Salvare. Salvare non in senso post-apocalittico o da supereroina Marvel, ma neanche nel senso sentimentale del termine come: le donne sono più sensibili; le donne mettono al mondo i figli voi non potete capire; quello che sopportano le donne voi non potete neanche immaginarlo; etc..
No, non commenterò queste frasi fatte, anche perché è tutto vero, come è vero che la nostra “sofferenza” fisica, dal ciclo al parto, dall’iper sensibilità all’estrema empatia, viene compensata dal più alto piacere, perché l’orgasmo che noi proviamo i maschi se lo sognano! Tiè.
Dopo questa introduzione metto le mani avanti e dico che no, non parlerò di femminismo, quote rosa o gonne troppo corte, ma si, parlerò di donne, e posso farlo perché rappresento la categoria femminile e questo semplicemente perché io femmina ci sono nata.
Io e tutte noi. Possiamo farlo. Dobbiamo.
Partiamo dalla televisione. Il 4 febbraio a Sanremo, Rula Jebreal ha fatto il suo toccante monologo davanti a milioni di telespettatori e io sono lì, sul mio divano, ascolto, assorbo, assimilo e creo.
E’ tempo di parlare di quel +1 citato nel sottotitolo.
Ma qual è il problema? Dalla bomba esplosa con Weinstein, alle proteste di gruppi femministi come il MeToo si è creato un enorme polverone che ha reso la vista di tutti un po’ offuscata, cioè, si è perso l’OBIETTIVO. Cosa vogliamo? Diritti paritari? Paghe equiparate? Non essere giudicate dall’abbigliamento? Abituarsi ad utilizzare un linguaggio corretto quando ci si riferisce ad una donna?
A volte non so neanche io cosa voglio, ma di sicuro posso chiedermelo e posso capirlo e poi pretendere di averlo. Prima di capire bene quali fossero i miei obiettivi ho passato anni di adolescenza, di domande, di conoscenza di me e degli altri, di letture, di esperienze disastrose, di scelte sbagliate, e poi di crescita, domande domande domande, a volte senza risposta per molto tempo, e poi momenti in cui arriva improvvisamente la soluzione.
Il mio +1 è il +1 di ognuna di noi, cosa ognuna di noi è e può fare nel proprio percorso di vita, il nostro valore aggiunto che già rappresentiamo solo esistendo. Bisogna mostrarlo e io ho capito come farlo: tramite la mia passione più grande.
Piacere, sono Maria Chiara, sono un’attrice e vorrei raccontarvi di come le donne (nel mondo dello spettacolo) possono salvare il mondo, o almeno, ci stanno provando.
Come si racconta una donna? Come si racconta una donna senza renderla frivola o superficiale?
Bisogna accettare il fatto che maschi e femmine sono diversi, è la natura, si parte dalle diversità fisiche, ci sono. Questo non significa che uno ha qualcosa in più o in meno dell’altro. Siamo circondati da cose diverse!
Ebbene farò un nome: Phoebe Waller-Bridge. Se non sapete chi sia andate a cercare su internet e se non avete visto Fleabag buttate tutti i vostri impegni e vedetelo.
Phoebe ha ideato, scritto, diretto e interpretato, a mio parere, il Manifesto della Donna. L’esempio di come si dovrebbe raccontare una donna, il suo pensiero, le sue difficoltà, le frustrazioni, il non riuscire, ed è tutto in commedia.
Non solo la protagonista, ma la sorella, la matrigna, l’amica, e intorno tutti gli uomini, rappresentati senza giudizio, anche loro strambi e difettati. Fleabag dice che le donne non sono perfette, che sì sono delicate, ma possono diventare forti, che a volte sono marce, che sbagliano, ma che possono tutto!
Potrei citarvi tanti e tanti film e serie Tv e spettacoli teatrali, ma è bene che ognuno cerchi di scoprire da solo, di scovare in questo mondo finto che è lo spettacolo, quanta verità c’è.
Selezionare quella parte marcia e debellarla, raccogliere quella costruttiva che ci lasci lì, sul divano, a pensare, assorbire, assimilare e creare. Ora mostrate il vostro +1!