Letture estive, sguardi d’amore in forma di racconto

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C’è la malinconia, la tenerezza, l’incanto e lo stupore, il dolore di ciò che accade e non è posseduto, come in uno sguardo d’amore. Quello delle donne protagoniste dei racconti di Nadia Terranova raccolti in “Come una storia d’amore” (Giulio Perrone), di età diversa, accomunate dal vivere nella periferia di Roma, che non è la loro città d’origine, ma in cui sono approdate, senza mai più staccarsene. Dieci donne, ma forse la stessa donna osserva le altre o si narra in una dichiarazione di appartenenza a Roma, alla sua luce e ai suoi quartieri di periferia. Spaesate, in posizioni scomode, tutte dentro a una trasformazione che significa “trovarsi in un punto preciso in cui puoi essere fotografata” dice Nadia Terranova “ma perdi subito l’immagine che stai dando”.
Per l’autrice messinese, il racconto è ideale per rivelare le trasformazioni. “I racconti non sono fotografie, non sono istantanee, sono momenti delicati in cui c’è un prima e un dopo nel giro di poche righe, poche pagine”.

Dopo aver assistito, tra poca gente, al funerale di una trans colombiana uccisa alla Stazione Termini, della cui morte nessuno si è curato, Nadia Terranova torna a casa con la certezza di poter fare qualcosa, scrivere. Nel primo racconto, “Via della Devozione”, parte dall’assassinio di Andrea Olivero, intrecciando il personaggio di Teresa, che pilucca frutta al mercato dopo essere stata colpita da un ictus, e quello di Saba, cantante straniera, depressa, accomunate dalla difficoltà di parlare. L’anziana Teresa e il marito Raffaele decideranno di pagare il funerale del transessuale.

La rabbia della scrittrice (e giornalista) è quella della Roma delle periferie, meno visibile, interessata a cogliere la marginalità della popolazione, comprendente la piccola borghesia, proletariato, sottoproletariato, immigrati, indigeni, tutti insieme. La scommessa dell’identità strepita coi “Corvi al Pigneto“, titolo del secondo racconto, ambientato nel quartiere dove una coppia, fermandosi a mangiare in una trattoria, osservando le persone di passaggio e stanziali, vorrebbe andare a vivere. In “Due sorelle” visitare Porta Maggiore per due ragazze che prendono il tram e si allontanano da casa, è una fuga dalla quotidianità di assistere ai litigi dei genitori. Restano sole schiena contro schiena nella gramigna di una pensilina, anche se il tram riparte.

In “Il primo giorno di scuola” si intrecciano le tematiche dell’assenza, del ritorno, care alla Terranova, narrate anche in “Addio fantasmi”, romanzo finalista al Premio Strega 2019. Un racconto autobiografico, in cui la voce narrante si iscrive a una scuola di lingua ebraica per imparare un alfabeto nuovo, per colmare le mancanze e pronunciare la parola felicità. In “La lavanderia sbagliata” la protagonista esprime l’oscillazione tra due negozi, quello della tintora bengalese e sorridente, e quello della proprietaria italiana meno popolare, portando con sé riflessioni sulla vita.
“L’ora di libertà” è quella che si concede una donna rubando il tempo di infilarsi nel bar più brutto per mettere in scena un brindisi solitario prima di un capodanno, per un’ora soltanto sua.

E poi c’è Paola, protagonista della storia di odio “La felicità sconosciuta”. Dopo alcuni traumi come la perdita del figlio, il marito, il lavoro, passa le giornate a esplorare segretamente il profilo facebook di “La Sconosciuta”, che ha quello che non ha lei. Nadia Terranova racconta gli incubi di tutti noi nello spiare qualcuno attraverso quel buco della serratura che sono i social network. Il tema del doppio si riflette in una donna ossessionata dalla felicità degli altri, e quando si è infelici fa un rumore insopportabile. “Esiste poi davvero il dolore degli altri o registriamo la sua esistenza solo quando per semplice casualità sfiora e amplifica il nostro?”.

Lo stato emotivo comune a molte delle donne protagoniste è Freezing”, il congelamento delle emozioni che avviene a Veronica, parrucchiera dell’omonimo racconto, nell’immobilizzarsi mentre fa l’orata. “Il congelamento è il movimento più anti-narrativo del cuore, ti costringe a guardare dentro quel personaggio e vedere il momento impercettibile che avviene durante il freezing. Ho preso la fissità come una sfida, proprio perché non è narrativa” spiega la scrittrice.
E se “Roma in uscita” descrive il posto vuoto lasciato dopo la separazione da un marito (Penso che prima o poi questa città me la toglierò di dosso con un coltello sanguinante), l’autrice dedica il racconto faticoso “Lettera a R” a una città di sentimenti estremi, descritta e fotografata in tanti film, dove ogni nome di un quartiere è evocativo, nel tentativo di dichiarare la sua appartenenza, “l’unica è raccontarsela come una storia d’amore, perché nessuno pensa che pure quella parola, amore si esaurirà ”.

