Covid-19, cosa manca di più ai giovani in questa quarantena?

 

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Tra scuola, lavoro, viaggi e serate al pub, cosa sta mancando di più ai giovani? L’emergenza Covid-19 ha imposto al Paese un periodo di quarantena che sta modificando le nostre abitudini con impatti diversi a seconda delle generazioni di appartenenza.

Cimiciurri, creative media agency specializzata sulle nuove generazioni, grazie al Next Gen Lab, ha condotto un’indagine sui giovani di età compresa tra i 13 e i 35 anni, utilizzando i social e le community per intercettarli, adottando un linguaggio e contenuti consoni al loro stile e tono di voce.

Quello che emerge dalla ricerca è che il senso di responsabilità dei ragazzi è probabilmente più elevato rispetto a quello ci saremmo aspettati. La maggior parte di loro, il 68% dei ragazzi, si sta attenendo alle direttive e giudica in maniera positiva le misure restrittive adottate dal nostro Paese.

Rispetto alla sostanziale modifica dei comportamenti, la prima cosa in assoluto che manca ai giovani (59%) sono i viaggi, le vacanze e i weekend fuori porta. Sebbene le nuove generazioni siano già abituate a vivere una “vita digitale e connessa“, gli spazi e i momenti fisici con gli amici sono una dimensione essenziale e quella che manca di più. Al secondo posto sentono la mancanza della chiusura dei pub e ritrovi (41%) e  il 38% dei ragazzi sente la mancanza della scuola.

Sicuramente la prima settimana di quarantena è stata vissuta in maniera leggera e spensierata, successivamente il possibile spostamento degli esami e il probabile non ritorno sui banchi di scuola ha quantomeno destato un po’ di nostalgia. Un beneficio che i ragazzi riconoscono in questo periodo è che finalmente la scuola si sta digitalizzando. In un altro articolo su Alley Oop avevamo raccontato che il 90% dei nostri ragazzi non raccomanda la scuola italiana per lo scarso livello tecnologico del metodo e di insegnanti. Il periodo che stiamo vivendo è fondamentale per apprendere i metodi della formazione a distanza, la cosiddetta smart schooling, con l’obiettivo di non dimenticarli quando torneremo sui banchi di scuola.

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Un approccio positivo si riscontra anche tra i giovani che stanno lavorando come emerge da un’indagine condotta da Codemotion, la piattaforma che da sempre supporta gli sviluppatori mettendo in relazione tra loro professionisti IT, community tech e aziende, a oltre 2.000 tra developer d’azienda (85%) e liberi professionisti (15%), provenienti da oltre 30 Paesi.

“Dalla ricerca che abbiamo condotto è emerso quanto l’emergenza che stiamo vivendo oggi modificherà il mondo dello sviluppo software domani, a partire da due aspetti collaterali del remote working: il cambiamento nella forma mentis di alcune aziende tradizionaliste e una risposta positiva alla eventualità di una contrazione della Industry e della richiesta di sviluppatori”, dice Mara Marzocchi, Co-founder di Codemotion. “Con ciò intendo dire che anche le aziende più conservative si accorgeranno che la produttività  e la qualità del lavoro dei team IT da remoto non defletterà, anzi, sarà in aumento. Il secondo punto riguarda la nuova distribuzione della forza lavoro nel mondo. Gli sviluppatori, infatti, grazie al remote working non dovranno più obbligatoriamente trasferirsi presso i grandi poli tech, come Londra, Berlino, Amsterdam e San Francisco. Potranno quindi avere maggiori possibilità di accesso a determinate offerte di lavoro e competere a livello internazionale a posizioni aperte ovunque nel mondo. Grazie a una burocrazia meno vincolante, potranno non rinunciare ad affetti e legami costruiti nel loro Paese di provenienza”.   

I giovani in Italia stanno soffrendo sopratutto la negazione della dimensione sociale tuttavia apprezzano l’accelerazione tecnologica che scuola e lavoro stanno vivendo in questo periodo di quarantena auspicando che anche in futuro quello che di buono stiamo imparando adesso non venga dimenticato.