Le donne devono fare silenzio. Il taccuino di Nicoletta Polla Mattiot

polla

Singolare femminile” è il titolo dell’ultimo lavoro di Nicoletta Polla Mattiot e fa parte di Accademia del silenzio.

Avvicinarsi senza avere un’idea precisa di cosa aspettarsi dal volume, ultimo arrivato della preziosa collana che la giornalista dirige dal 2010 insieme al filosofo Duccio Demetrio, potrebbe lasciare come spiazzati. E, infatti, quello che si aggiunge ai più recenti I sensi del silenzio (2012) e Silenzi d’amore (2015) è un taccuino. A prima vista è un testo di dimensioni ridottissime che si rivela però in grado di ricucire un certosino lavoro di ricerca e di indagine, cui Nicoletta Polla Mattiot si dedica ininterrottamente dal 1988. Il sottotitolo, in questo come in molti altri lavori, è rivelatore del senso di tutta l’opera: “Perché le donne devono fare silenzio”. Il tema è centrale e, si può ben aggiungere, attualissimo.

La suggestione che il volumetto suggerisce è quella del telaio, strumento sul quale le mani delle donne si sono mosse per secoli. E così accade ciò che non ti aspetti: trovi condensato in poco meno di settanta pagine lo spazio del più antico e penetrante luogo comune, arrivato fino a noi attraverso secoli e miti. “L’incompiutezza nutre le parole di questo libro dove il non-detto sostiene i pochi cenni del detto”; è dunque l’autrice a raccontare il silenzio che qui acquista forma e si disvela, come l’attributo femminile per eccellenza.

Voci di scrittrici aprono i capitoli, preparano la scena al viaggio che si inabissa fin nelle profondità del tacere femminile “scelto e imposto, cercato e subito”. Ne viene fuori un’indagine antica sul destino comune che è sì universale, ma che è anche esperienza femminile singolare.

Il ritmo è ben cadenzato, sebbene non vi sia un disegno preciso, non si intraveda una trama intesa come sequenza di eventi. Volutamente c’è invece l’incedere deciso – pagina dopo pagina – di personaggi femminili, tratti fuori per un momento dalle loro storie di vita.

La prima fra tutte è la ninfa ridotta al mutismo da Giove. Il suo peccato: non aver frenato la lingua. La violenza sessuale agita da Mercurio su Tacita Muta ne segnerà poi la condanna definitiva. Il parto dello stupro saranno due figli gemelli: i numi del focolare domestico, cui la poveretta resterà confinata in eterno. Il racconto del mito tornerà a metà del volumetto, in un Intermezzo che viaggia su terreni battuti e incrocia per un momento perfino la penna di Amos Oz. Tacita Muta lascia, a noi tutte, il segreto del suo mistero: “una lezione che parla senza bisogno di una lingua: Bisogna vivere delle cose di cui si potrebbe morire”.

Passando per Jung, il taccuino ci riporta all’attesa di Penelope – “mito fondativo della differenza di genere” – in un ritratto che richiama alla mente la rilettura che per il teatro ne fece Licia A. Callari in “Lungo il filo di Arianna. Voci del mito al femminile”.

E infine ci consegna Maria. In lei si incarnano meglio che altrove “nomi di migliaia di madri, figlie, spose, esistenze anonime ridotte al silenzio. Che qui tornano a parlare”.

Nicoletta Polla continua a srotolare quel filo che dall’antichità arriva fino ai giorni nostri. A un certo punto decide di prendere in prestito le parole di Carol Gilligan. E lo fa per lanciare un allarme:“Abbiamo incominciato ad accorgerci non solo del silenzio delle donne, ma anche della difficoltà di udirle quand’esse parlano”.

La denuncia è attualissima. Ieri come oggi, infatti, quelle di noi che riescono a squarciare il velo di silenzio devono spesso oltrepassare un muro di gomma, un ostacolo molle contro cui quelle parole ogni volta si schiantano, fino a tornare irrimediabilmente indietro o rimanervi invischiate.

È qui che il piccolo libro rivela la portata eterna delle riflessioni che sollecita. E la giornalista torna ad abitare lo spazio che sino a quelle pagine era stato della scrittrice; mentre inciampa nella violenza contro le donne ripesca la favola di Agota Kristof. E prova a tracciare una linea. Così viene fuori, come in trasparenza, un’ipotesi di nesso tra gli abusi – tra gli 87 mila femminicidi che dati del 2017 riferiscono a un solo anno – e il silenzio delle donne.

Dalle profondità della tragedia, risale a galla una consapevolezza che è speranza e insieme spinta di rivoluzione: “La mia vita, se volete, ma non la voce. No! La voce, no”.
Nelle conclusioni, la scrittrice, insomma ce lo dice chiaro e forte: “C’è un’altra versione dei fatti. Ci sono confini inattraversabili, libertà insopprimibili, nonostante il corpo sia ormai una cosa”. 

Potrebbe bastare, e tuttavia non basta. “Occorre avere gli strumenti per dirsi – aggiunge – e dirsi altrimenti: dare alla ribellione la volontà dell’immaginazione”.


Titolo: Singolare femminile. Perché le donne devono fare silenzio
Autore: Nicoletta Polla – Mattiot
Editore: Mimesis
Collana: Accademia del silenzio
Prezzo: 6 euro