L’infanzia in Libano nei trittici di Chiara Dynys al Museo Correr di Venezia

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Una bambina si copre il volto. Un’altra ha la guancia accostata al cofano di una vecchia Mercedes grigia, mentre una terza stringe in una mano un sacchetto di plastica con un pesciolino rosso. I bambini giocano a calcio oppure sono davanti al biliardino, sistemano vecchie biciclette che rivendono o usano per andare a correre con gli amici, chi verso una discarica, oppure viaggiano in due sulla sella del motorino. Tutti sulla strada. Ci sono tanti pupazzi usati, giocattoli per il mercatino, giostre antiche.

Ogni storia è narrata da fotografie incastonate in un ciclo di 27 trittici in legno e foglia d’oro. Ogni composizione contiene come in un sacrario le immagini catturate tra le strade dei campi profughi di Sabra e Shatila dove, tra giocattoli e sorrisi, Chiara Dynys riesce a riscoprire i segni e la meraviglia di un’infanzia vissuta in una disarmante normalità.

Quando ho visitato i campi, quello che mi ha colpito vedendo i bambini sono i loro giochi riciclati, la capacità di essere felici sulla strada, i colori e la gioia di vivere. Una vitalità che in mezzo alle difficoltà mi aveva emozionata terribilmente. Attraverso gli sguardi e i volti di un’infanzia delicata e pura, ho cercato il senso dell’esistenza”.

dynys_correr_sabra_3Con queste parole Chiara Dynys definisce il tema delle sue opere nella mostra “Sabra Beauty Everywhere” curata da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, ed esposta nella Sala delle Quattro Porte del Museo Correr di Venezia (fino al 12 gennaio 2020). Incastonate all’interno di scrigni preziosi ispirati ai trittici delle chiese, ai tempietti buddisti e alle cornici che contengono le parole del Corano, le fotografie a colori diventano testimonianze religiose.

Il progetto è nato nel 2010, quando l’artista produceva i suoi lavori nei laboratori d’arte a Damasco. “Qui costruivo piccoli tabernacoli” racconta Dynys “tempietti con foglia d’oro che inscrivono le immagini. Un lavoro di ricerca. Poi mi sono spostata a Beirut, e non è stato facile entrare nei campi profughi. Avevo dei permessi e degli accompagnatori”.

dynys_correr_sabra_4Repressione e vitalità sono due energie che Chiara Dynys ha indagato ai suoi inizi. “Prima che fossero chiusi dalle guerre” spiega l’artista ad Alley Oop “avevo viaggiato in 14 Paesi, quasi tutti in Medio Oriente, girando dei film”. Poi è arrivato il lavoro sull’infanzia. “L’infanzia con questo eterno presente come se non avesse futuro, ma vitale, felice, pieno di ottimismo. Il mio progetto non riguarda la povertà, ma la gioia nonostante il contesto difficile”.

dynys_correr_sabra_1Camminando nella Sala delle Quattro Porte del Museo Correr, le immagini sulle pareti di Chiara Dynys appaiono come microstorie, quelle che ha scoperto andando avanti e indietro con la macchina fotografica nei campi di Sabra e Shatila per scattare foto ai bambini e ai loro giocattoli. Le immagini entrano in sintonia con la dimensione sacra dello spazio, segnato dalla presenza del rilievo cinquecentesco “Madonna col Bambino”, realizzato da Jacopo Sansovino. Al centro della sala, una grande installazione con una teca di cristallo, attraversata dalla scritta in oro “Non c’è nulla al di fuori”, tratta dal pensiero di Sant’Agostino, diviene paradigma tra il dentro e il fuori, in un confronto diretto con l’integrità interiore che caratterizza l’infanzia al centro delle opere.

dynys_correr_sabra_2Mi è piaciuta questa idea che hanno i bambini di inventarsi la vita senza avere nulla” dice ancora Chiara Dynys “Io amo il cinema e l’immagine in movimento, narrare. Nel mio lavoro c’è una parte fotografica, nata da bambina innamorata di un’idea di “second life”. Quando entri in una storia proiettata è come se entrassi in una seconda vita“.

“Sabra Beauty Everywhere” è un messaggio esplicito sull’infanzia, che nonostante le difficoltà non perde di energia e vitalità, ma anche sull’opera pittorica in sé. “I trittici sono delle scene di vita di tutti i tempi e religioni” conclude Dynys “Fanno pensare alla storia dell’arte, al Manierismo di Lorenzo Lotto e Pontormo. Sono bambini che si rappresentano con grandi archetipi di bellezza. Sembrano dei piccoli quadri di ispirazione, santi e immagini sacre, icone eroiche”.