Giorni di clausura forzata, giorni di Skype e di telefonate infinite, giorni in cui chi come me lavora nei servizi rivolti alle risorse umane si trova a effettuare chiamate infinite con manager che appaiono “bipolari” alternando momenti euforici a preoccupazione sociale. Il riscoprire la famiglia, il fascino del lavoro a distanza, i nuovi stili di leadership richiesti dal lavoro in remoto, la ripresa economica sono tra i temi più discussi.
Assieme a questo, c’è un’ulteriore sensazione: “ho perso la cognizione del tempo!“. Non si sa più che giorno della settimana sia e le ore non sono più scandite come nella nostra quotidianità. Sono poi cambiate le modalità di relazionarsi sul lavoro. Per chi gestisce collaboratori e per chi si interfaccia con fornitori e clienti, le giornate vengono riempite da meeting, one to one o di gruppo, che sono diventati molto più lunghi di prima. Si vive una connessione continua con chi non è più in prossimità.
Le aziende, dal canto loro, cercano di promuovere attività di gruppo tese a non lasciar sole le persone, a tenere alta la motivazione, a sostenere le relazioni interpersonali e a mantenere alto il senso di appartenenza e di Team. Per questo le “nuove riunioni a distanza” partono spesso con giri di tavola per far raccontare ai vari partecipanti; gli “smart worker ai tempi del COVID -19” si inventano caffè virtuali con i colleghi che favoriscano il ritorno figurato alla macchinetta aziendale e ad una quotidianità ormai perduta.
Il “come stai” a inizio telefonata non è più solo una formalità come una volta. I manager da smart working, ora, quando telefonano ai propri collaboratori, devono aspettarsi dopo la domanda di rito non un semplice “bene”, ma risposte molto più articolate. La distanza e la situazione di emergenza fanno sì che le persone abbiano voglia di essere ascoltate e colgano in quel “come stai?” il gancio per poter esprimere timori, emozioni, paure, debolezze.
Non che questo in ufficio non succedesse, ma in questo frangente si amplificano reazioni, sentimenti e anche modalità espressive. In ufficio le giornata sono costellate di incontri, passaggi lavorativi, pause che invece nelle giornate, che stiamo vivendo sono svanite. Quindi, soprattutto per chi si trova a casa da solo, quell’unica telefonata può rappresentare la chiave per dare un senso alla giornata.
Ma quanto i manager sono realmente abituati ad ascoltare? Quanto l’obiettivo della chiamata (una indicazione o informazione meramente lavorativa) preme nel cervello di chi chiama distogliendolo dall’ascolto?
La distanza fisica che stiamo vivendo e la tecnologia che ci permette di accorciarla generalmente mettono a nudo il possesso o meno di alcune soft skill. Perché non abbiamo più un contesto che possa nascondere eventuali mancanze: non basta, infatti, fare una chiamata virtuale per diventare un ascoltatore empatico. Se il tuo orientamento all’interlocutore è molto più basso del tuo orientamento al risultato, tenderai ad impazzire dopo due minuti che ascolti lo stato d’animo dei chi ti parla! Avevi telefonato solo con un obiettivo e ora ti trovi a “dover perdere tempo” per questioni personali altrui, che molto probabilmente non t’importano.
Non che i manager non siano consapevoli di questa criticità, tanto che molti di loro si confrontano su come riuscire a dedicare tempo alla relazione con i propri collaboratori senza però perdere di vista l’obiettivo. Ma come imparare?
Questa domanda ci pone davanti ad una riflessione: la tecnologia che utilizziamo non fa esplodere skill diverse da quelle che di solito esprimiamo. Piuttosto amplifica la forza o la debolezza di quelle che abbiamo, evidenziando, in questo caso, la capacità di ascolto e di entrare in empatia in chi la possiede, e facendo emergere le difficoltà reali in chi non la ha.
Di sicuro, il periodo offre una grande opportunità di allenamento. Riflettere sulle difficoltà comportamentali avute nella gestione dei “propri uomini e delle proprie donne”, nell’ascoltarli o nel comunicare è sicuramente il primo passo che può portare ad un miglioramento da ottenere attraverso le prossime “videocall”.