di Chiara Serangeli
Gli impegni in agenda son tutti crocettati con il pennarello rosso. Per me come per tutti quelli che fanno gli attori a teatro. Il Coronavirus ha messo la nostra arte in quarantena.
Ero agli inizi di una tournèe quando si è iniziato a parlare del primo caso di Covid-19 in Italia. Ma nessuno, lì per lì, si è reso conto di cosa questo avrebbe significato per l’intero Paese.
Stavamo portando in giro per l’Italia lo spettacolo “Rigoletto. I Misteri del teatro”, regia di Manuel Renga, prodotto da As.li.Co. (Associazione Lirica Concertistica Italiana) in coproduzione con Bregenzer Festspiele. Lo spettacolo rientra nel progetto Opera Domani: è un progetto artistico-didattico molto bello e molto complesso, che vede coinvolti attori, cantanti lirici, un’orchestra composta da circa venti elementi, il reparto tecnico ma, soprattutto, i più piccoli.
Bambini e ragazzi tra i 6 e i 14 anni , infatti, si recano in Teatro e prendono parte alla recita cantando alcune pagine dell’Opera Verdiana dalla platea, eseguendo brevi coreografie con movimenti in Lis, la lingua dei segni italiana, e suonando gli strumenti – bastoni della pioggia – che hanno costruito con le loro mani. Dopo settimane di preparazione a scuola, posso garantire che la partecipazione in teatro è esplosiva.
Ma tanto grande è stato l’entusiasmo durante le prime repliche, tanto forte il dispiacere dei ragazzi nell’apprendere che lo spettacolo Rigoletto sarebbe stato sospeso o annullato a causa del Covid-19. Ci sono arrivati messaggi di bambini addirittura in lacrime tale era l’attesa dell’evento.
Purtroppo, dopo poche settimane di repliche, la tournèe è stata giustamente sospesa in osservanza dei Decreti e non sappiamo quando riprenderà, essendo strettamente collegata anche alla riapertura delle scuole. Ne conseguenze una sospensione del contratto, in attesa della riprogrammazione delle date, non appena sarà possibile.
Un altro bellissimo progetto appena iniziato, a cui tengo particolarmente, ha subito il medesimo stop improvviso. Si tratta della nuova produzione del Teatro Filodrammatici di Milano, diretto da Tommaso Amadio e Bruno Fornasari. Lo stesso teatro in cui mi sono diplomata nel 2013 e al quale devo molto in termini di formazione ed esperienze lavorative.
Proprio nella settimana che ha preceduto l’emergenza e l’emanazione del primo Decreto, sono iniziate le prove del nuovo spettacolo scritto e diretto da Bruno Fornasari, geniale penna ispirata, per questo testo, da fatti realmente accaduti nei primi anni ‘90. Ancora una volta le produzioni del Filodrammatici si interrogano su temi legati alla contemporaneità e alle contraddizioni del nostro tempo, con inconfondibile sarcasmo e chirurgica lucidità, tra risate amare e dialoghi dal ritmo serrato a colpi di fioretto, sempre in un’ottica di teatro che punta ad accogliere tutti, senza distinzione di pubblico, in una prospettiva democratica nel senso più profondo del termine. Anche queste prove, però, sono state giustamente rimandate in seguito al decreto e verranno ricalendarizzate in futuro.
Fra un impegno a teatro e l’altro, spesso prendo parte a Cene con Delitto, eventi dal vivo che prevedono l’intrecciarsi della cena al ristorante con il dipanarsi di un caso di omicidio inscenato da attori: i commensali diventano dei veri e propri Sherlock Holmes in cerca di indizi. Trattandosi di attività svolte all’interno di un ristorante, che prevedendo una certa vicinanza con i clienti, sono state anche queste immediatamente annullate.
Ora che fare?
Gli impegni in agenda son tutti crocettati con il pennarello rosso, dicevo all’inizio. E’ tempo di trovare alternative, anche restando a casa.
