Crollano denunce e chiamate ai centri antiviolenza: col Covid 19 più rischi per le donne

chuttersnap-cgxdjyp6-nu-unsplashdi Flavia Landolfi e Livia Zancaner

Chiamano quando sono sotto la doccia, quando lui va a fare la spesa, quando la situazione è ormai critica. Hanno paura di essere scoperte durante la richiesta d’aiuto. “A causa della permanenza in casa, nell’emergenza Covid si registra un aumento della violenza domestica”, avverte l’Organizzazione mondiale della sanità. Per le donne e i minori vittime di maltrattamenti e abusi la quarantena diventa quindi una trappola, considerando che nel nostro Paese oltre l’80% dei femminicidi e violenze avviene all’interno della famiglia. Solo pochi giorni fa, il 31 marzo, una studentessa della facolta’ di Medicina di Messina, Lorena Quaranta, è stata strangolata dal compagno e convivente.

Nella prima settimana di lockdown sono arrivate meno della metà delle chiamate
Secondo i dati del Telefono Rosa, nella prima settimana di misure restrittive messe in campo dal governo, dall’8 al 15 marzo, le telefonate al servizio antiviolenza del Dipartimento Pari Opportunità (numero 1522) sono diminuite del 55%. In Veneto e Lombardia sono scese da una media di 10 al giorno a 3, riferiscono i centri. Differenza Donna, associazione con sede a Roma, parla di un calo dell’85% delle prime chiamate di nuove donne dall’1 al 22 marzo. Anche le denunce sono praticamente dimezzate, confermano dalla procura di Milano mentre a Roma la flessione è intorno al 20%. Contestualmente, nelle prime tre settimane di marzo, i maltrattamenti in famiglia hanno segnato -44%, a fronte di una flessione del 64% dei reati sul territorio. “Un dato che preoccupa”, ammette la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese.

In aumento le situazioni di emergenza
Negli ultimi giorni sembra arrivare qualche segnale di cambiamento. “Stiamo vivendo un piccolissimo trend di risalita, caratterizzato però da un livello di pericolosità molto alto”, ci spiega la presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli. D’accordo Antonella Veltri, presidente DIRE – Donne in rete contro la violenza: “Negli ultimi giorni registriamo una ripresa dei contatti e richieste ai centri della nostra rete, grazie anche alla massiccia campagna di sensibilizzazione”. In alcuni centri sono esplose le chiamate per cercare posti aggiuntivi per le donne nelle case rifugio, interventi complicati a causa dell’emergenza sanitaria Covid 19, che prevede un sistema di controlli e tutele.  Per questo “bisogna intervenire in maniera sinergica con le forze dell’ordine e chiedere l’attuazione delle misure cautelari per allontanare il maltrattante”, sottolinea Ercoli, in linea alla circolare di fine marzo del capo della Polizia di stato, Franco Gabrielli, che ha chiesto interventi rapidi. “Non c’è tempo, quando le donne chiamano la situazione è critica, bisogna dare massima sicurezza alle donne che devono restare nella loro abitazioni con i bambini”, continua la presidente dell’associazione romana.

Resta il nodo dei fondi per i centri, dopo lo sblocco di 30 milioni
Resta il problema dei fondi: i 30 milioni sbloccati il 2 aprile dal Dipartimento Pari opportunità sono risorse ordinarie già destinate nel 2019 al Piano nazionale antiviolenza, non il fondo straordinario chiesto dai centri per l’emergenza Covid 19, spiega la rete DIRE. Senza contare che “è riduttivo affermare che ci mancano le mascherine, che non hanno sanificato i nostri spazi di accoglienza e che non siamo presenti in alcun decreto”, sottolinea la presidente Veltri: “Abbiamo chiesto al governo fondi straordinari ma non basta, le criticità che ci accompagnano oggi sono le stesse di ogni giorno, l’attenzione deve essere focalizzata su questo tema 365 giorni all’anno”.

Oltre al 1522, attiva anche l’helpline di WeWorld
A muoversi in soccorso delle donne in difficoltà c’è anche WeWorld che in queste settimane ha attivato, grazie anche al supporto di Fondazione Snam, una nuova helpline contattabile al numero 800.13.17.24 o via email (ascoltodonna@weworld.it). “Si tratta di un servizio che si aggiunge al numero nazionale – spiega il presidente Marco Chiesara –. In caso di maltrattamenti e situazioni di pericolo invitiamo le donne a chiamare il 1522, che resta la centrale operativa principale per le denunce”. La helpline di WeWorld è attiva da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18 e il sabato mattina fino alle 13. “Il supporto è destinato a tutte le donne in difficoltà – prosegue Chiesara – e si avvale degli interventi di psicoterapeuti e psicologi dell’età evolutiva”. Non solo violenza, insomma. “Non esistono solo situazioni estreme – spiega Chiesara – ci sono al contrario moltissime zone grigie dove esiste un malessere che va accolto e al quale bisogna dare risposte”. “Chi subisce quotidianamente maltrattamenti – aggiunge Chiesara – sta subendo in questi giorni un drastico peggioramento delle proprie condizioni”. L’organizzazione, che gestisce tre spazi donna nelle periferie di Milano (Giambellino), Roma (San Basilio) e Napoli (Scampia), ne sa qualcosa. “Per chi lavora con lo scopo di contrastare l’isolamento sociale che colpisce molte donne dei territori cosiddetti a rischio – aggiunge il presidente di WeWorld –  il covid 19 risulta essere un nemico pericoloso e subdolo”. Nell’emergenza pandemia anche gli spazi Donna oggi sono chiusi, ma continuano a lavorare a distanza. L’organizzazione ha lanciato la campagna #restiamouniti per raccogliere fondi a favore degli ospedali nelle zone più colpite dall’emergenza sanitaria: le risorse andranno alle strutture sanitarie di Lombardia, Emilia, Friuli, Liguria.