Lo sguardo d’amore della Terranova è doloroso, un desiderio di fuga, una fatica nel restare. Quello delle donne, della loro intimità divorante, che l’autrice riesce a donarci con le sue parole avvolgenti, per medicare le ferite che ci portiamo dentro, farci sentire meno soli.

E’ uno sguardo d’amore, la sfida di raccontare le trasformazioni di personaggi osservati da vicino, ma in piena pandemia Covid-19, anche quello di “È andato più o meno tutto bene” (Editoriale Programma), libro scritto da tre giovani autrici, Marilena Ferrara con il contributo di Maddalena Ramolini e Matilde De Luca, che restituiscono vissuti e sensazioni della quarantena. Ogni racconto, diciannove in tutto, è uno spaccato di vita, un piccolo affresco di una specie di condominio su carta, dove ci sono gli abitanti, i vicini di casa, le persone di cui abbiamo sentito parlare al telegiornale, i solitari contenti e quelli insofferenti, gli anziani e i bambini.

In quelle settimane di isolamento l’autrice ha cercato la comunicazione. Ha chiamato le persone che le volevano bene, ha letto articoli di giornale, ha raccolto post e status dai social per vedere se anche altri esseri umani si sentissero come lei. Alcune delle parole giunte ai suoi occhi si sono trasformate in storie. Ogni storia si apre con un’illustrazione, come una finestra attraverso la quale ognuno ha la possibilità di osservare i protagonisti. Ogni racconto contiene paure, manie, sorrisi, pensieri o preoccupazioni, senza morale e senza conclusione, ed è tratto da un fatto realmente accaduto.

Si inizia con “Musicare” la quarantena, quando il tempo non passava mai e lo accelerava la musica, per ascoltare poi la vocina della “Mamma!” chiamata solo da quando le scuole erano state chiuse, impegnata a cucinare e seguire i figli nel disegno del cartello con l’arcobaleno e la scritta “andrà tutto bene”. Il racconto “La tartaruga è dedicato al signor Luigi bloccato in poltrona, nel suo guscio impaurito sotto tortura a sentire il telegiornale. La bellezza di stare finalmente tutti insieme come famiglia, di svegliarsi con mamma e papa nel lettone è in “(anni)”. C’è anche la “Supernonna” costretta a sentire la voce dei nipotini che prima accudiva in presenza solo dal telefono, la giornata tipo di un’infermiera, “martire” in corsa tra le corsie dell’ospedale “in coma” come un vegetale, una volta ritornata a casa.

Non manca la storia di una donna in preda a un marito violento, da cui si allontana un pomeriggio con la scusa di andare in farmacia, dove incontra una sua ex compagna di classe al liceo, e con cui progetta la fuga, come “Thelma e Louise”. Si riconosce anche “la portinaia” che assiste all’arrivo dei medici in ambulanza per soccorrere una condomina anziana, si entra “nel tunnel” della solitudine di un single. Il racconto “pagina nuova” celebra l’inizio di una nuova vita tra genitori separati, ma c’è anche “l’inferno” della didattica a distanza, l’incubo della spesa e del lavaggio delle mani in quarantena in “Vietnam market”, fino a “l’anima” dove la protagonista Alma, in un “altro” risveglio pandemico esce all’aria aperta con la mascherina per ascoltare il suono del vento, di un’ umanità isolata, impaurita e attonita, per chiedersi se il virus ci avrebbe insegnato a “guardare alle cose vere, importanti, essenziali”. 

Per la giovane autrice trevigiana Marilena Ferrara, scrivere racconti diventa il motivo per mettersi nei panni degli altri e comprendersi, scrollarsi di dosso brutti giudizi, sentirsi parte della stessa barca a forma di stivale. “Ho scritto questo libro per due motivi: in primo luogo perché credo scarseggi una capacità necessaria negli ultimi tempi, ovvero l’empatiadice la scrittrice “E per la celebrazione della nostra normalità, perché dopotutto è proprio quella a tenerci ancora accesi in questo momento in cui la mancanza di contatti veri tende a spegnerci e la privazione delle nostre care abitudini ci trasporta in una realtà che mai avremmo pensato possibile”. 

Al lettore si lascia l’interpretazione delle storie di un’ordinaria quarantena, traccia di una mappa esistenziale vissuta negli occhi di diversi personaggi, che sono quelli delle scrittrici, nella forma del racconto e del suo rivelarsi come in uno sguardo d’amore “pandemico”.


Autrice: Nadia Terranova
Titolo: Come una storia d’amore
Giulio Perrone Editore
Prezzo di copertina euro 15.00

Autrici: Marilena Ferrara, Maddalena Ramolini, Matilde De Luca
Titolo: È andato più o meno tutto bene
Editoriale Programma
Prezzo di copertina euro 6,90