferenza verso la modificazione dei corpi e la superficialità dello sguardo. Melotti racconta: “Sono ormai cinque anni che ci lavoro e con questo progetto ho capito che la bellezza non ha niente a che fare con l’aspetto fisico. Quando chiedo a una donna cos’è la bellezza, le risposte hanno sempre a che fare con emozioni e stati d’animo. Chiedo loro se si sentono belle e rispondono poco convinte. Poi, dopo che hanno spiegato cos’è la bellezza, cominciano a sentirsi belle”. Il blocco, il giudizio, è evidente che è all’esterno.

ab3a7509Francesca lo ha individuato nella sua esperienza, ed è l’unico momento in cui si infervora nel corso della nostra conversazione: “Vivo dei momenti di frustrazione, certo. Da cosa dipende il non sentirsi bella? Mi sono sentita frustrata quando dovevo indossare dei vestiti e non mi sentivo a mio agio. I reggiseni che posso acquistare li trovo solo in ortopedia e non sono pensati per delle donne giovani, forse perchè si pensa che una donna giovane sarà sempre portata a ricostruire il seno dopo una mastectomia. Ecco, a 29 anni non riuscire a trovare un reggiseno che non abbia una bretella spessa 4 cm non ti fa sentire a tuo agio. Ti fa sentire arrabbiata. La frustrazione non era per il mio corpo, ma per il disagio di non trovare vestiti che potessi indossare. Potrà sembrare superficiale, ma mi sentivo non ascoltata come donna. Non avevo anche come consumatrice lo stesso valore economico di un’altra? Dovevo mettermi una protesi per essere accontentata? Io non la volevo. Quando ero calva, durante la chemioterapia, ho avuto delle crisi, così come quando ho dovuto dare via i vestiti che non potevo più indossare. D’accordo, mi sono detta, quelli erano i vestiti della vecchia Francesca. Ma perché, mi chiedo, le grandi marche non hanno interesse a vestire un corpo come il mio?

Una domanda con cui si confrontano spesso i corpi non conformi, i corpi che si muovono ai margini di un mercato che nel non riconoscerli emette un palese giudizio, sospeso tra estetica e dignità. Se l’idea comune di bellezza va completamente rivista, è preziosissimo un gesto come quello di Francesca, che rimescola le carte in tavola e ci mostra chiaramente che il corpo non può essere la sede di un giudizio.

Un corpo è soltanto un corpo. Non deve piacere. Non deve compiacere. Un corpo non è bello perché perfetto, e non è nemmeno “bello anche se imperfetto”. Questa condiscendenza non fa altro che dare forza e legittimità a un modello che vede la bellezza solo quando vi si conforma. Un corpo non è bello perché magro, in forma, in salute. La salute non può e non deve definire la bellezza. Perché la definizione di bellezza contiene un giudizio. E nessuno ha il diritto di esprimere un giudizio su un corpo che già porta su di sé il peso di una mancanza di salute.

Diventa sempre più chiaro, scavando a fondo in ciò che definiamo bello, quanto sia sbagliata l’idea che abbiamo di bellezza e quanto in tutti i modi in cui proviamo a esprimerla essa contenga una forma di giudizio, più o meno velato, sulle persone e sulla loro legittimità a mostrarsi.

Quello che si vede di me in queste immagini eèsolo 1% di ciò che sono davvero” dice Francesca.