Personalmente mi sto prendendo un tempo, in questa sospensione, per riflettere. Non necessariamente attraverso una bulimia di materiali online, ma anche attraverso il silenzio e la scrittura. Per un’attrice, se teatro e pubblico non sono nello stesso spazio-tempo a scambiarsi qualcosa, un’alchimia e un respiro comuni che online non possono esistere, non si può parlare di teatro. Con questo non voglio assolutamente criticare la divulgazione di contenuti online. Anzi, tanti colleghi stanno cercando di reinventarsi utilizzando la propria creatività sui mezzi al momento disponibili: i social, i canali podcast, la messa online di numerosi spettacoli, clip video, ecc. Ognuno interpreta a modo proprio questo particolarissimo momento storico.
Questa creazione di contenuti nata dalla necessità di stare chiusi nelle proprie abitazioni restando comunque vicini, è di grande ispirazione. Si tratta di condivisione di idee, pensieri e stati d’animo. Perchè di condivisione abbiamo bisogno, soprattutto in momenti come questo. E di teatro avremo molto bisogno non appena la crisi sarà superata, speriamo presto.
Per quanto riguarda invece le tutele previste per gli attori come me costretti a interrompere la propria attività, che non può certo rientrare tra gli smart-working, nel Decreto Cura Italia è stata inserita anche la categoria dei lavoratori dello spettacolo. Per fortuna, devo dire, visto che troppo spesso siamo una categoria sottovalutata.
La vita di un attore, come quella di tutti in realtà, è fatta di mille incastri, tra prove, repliche, shooting, letture, speakeraggi. Si cerca di fare tutto il possibile perché la nostra è una categoria poco tutelata. Le paghe giornaliere previste dal Contratto Nazionale dello Spettacolo sono molto basse e non sempre rispettate, quindi non lavorare diventa problematico.
In questo periodo le preoccupazioni sono tante, ma in primis, per quanto mi riguarda, c’è la salute. Quando stai bene puoi permetterti di correre e incastrare gli impegni; se stai male, no.
Ma in questo periodo così nero, sta nascendo un movimento più coeso di attori e professionisti dello spettacolo in genere che, attraverso tavoli di discussione sui social, cerca di rendere più attiva e compatta la nostra categoria. In questo gruppo, all’interno del quale sono stati inseriti anche rappresentanti del Sindacato, ci scambiamo consigli e informazioni utili per capire in che modo muoverci. Ci diamo una mano. Perchè il lavoro del teatro è duro, in realtà: costellato di tanti sacrifici invisibili, nonostante dall’esterno possa sembrare solo un divertimento.
In tal senso, ho apprezzato molto l’intervento del senatore Roberto Rampi del 4 marzo 2020 in merito alle misure per affrontare la crisi, che in Aula ha dichiarato: “Una di queste misure riguarda, in particolare, il mondo della cultura, i lavoratori dello spettacolo, i luoghi dell’aggregazione. Noi, a questi lavoratori/trici, abbiamo dovuto, da un giorno all’altro, chiudere il posto di lavoro. Ecco, quei lavoratori e quelle lavoratrici sono innanzitutto lavoratori e lavoratrici come tutti gli altri, lo devo dire perché a volte sembra che non sia così, sembra che siano persone che si divertono a fare il proprio lavoro e che quindi, se glielo chiudiamo da un giorno all’altro, non succede niente. Ma sono anche lavoratori/trici che svolgono una funzione che è fondamentale per la Repubblica, ed è fondamentale in particolari momenti come questi. Perché quegli strumenti culturali sono quelli che ci servono per rimanere comunità, per essere ancora più comunità, per affrontare le paure, le debolezze, le fragilità. Allora a quei lavoratori/trici, noi oggi dobbiamo dire che la Repubblica non li abbandonerà. E proprio la cultura sarà uno strumento fondamentale per rilanciare l’Italia, una volta superato il contagio del Coronavirus. (…) Per produrre, sconfitto il contagio negativo di queste ore, quel contagio positivo che la cultura e che l’arte ci distribuiscono”.
E tutti noi ci auguriamo che questo contagio arrivi molto presto!